Il Sacrario Militare di Redipuglia

Questa specie di avventura è cominciata qui, nel giugno 2001.
Andavo a Trieste per un’udienza in automobile. Erano ancora vivi gli echi della recentissima guerra in Jugoslavia.
Lo senti un rumore lontano, più forte di un tuono, che scoppia e rimbomba da oltre Trieste nelle nostre teste e non si ferma più. Guarda, una macchia di rosso colora il canale del bene e del male, il colore del mare che sembra virare più al nero che al blu”. Avevo in testa il fulminante inizio di Curva Sud.
Ancora una volta Claudio Lolli in poche righe aveva centrato ed espresso lo sgomento e lo smarrimento.

Quella macchia bianca e lucente ai bordi dell’autostrada

C’eravamo visti la settimana precedente e ne avevamo parlato.
Avevo in programma di visitare, dopo l’udienza, la Foiba di Basovizza e il Castello di Duino. Sarei ritornato a Milano con comodo verso sera.
Invece quel colpo d’occhio sulla sinistra dall’autostrada, quella macchia bianca lucente sotto il sole di dimensioni così abnormi e di forma così curiosa mi ha stravolto il programma. Ha dato il “via” a tante iniziative, a tante emozioni, a tante letture, a tante escursioni di questi anni.
Arrivato a metà pomeriggio ho visitato il Museo della Terza Armata, son salito al Colle S. Elia e stupefatto e un po’ angosciato, incuriosito e un po’ inebedito, ho iniziato a salire i gradoni del Sacrario. Il sarcofago del Duca D’Aosta, i nomi scolpiti di montagne che in quel momento non mi dicevano nulla, gli altri sarcofaghi e questa immensa scalinata davanti a me.

Salendo i gradoni del Sacrario, sentivo salire lo strazio

La mia ombra si allungava sulla pietra bianca col calar del sole.
Sono circa 60.000 i caduti noti e 40.000 gli ignoti che riposano nel Sacrario.
Ho iniziato a salire i gradoni. E saliva lo strazio.
Sulla sommità, in bronzo, c’era un rilievo del Monte Sei Busi con l’indicazione delle quote. Leggevo “quota 117”, “quota 88”, “quota 93” … non riuscivo neanche a capire esattamente che cosa significassero.
Mi sembrava tutto così strano, arcano, misterioso.
Leggevo queste quote, guardavo in giro i dolci declivi con i cipressi che circondano il Sacrario e dietro di me il sole calava in una luce albicocca.
Ho trovato a un certo punto, in una macchia verde, una lapide.
Caporale Gino Rossi, anni 19, caduto volontario guidando il terzo tentativo di collocare tubi di gelatina sotto i reticolati avversari.
Ecco, in quel preciso istante è come se avessi ricevuto un pugno nello stomaco.

Il valore del Tricolore

La Patria con la “P” maiuscola non mi ha mai appassionato, il Tricolore non mi ha mai inorgoglito, né commosso e non mi ha mai fatto gonfiare il petto.
Sono stato convinto obiettore di coscienza.
Proletari di tutto il mondo, unitevi!”.
Molto più vicino all’idea di “Resistenza tradita” che non a quella di “vittoria mutilata”. Però in quel preciso istante mi è venuto un pensiero che si è consolidato nella mia testa.
Ho pensato a quel famoso, importante politico dell’epoca che aveva dichiarato che lui, sulla bandiera Tricolore, ci avrebbe pisciato sopra perché lui alla Padania pensava. Solo alla Padania.

Rispetto per la Bandiera e per la Storia

In quel momento ho realizzato quanta autentica cretineria ci fosse in quella frase.
Quanta superficialità e bassezza. E ho pensato a quanto rispetto, invece, occorra sempre avere per la Bandiera – qualunque bandiera – e per la Storia.
Per quelli che si sono battuti o che sono stati mandati a battersi e che, magari, ci hanno anche “lasciato la ghirba”. Eccoli qua intorno, 100.000 ragazzi spediti a morire per la “Quarta Guerra di Indipendenza”.
Ne sono morti 600.000 e oltre un milione feriti o mutilati.
In fondo, se così non fosse stato, la mia vita di nativo Trentino sarebbe stata diversa e chissà che piega avrebbe preso.
Quel Caporale Gino Rossi mi rimbombava in testa. Era ormai quasi buio.

L’Isonzo, Gorizia e quella lapide che non trovo più

Anziché tornare verso Milano, ho deciso di risalire l’Isonzo fino a Gorizia.
Ho girato per Gorizia, c’era ancora il muro.
Ho cenato in una trattoria in una piazza che invano ho cercato quando sono tornato a Gorizia e il muro non c’era più (anche la lapide al Caporale Gino Rossi non c’era più quando sono tornato a Redipuglia qualche anno fa. L’ho cercata con insistenza e poi con affanno, ma non l’ho trovata). Ormai a notte fonda sono salito al San Michele: i fari dell’auto illuminavano targhe, cippi, cimiteri.
Sono rientrato a Milano in preda a una leggera ossessione che mi ha accompagnato tutta la notte e anche il giorno dopo.

Verso Milano già albeggiava

Anzi, è divenuta il filo di questi anni. Nel rientro – in autostrada – una nuova luce albicocca nello specchietto retrovisore.
Già albeggiava.

Claudio Zucchellini

L’immagine è stata tratta dal sito ufficiale dell’esercito italiano.

Claudio Zucchellini

Avvocato, Consigliere della Camera Civile di Monza, attivo in iniziative formative per Avvocati, Università, Scuole e Società Civile.

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