L’approfondito articolo dedicato al consuntivo dell’economia del 2022 e alle prospettive per il 2023, pubblicato nella sezione “Primo Piano” dal nostro collaboratore Euro, spinge a ulteriori riflessioni. Anche se L’Incontro non è un giornale di macroeconomia, un piccolo survey sull’argomento, a fine anno, aiuta a capire cosa aspettarci riguardo alla sostenibilità sociale ed economica, argomenti centrali della nostra testata. L’ottimismo scaturito dai dati sorprendentemente positivi relativi alla crescita record del Pil, va visto con favore. Contribuisce a dare un’energia positiva che fa bene al Paese.

Che poi, se considerassimo il calo del Pil italiano nel 2020 e l’inflazione reale del 2022, il dato non sarebbe così eclatante e soprattutto non saremmo al primo posto nella Ue per crescita reale, è probabilmente vero. Ma, come dicono a Milano “guarda no tusscoss”. Non stiamo a guardare tutto e godiamoci questo raro momento di euforia.

La stagflazione incombe su di noi

A preoccupare sono le previsioni per il 2023. Come scrive Euro, il fantasma della stagflazione, scomparso in Europa da 50 anni, potrebbe tornare a materializzarsi. Si tratta di una delle peggiori situazioni per l’economia, in cui la stagnazione (cioè una crescita vicina allo zero), si accompagna a una forte inflazione.

Quest’ultima non è generata da cause endogene, ad esempio dall’aumento dei consumi. Il che avrebbe anche un lato buono, perché vorrebbe dire che l’economia è vivace, con effetti positivi sul Pil. No, questa volta la causa è esogena. Come la stagflazione degli anni Settanta venne innescata dalla cosiddetta crisi petrolifera (causata, almeno formalmente, soprattutto dalle tensioni tra Israele e i Paesi arabi), quella del 2023 deriva dalla crescita delle materie prime, accompagnata da una forte speculazione.

Rialzare i tassi? Una stretta inutile e deleteria

Di fronte a questo sono annichilito dalle dichiarazioni di Christine Lagarde, che ha preannunciato ulteriori rialzi dei tassi d’interesse. Alzare il costo del danaro ha senso quando l’inflazione è conseguenza dell’aumento dei consumi, perché può convenire raffreddare un po’ l’economia. Quando è dovuta a variabili esterne, la stretta creditizia diventa inutile e deleteria. Non fa certo diminuire i costi dell’energia e delle materie prime. In compenso rende più cari i finanziamenti per privati e imprese, rivelandosi uno strumento recessivo.

Lo strano caso della Banca centrale europea

D’altronde la Bce è la Banca delle banche, è soggetta solo alle logiche (e agli interessi) della finanza e di fatto non risponde alla Politica che, almeno in linea di principio, dovrebbe avere a cuore il bene degli elettori. La Banca centrale europea si muove in assoluta indipendenza dal processo democratico. Anche in questo caso, come altre volte, dimostrerebbe di non comprendere i bisogni dei cittadini e di muoversi in una sorta di universo parallelo. Se con un’inflazione galoppante (come viene definita quella a due cifre) si fa salire il costo del denaro, si mettono in crisi le aziende e si fanno impoverire le famiglie. Con il risultato di muoversi nella direzione opposta rispetto a quella che porta alla sostenibilità economica e sociale.

di Milo Goj

Milo Goj

Milo Goj, attuale direttore responsabile de L’Incontro, ha diretto nella sua carriera altri giornali prestigiosi, come Espansione, Harvard Business Review (versione italiana), Sport Economy, Il Valore,...

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