La terza edizione del libro di Fabrizio RaseraAngelo Bettini, documenti sulla vita e sulla morte”, (Ed. Osiride) è il frutto della ricerca approfondita dell’Autore. Una ricerca che ha portato nuova linfa alla ricostruzione dell’assassinio dell’Avv. Angelo Bettini. Omicidio avvenuto il 28 giugno 1944 in Rovereto, nello studio professionale dell’avvocato.

Omicidio compiuto dalle SS

Il volume antepone alla narrazione della vita e dell’attività professionale e politica del Bettini le tragiche ore che portarono all’atto di sangue da parte delle SS.

La cosa ancor più grave è che l’esecuzione – perché di ciò si trattò – avvenne nell’ambito di una spietata “caccia” ai fiancheggiatori dei partigiani. Una caccia partita da Bolzano e Trento, che colpì Rovereto, Nago, Riva e Limone. Le vittime di questa “spedizione punitiva” furono numerose, con molti arresti ed uccisioni di semplici civili, unicamente perché sospetti. Bettini, che era già segnalato su una “lista nera” consegnata dalle autorità tedesche agli esecutori materiali. Fu trovato in possesso, nel suo studio, di materiale destinato ad equipaggiare e sostenere (anche derrate alimentari!) i partigiani. D’altronde la situazione all’epoca non permetteva alternative tra chi combatteva con le armi l’occupante e chi, come Bettini, faceva opera di assistenza ai partigiani.

“La vita oggi vale tanto poco”

La lotta al nazifascismo avveniva a più livelli e tutti erano consci che, come scrisse Giuliano Pischel, giovane collega di Bettini, “una libertà mai esistita dobbiamo conquistarla”. Così come Bettini ed i suoi amici erano ben consci del rischio elevatissimo che correvano. Risulta da un ultimo colloquio presso il suo studio, nei primi mesi del 1944, che essi affermarono, con piena coscienza, che “la vita oggi vale tanto poco”.

Il “mite sovversivo” era nato nel 1893 a Rovereto

Il “mite sovversivo”, come lo definisce l’Autore, era nato nel 1893 in Rovereto da famiglia modesta. Ciò nonostante venne avviato agli studi anche in considerazione del suo fisico gracile che lo esentò dal lavorare nella falegnameria paterna. E poi dal servizio militare durante la prima guerra mondiale. Il volume descrive con dovizia di particolari e di documenti l’epoca nella quale quelle zone, prima del 1918, erano territorio austriaco.  Bettini, come molti altri giovani, Cesare Battisti e Fabio Filzi per primi, fu attratto dalla nascente opposizione al governo straniero. Dopo la fine della prima guerra mondiale egli si laureò in giurisprudenza a Padova e poi iniziò la pratica forense a Rovereto nello studio dell’Avv. Antonio Pischel, padre di Giuliano. La allora la sua attività di legale a difesa degli umili e dei poveri, si unì a quella politica, come aderente al Partito Socialista.

A partire dal 1925 – 1926 l’ondata repressiva aveva trasformato lo stato liberare in dittatura. Fu la fine delle libere autonomie locali, della libertà di stampa e di riunione. Bettini fu costretto a rinunciare all’attività politica anche perché sottoposto a “stretta sorveglianza”. Si limitò, quindi, a coltivare gli affetti familiari e la professione. L’illusione che, con la caduta del fascismo, il 25 luglio 1943, potesse tornare immediatamente la libertà fu di brevissima durata. I nazisti, già il 10 settembre 1943, disponevano addirittura l’annessione dei territori di Bolzano, Trento e Belluno alla Germania. Il destino personale di Bettini e di tutte le popolazioni di quelle terre martoriate era segnato. Solo dopo infiniti lutti, stragi e guerra civile sarebbe tornata la libertà tanto agognata.

Alessandro Re

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