Social Unidentity è qualcosa di più di un titolo. È il filo rosso che unisce le opere di Sabrina Ravanelli esposte l’8 febbraio scorso nel suggestivo e prestigioso contesto della Fabbrica del Vapore a Milano. L’Incontro ha già ospitato il 1 novembre 2023 un articolo di Martina De Tiberis che annunciava la Mostra. Le mostre vanno viste. E vanno viste di persona. E possibilmente prima si guardano con i propri occhi. Poi se ne parla con l’Artista. E poi si riguardano. Identità ed energia. Identità che viene meno, evapora.

Energia che si manifesta con nitida potenza: la potenza del primo Re dell’energia, il vapore. Ecco il percorso che ha illustrato Sabrina Ravanelli, cui nitidezza ed energia non mancano di certo. The Material Queen con i suoi materiali trasformati, colorati e adattati richiama, suggerisce e in fondo interroga: cercare la chiave del rebus. Quale enigma cela il volto di ciascuno di noi? Dietro ogni volto–maschera, intendo. Eh, sì! Perché la partita si gioca tra l’identità e la maschera. Sagome e contorni di volti noti, stranoti, arcinoti svaniscono nell’enigma colto dall’Artista e rimandato al visitatore come un frisbee. Chi sono loro? Chi è ognuno di noi? Siamo uno, nessuno, centomila? Siamo fantasiose identità del mondo digitale?

Ma attenzione: la suggestione innescata da Sabrina Ravanelli non va nella direzione della “notte in cui tutte le vacche sono nere”. È un piede di porco per voler capire che cosa sta dietro a ciascuna porta chiusa. Non è un suggerimento di carattere normativo, no. E non si ferma neppure a una prospettazione di carattere descrittivo. È un’unghia che gratta per vedere che cosa c’è sotto. È un grido che rompe un silenzio di carta vetrata. La ricerca di un fischio di luce nel buio. Eccolo il quadro che mi è sembrato più forte e provocatorio! Lo guardo, lo riguardo, mi allontano. Lo guardo ancora. Ah, ecco! È un’orgia. L’indistinto. È un modo originale di declinare l’“uno per tutti e tutti per uno”? Chissà: perdita d’identità o, invece, tensione erotica universale, universalistica, comunitaria, apice ed approdo dell’amore libero? Esaltazione di ciascun’individualità o sbiadimento nella fungibilità?

Seguire la mostra in senso orario porta a concluderla con due opere astratte. In particolare una catalizza la mia attenzione: essenziale, lineare. È un nastro dorato che confeziona un pacco argentato? Sono due stradine infangate che s’incrociano in campi innevati? Sono i tanti modi di dire “neve” o le tante sfumature di quel che diciamo dorato? Sono due raggi di luce che irrompono nel grigiore diffuso? Forse, penso, sono lo sguardo originale e creativo del Maestro Ravanelli che, acuta, denuncia e irride un universo di mediocrità, apparenze e sussiego.

Claudio Zucchellini

Claudio Zucchellini

Avvocato, Consigliere della Camera Civile di Monza, attivo in iniziative formative per Avvocati, Università, Scuole e Società Civile.

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