Mario Schimberni è stato una figura chiave del capitalismo italiano tra gli anni ’80 e ‘90. Romano di nascita, dopo una serie di esperienze minori approda in Montedison nel 1977 e nel 1980 ne diviene Presidente dopo Giuseppe Medici e avvia il dopo Cefis di Foro Bonaparte. Cercherà, fallendo nel tentativo, con una serie di operazioni aggressive di fare di Montedison la prima Public Company italiana. Cesare Vaciago che collaborò con Schimberni ne ripercorre il percorso in una serie di articoli e in un breve saggio del 2016 elaborato con Piero Ceschia, What if, pubblicato in “Un capitalismo senza capitali: Mario Schimberni e il sogno della Public Company”.

 

1. La Ristrutturazione

Gli anni 80 vedono la politica esaurire la fase del compromesso storico, con l’assassinio del suo regista politico, ed emergere il nuovo astro modernista del Psi di Bettino Craxi. Il centrosinistra, prima con Spadolini, poi direttamente con Craxi, conferisce una guida laica al Governo, in cui, per la prima volta, appare subalterno il ruolo della DC.

La Confindustria, che aveva subito di malagrazia la tenaglia, tra la presenza governativa delle confederazioni sindacali, e la ribellione di fabbrica dei nuovi operai, si muove secondo linee contrapposte:

A Torino, la FIAT rompe gli indugi e dichiara guerra al sindacato dei consigli, aprendo lo scontro sociale coi licenziamenti e la cassa integrazione: sotto la guida di Cesare Romiti e di Cesare Annibaldi , vince, tirando dalla sua parte i quadri intermedi di fabbrica, con la marcia dei quarantamila , firmando un contratto di ristrutturazione, ridimensionando il ruolo dell’Flm e dei delegati di gruppo omogeneo, e delegittimando la marcia governativa del Pci; una vittoria che sarà coronata, nel 1983, dalla sconfitta del Pci e della Cgil nel referendum sulla scala mobile.

A Milano, la Montedison di Mario Schimberni, scommette sulla ristrutturazione concertata, condivide la leadership delle fabbriche con il riformismo di Sergio Cofferati, e senza licenziamenti, ma con un numero di esodi pari a quello della Fiat (33.000 su 117.000 in Montedison, 50.000 su 200.000 in Fiat), porta, nel 1984, a pareggio il gruppo industriale più disastrato degli anni 70.

Presentato a Mario Schimberni dalla sua assistente Matilde Bernabei (dal 2019 Cavaliere del Lavoro Matilde Bernabei: evviva Matilde, sei grande!), come esperto di ricollocazione nell’indotto di lavoratori in eccedenza, realizzo questa ristrutturazione, godendo, in cambio, dello straordinario “mentoring”, come dicono i manager rampanti di oggi, del più grande imprenditore italiano prima di Sergio Marchionne.

Quella ristrutturazione costruttiva e paziente, macchiata anch’essa dal sangue dei dirigenti come quella Fiat, avrebbe ispirato, negli anni 90, l’accordo sulla politica dei redditi di Ciampi e la nuova fase del riformismo concertato, che caratterizzò quei giorni vincenti, come ha recentemente testimoniato Sergio Cofferati, protagonista di entrambe, ricordando Schimberni nella commemorazione promossa dai suoi collaboratori nel luglio 2018.

(1- continua)

Cesare Vaciago

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