Un certo ritorno al passato, i sovranismi, il ritiro provinciale nei confini e nel “mio particulare” sono arabe fenici che non cessano di risorgere. Una marea populista si sta alzando in tutto l’Occidente, secondo lei sono momenti anti-storici, una sferzata all’indietro, quindi destinate a finire presto o no?

E’ difficile definire un movimento ideologico e politico così ampio come anti-storico, direi invece che fa proprio parte della storia europea degli ultimi 10-15 anni, con l’allargamento della UE ai paesi dell’Europa dell’Est, che non hanno vissuto la stessa storia e speranze dei paesi dell’Europa Occidentale, e della contemporanea crisi economica e finanziaria che ha impoverito il ceto medio-basso e i giovani. No, non credo che durerà poco, ma il cosiddetto sovranismo, cioè la versione nazionalista del XXI secolo, non è in grado di dare risposte strutturali a problemi globali, che richiedono quindi risposte sovranazionali. L’Unione europea era nata anche per questo, ma bisogna ammettere che nel corso del tempo ha perso il suo smalto. Le chiese protestanti europee, tra cui quelle metodiste valdesi in Italia, e la chiesa cattolica di papa Francesco, invece, hanno conservato una forte vocazione europea, solidale, responsabile, in cui l’unione deve fare la forza, senza dimenticare però l’equità e la giustizia e la misericordia. In questo senso oggi appaiono forze di opposizione a quelle sovraniste. Ma questa non è una scelta ideologica ma è semplicemente la risposta alla loro specifica vocazione cristiana, che non va solo dichiarata ma soprattutto praticata.

Tecnologia, scienza, informazione, tutto ciò sembra dirigere il nostro pianeta, verso quella che Popper chiamò società aperta, una società di scambio universale, una società fluida. Ossia il contrario del sovranismo identitario. E’ un opzione credibile?

Anche questa è una realtà della storia attuale, è l’altra faccia della medaglia, contro la quale reagisce il sovranismo, che ripropone la società chiusa da confini chiari, non solo in senso geografico, ma anche culturale e religioso. Tutto l’Occidente è disorientato di fronte a questa realtà fluida e complessa. Perché l’Occidente è disorientato? Perché avverte la perdita di antichi privilegi e sicurezze. Anche le chiese della grande tradizione occidentale (protestanti, anglicane e cattoliche) sono disorientate e colpite dai processi che ne derivano, come il multiculturalismo e la secolarizzazione. Nessuna di esse ha trovato una risposta efficace ma credo che tutte siano convinte che la loro responsabilità missionaria non sia venuta meno, anzi.

Quale forza progettuale hanno oggi le chiese, come possono far arrivare i loro intenti, soprattutto quando i media semplificano i messaggi. Come si dice, semplificando, si tradisce sempre la realtà.

Le grandi chiese occidentali oggi sono consapevoli di rappresentare un luogo di mediazione dei conflitti, di riconciliazione tra i popoli, di responsabilità sociale tra Nord e Sud del mondo e nei confronti delle generazioni future. Proprio per questo sono inattuali sia per i globalisti sia per i sovranisti. Ma il problema delle chiese non è quello di essere attuali ma di essere fedeli.

Il piano etico del nostro paese sembra pericolosamente inclinarsi, a cosa attribuisce questa situazione?

L’Italia è sempre stato un paese dalla cultura etica generale piuttosto labile: basta attraversare i nostri confini europei per trovare società dove non c’è l’indulgenza nostrana per chi mente, non paga le tasse, salta la fila e via dicendo. Parlo in generale, parlo di un ethos pubblico, perché buoni e cattivi, onesti e disonesti ce ne sono dappertutto. Ma in Italia c’è più opportunismo, anche politico, e indulgenza interessata, familismo più che senso dello Stato…. tutti vizi che conosciamo e condanniamo più a parole che nei fatti. Ma oggi c’è una novità che effettivamente ci preoccupa, e cioè che non ci si vergogna più di comportamenti cattivi e di parole cattive, anzi c’è un orgoglio crescente nel mostrarle, come se fossero espressione di una ritrovata franchezza e anticonformismo. Ma non è così, è solo cattiveria e irresponsabilità, nel senso etimologico della parola. Bisogna contrastare questo piano inclinato, cercando il più possibile il dialogo, il ragionamento, non temendo di mostrarsi buoni, come ci ha ricordato il presidente Mattarella nel suo discorso di fine anno 2018.

 Il rapporto tra tecnologia e scienza è storia antica e consolidata, tuttavia i progressi dell’intelligenza artificiale, della possibilità di robot con una coscienza indotta, come vengono affrontati dalla teologia? E se le macchine, per giocare con la fantascienza, nutrissero in futuro un bisogno di fede?

La teologia cristiana si pone da tempo molti interrogativi sugli sviluppi tecnologici che coinvolgono molti aspetti della vita umana, compreso quello del potenziamento del corpo umano e della robotica. Anzi c’è ormai una specializzazione su questi temi del campo etico e una crescente letteratura. Non è un giocare con la fantascienza ma una frontiera che va accuratamente presidiata, anche dalla teologia, per evitare quei piani inclinati che si sa dove iniziano ma non dove finiscono.

Edmondo Bertaina

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