Intervista a Elena Loewenthal, eletta con Più Europa, che entra nel Consiglio regionale del Piemonte dopo le dimissioni del presidente uscente Sergio Chiamparino.

L’incarico che si appresta a intraprendere all’interno del Consiglio Regionale quale valenza ha e come risponde, direttamente o indirettamente, al voto dei cittadini?

Per me significa per un verso affrontare un’esperienza nuova, armata del mio bagaglio umano e professionale. Ma nello stesso tempo si innesta in una continuità d’impegno: dal 2015 al 2017 sono stata Addetto Culturale presso l’Ambasciata Italiana in Israele. Da “intellettuale” o meglio artigiana della parola scritta, come giornalista, autrice e traduttrice, quella esperienza ha significato mettermi sul campo. In un certo senso, fare politica nel senso di lavorare per il bene comune del mio Paese, l’Italia. In questo senso l’impegno politico più propriamente detto si innesta in una continuità di esperienza. Un’esperienza appassionante ed entusiasmante.

“Questi sono i miei valori, se non vi vanno bene ne ho degli altri”, scriveva con arguzia Groucho Marx. Pensa che sia il mood della situazione attuale o l’elettorato riconosce e premia una coerenza di fondo?

I miei sono valori di metodo: credo nella moderazione, credo nell’uso delle parole giuste al posto giusto, credo nel confronto. Credo anche nella necessità di prendere decisioni e assumersi la responsabilità delle proprie decisione. Questo è quello che porterò in Consiglio regionale, perché sono fatta così. La mia non è antipolitica, al contrario: ho profonda ammirazione per la politica.

Possiamo dire che il suo profilo professionale, scrittrice di successo, Premio Grinzane Cavour, docente universitaria e traduttrice, riporta, inaspettatamente, una intellettuale dentro l’agone politico? 

Sì. Ma non vedo questi due fronti come contrapposti, bensì integrati, almeno per la mia esperienza. Non sono mai stata un’intellettuale compiaciuta del proprio isolamento. Adoro stare alla scrivania, adoro scrivere, ho un rapporto quasi fisico con il mio computer. Ma non sono fuori dal mondo. Sia per il mio vissuto di madre – ho tre figli adulti – sia, più recentemente, come dicevo, nel contesto di un impegno come quello all’Ambasciata.

E come possiamo tradurre, rimanendo fedeli al testo imperfetto e mobile della politica, le dinamiche delle decisioni e delle azioni della sua compagine alla lettura e comprensione da parte dei cittadini?

Domanda difficile… come ho detto in campagna elettorale, ho e avrò bisogno di ascoltare: non è esercizio retorico, il mio. E’ una necessità, per me. Entrare nel vivo delle dinamiche politiche regionali, capirle, ascoltare le istanze degli elettori, capire che cosa c’è da fare sarà essenziale per me.

Nel suo libro “La vita è una prova d’orchestra”, rende conto della dimensione separata di due mondi, ospedali e malati da una parte ed il quotidiano indaffarato fuori, come fosse sganciato.

Potrebbe ricordare la sensazione, abbastanza diffusa, delle persone nei confronti della società e di chi la dirige. Una distanza che risente, forse, di una partecipazione più attiva; è così?

Forse sì. Certo il mondo della malattia è un’altra cosa. E forse solo chi ci è precipitato in un modo o nell’altro è in grado di capire. Venendo all’altro contesto, forse è così, forse ci vorrebbe davvero una partecipazione più ampia. Ma, prevedibilmente, considero il principio della democrazia diretta in stile piattaforma internet un grave passo indietro, sul piano civile e politico. La rappresentanza è meccanismo essenziale e imprescindibile, per una democrazia veramente evoluta.

A quali temi, in questi anni a venire in Regione, dedicherà tutte le sue migliori energie, sia per fermarli, sia per portarli a compimento.

A tutto quello che sarà necessario affrontare. Posso promettere tutto il mio impegno e la mia passione. E ovviamente la cultura è e resterà il mio habitat naturale.

Edmondo Bertaina

 

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