«Per capirla, un’auto va accarezzata. Va lavata. Quando c’è qualcosa che non mi torna di un modello, chiudo gli occhi e lo tocco, lo sento…»
(Walter de Silva)

C’è un’ Italia di grandi designer di auto, c’è un’Italia che ci invidiano tutti, c’è una scuola di eccellenza dello stile che continua nel tempo. Un’ Italia di designer (e carrozzieri), noti e meno noti, che hanno fatto la storia dell’ automobilismo. Talenti innati con la matita in mano. Personalità che hanno costruito di fatto il Made in Italy e non solo. Che appartengono al perimetro più ampio dell’ interior design, dal Salone del mobile a quello dell’ automobile. A questa stirpe italica di talenti: Pininfarina, Bertone, Zagato, Giugiaro per citarne alcuni, appartiene «ca va sans dire» Walter de Silva. È un Renzo Piano delle automobili, per me, e infatti scopri che hanno lavorato insieme mille anni fa. Basta guardare l’elenco delle auto che ha disegnato, e ancora meglio dei brand di cui si è fatto carico: Alfa Romeo, Seat, Audi, Volkswagen, Lamborghini. Un profeta del design italiano fuori patria, un manager italiano catapultato nel mondo tedesco. Che emozione leggere le sue risposte. Oggi si entra in un Centro Stile. Oggi si va a lezione di stile.

Ps. Dimenticavo… se un giorno sotto casa vedete un ragazzo o una ragazza toccare a occhi chiusi la carrozzeria di un’auto, sappiate che sarà probabilmente uno dei designer del domani.

1 – La sua prima auto … e la sua prima auto disegnata

Come tanti ragazzini, la mia prima automobile risale ai tempi in cui giocavo con le “automobiline” : ed era un modellino 1:43 Dinky Toys della Aston Martin…
A parte gli scherzi, la mia prima vera automobile è stata la Concept car FIAT VSS VETTURA SPERIMENTALE PER SOTTOSISTEMI progettata e realizzata in IDEA INSTITUTE con Renzo Piano. Per quanto riguarda i miei primi disegni, da quando entrai al Centro Stile Fiat, nel 1972, come “stilista junior” cominciai a disegnare bozzetti senza sosta.
Dopo tanti figurini e bozzetti, il primo vero modello che ho realizzato è stato quello che sarebbe diventato la Fiat Ritmo.

2 – Made in Germany e Made in Italy: istruzioni per l’uso, da uno come lei che ha vissuto entrambe le realtà.

Sono due modi diversi di affrontare le cose. Nel Gruppo VW la priorità è: “fare bene le cose la prima volta per la soddisfazione del cliente”, ma anche progettare e produrre il meglio ogni giorno. Ciò significa anche coinvolgere tutti gli operatori del settore e l’intera catena dell’indotto che gira intorno all’automotive. Soddisfazione che vuol dire comprensione e condivisione dei problemi, unite ad un forte senso di umiltà, che hanno sempre portano a una diffusa cultura aziendale e a una consapevole attitudine generale, fatta di rispetto professionale reciproco in tutte le funzioni, sia aziendali che in quelle della infinita filiera dei fornitori.

In Italia è diverso, almeno per come l’ho vissuta io. All’interno delle grandi aziende c’è tanta passione , però anche molta più politica. Poi, io ho attraversato un momento particolare della grande Fiat, che la faceva da padrona su tutto. E ci tengo a sottolineare, però che lo “spirito” Alfa Romeo ha dato un grosso contributo per cambiare il modo di pensare l’automobile in Fiat, sia da un punto di vista tecnico, sia da quello della passione per la propria professione.
Non c’è, però, uno migliore dell’altro, e poi voglio dire che non ho semplicemente lavorato per un Gruppo tedesco, ma ho esportato il Made in Italy e il design italiano. Ovvero il culto della bellezza, la mia prima ispirazione ogni volta che prendo la matita in mano.
Oggi è tutto diverso. Con la scusa della soddisfazione del cliente, uno scenario preoccupante, Marketing e Comunicazione hanno assunto la leadership in modo eccessivo. Così, ogni aspetto formale viene esasperato con richieste di decorazioni additive, inutili e sconcertanti, mirate al solo apparire e a ottenere effetti speciali che troppo spesso affondano nel cattivo gusto.

3 – Un suo pensiero sull’elettrico. Auto tutte uguali?

Innanzi tutto per il futuro digitale ed analogico dovranno trovare un punto di equilibrio.
Le auto a propulsione elettrica portano verso un lavoro di innovazione sulla componentistica, che sarà miniaturizzata, lasciando quindi più spazio. Ci sarà quindi maggiore libertà nel disegnare gli spazi interni e le linee esterne. Credo quindi che ci sia veramente la possibilità perché i Designer si riapproprino del ruolo che compete loro. Così come anche i nuovi brand emergenti avranno grandi opportunità di sviluppo se sapranno imporsi con nuove proposte più di servizi che di prodotto. A un patto, però: che l’aggressività e l’arroganza degli attuali linguaggi estetici diminuiscano lasciando il posto a un Design più colto e più libero.
Il discorso poi cambia ancora se si parla di mobilità urbana, dove si andrà nella direzione di progettare e realizzare veicoli specifici per il traffico cittadino, dove ormai viaggiare ai 30 Km/h è quasi un’utopia, perché la media è ben più bassa. La filosofia di partenza qui è completamente diversa da quella di un’automobile, anche se la ricerca dell’eleganza e della semplicità è comunque importante

4 – Interni di aerei, forme di pasta, scarpe, macchine foto, automobili e quant’altro: cosa le accomuna?

A costo di ripetermi, dico la passione, senza la quale è inutile cominciare a disegnare e progettare qualsiasi oggetto. Il disegno deve scaldare il cuore, deve toccare le corde più intime come fa la poesia. Osservando il parco auto circolante odierno, ciò che manca sono le emozioni. Il disegno della carrozzeria ha subìto una sconfitta tecnico-culturale senza precedenti e le proposte di Stile si susseguono rapidamente proponendo soluzioni estetiche orientate soltanto alle tendenze del momento. Aggressività, arroganza e decoro eccessivo, associati a un basso livello culturale, sono i nuovi ideali degli “stilisti” che, con la complicità di un marketing sempre più prepotente determinano il “ testa coda” stilistico che stiamo vivendo oggi. Troppi giovani stilisti vengono spinti e facilitati dai computer e vogliono procedere troppo in fretta, senza assaporare la costruzione di un’auto, tralasciando l’aspetto fisico e tattile. Non basta saper modellare delle linee con un pennello occorre lavoro di squadra e analisi collettiva. Le auto vanno studiate.

5 – Più rischio o prudenza, cosa ha caratterizzato di più la sua vita professionale?

Il rischio è sempre dietro l’angolo. La nascita dello stile di un’automobile e la sua realizzazione sono frutto di discussioni, a volte anche piuttosto accese, che portano sempre al raggiungimento di un ragionevole compromesso per raggiungere l’obiettivo. A volte bisogna affrontare vere a proprie battaglie all’interno della propria azienda per convincere della validità del progetto l’intero staff dirigenziale, presidenti e amministratori delegati compresi, ben sapendo che lo stile si presta alle interpretazioni più disparate. Dietro a tutto questo ci va una visione strategica e la consapevolezza di aver fatto tutto il possibile per raggiungere l’obiettivo di un’automobile, bella, elegante ma al tempo stesso funzionale e tecnologicamente avanzata. Ricordiamoci che i vincoli imposti dalle normative e dal Marketing sono sempre più stringenti, ma la creatività di un Designer sta proprio nell’accettare la sfida e sfruttare al massimo gli stimoli che provengono proprio dal superamento di questi limiti.

6 – Quella volta che Piech le disse…

Sedici anni con Piech non sono pochi. Tanti sentimenti e diversi stati d’animo che sono difficili da spiegare ancora adesso. Mi ricordo ancora il primo incontro con lui.
Ero stato a Barcellona, nel Centro di Avanced Design Volkswagen di Sitges.
Una settimana dopo ero su un aereo diretto a Wolfsburg, perché Piech voleva incontrarmi.
Non avevo ancora firmato nessun contratto. Eppure lui mi disse:” “La 156 è una vettura bellissima, i miei più sinceri complimenti… Sono felice di conoscerla e che abbia deciso di venire da noi. Seat è una Marca giovane e Barcellona, per un italiano, è la città ideale per vivere e lavorare. Mi raccomando una sola cosa De Silva: si tenga stretta nel cuore l’Alfa Romeo”. Poche parole determinanti per farmi prendere la decisione definitiva.

7 – In viaggio con dei designer di ieri e di oggi, chi porterebbe con se’ ?

Nella mia lunga vita professionale ho incontrato tante persone e ho avuto modo di lavorare con i migliori designer che il mondo automotive potesse esprimere. E’ difficile fare una scelta, proprio perché con ognuno di loro abbiamo intrapreso tanti viaggi e molte avventure. Per me è sempre stato importante puntare alla praticità e alla semplicità per raggiungere l’obiettivo nel modo più efficiente possibile. Devo quindi dire solo grazie a tutti i collaboratori che con pazienza, disciplina e tanta passione mi hanno sempre seguito. Oggi, come ho detto, non saprei chi scegliere. La povertà culturale è tanta e chiunque venisse con me in questo ipotetico viaggio, vorrei che prima cominciasse a riprendere in mano la matita.

8 – La sua strada del cuore

Ce ne sono tante. Potrei cominciare da via La Manta a Torino, laddove è tutto cominciato, oppure da via Gattamelata, sede del Portello, o, ancora, quella che tutte le mattine mi portava al Centro Stile Alfa Romeo, dentro lo stabilimento di Arese. Non so se mi è rimasta davvero nel cuore oppure è da considerarsi un incubo, però, non posso dimenticare la strada che tutti i lunedì mi portava da Monaco a Ingolstadt. Lunedì, perché era un giorno diverso dagli altri: sveglia alle 5.30, qualche minuto per buttare giù una veloce colazione e per vestirsi e poi via in autostrada per volare a Ingolstad dove alle 7,15, puntuale come un orologio svizzero, arrivava Winterkorn alla sede del Design, tenendo fede al suo credo, secondo il quale funzionalità e bellezza sono la vera chiave del successo.

9 – Il suo segreto di designer …adesso può dircelo …

La genesi di un oggetto, che sia un’automobile o altro, porta con sé diversi stati d’animo, il pathos, umori e malumori. Ma nessun progetto potrebbe andare avanti senza la passione. Sono ripetitivo, lo so, ma è così. Inoltre, la ricerca ossessiva della bellezza in ogni dettaglio è la stella polare da seguire lungo il percorso di ricerca, contraddistinto dalla quotidiana contrapposizione tra ragione e sentimento, e tra tecnica ed eleganza. A questo poi aggiungerei il rispetto per la tradizione , con la rilettura in chiave ultramoderna di tutto ciò che appartiene al passato, alla nostra storia, quello che io definisco il futuro nel classico. Ecco, In questo modo il design si concretizza in forme sottolineate da poche linee essenziali e dinamiche, che danno origine a uno stile senza tempo.

10 – E dietro la curva?

Nella mia carriera non ho disegnato solo automobili. Che sia una sedia, una macchina fotografica, un tipo di pasta , o qualsiasi altro oggetto, è importante affrontare sempre tutto con la stessa professionalità. A me piacciono le nuove sfide, anzi, più sono difficili più mi entusiasmano. Aiutano a mantenersi in forma. Quello che invece mi dà fastidio è che stiamo attraversando un momento in cui si urla e si ostenta troppo. Dobbiamo tornare all’essenza delle cose, alla bellezza, perché è quella che può salvare il mondo.

Eraldo Mussa

eraldomussa@gmail.com

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