Negli anni 1981/82 L’Incontro diede notizia del fallito golpe in Spagna e dei referendum popolari abrogativi. Per quanto riguarda il primo fatto, avvenuto il 23 febbraio 1981, nel n. 2 del 1981 si dava ampio risalto al suo fallimento. Che cosa accadde?

La Spagna all’epoca era una democrazia “giovane”, uscita assai provata da una dittatura fascista, ultradecennale, del “Caudillo”. Il generale Francisco Franco era morto appena cinque anni prima. Lo stesso Juan Carlos, il sovrano che aveva fermamente contribuito alla nascita di una democrazia, monarchica, pur sempre parlamentare, era giovane ed inesperto. Senonché gli apparati dello Stato e, soprattutto, le Forze Armate, erano ancora schierati con la destra fascista. Mal sopportavano, dunque, i passi in avanti compiuti dalla Spagna verso la democrazia.

Cosa accadde a Madrid

Fù così che il 23 febbraio 1981 fu tentato un vero e proprio “colpo di Stato”. Ci fu l’assalto al Parlamento, da parte di un gruppo di militari, mentre altri occupavano la radiotelevisione. Formazioni militari erano pronte ad intervenire nelle principali città. Il tentativo di golpe avvenne praticamente in diretta, con le televisioni di tutto il mondo collegate. Proprio in quel giorno era fissata l’elezione del nuovo presidente del Consiglio. Fu così che in tutti i Paesi si potè assistere al drammatico ingresso in Parlamento, in sessione, del colonnello Tejero. Inoltre, alcuni militari con le armi in pugno sequestrarono per ore tutti i deputati, impauriti.

La situazione apparve subito drammatica, sia per la sorte dei deputati, sia per i segnali di rivolta che giungevano da varie città della Spagna. “Il generale Milans Del Bosch, comandante della 3^ Regione militare, proclamava a Valencia lo stato di emergenza. La Divisione corazzata “Brunete” n. 1 si preparava a marciare su centri nevralgici della capitale, occupando subito la stazione radio di Prado del Rey. Si raccoglievano le adesioni dei governatori militari di altre Regioni”.

Fortunatamente il colpo di Stato fallì. Al tradimento di alcuni generali si contrappose il lealismo di molti altri. E il giovane sovrano si schierò apertamente contro i golpisti. Anche la popolazione di Madrid (si calcolò che fossero circa un milione e mezzo di persone) scese in strada per manifestare per la libertà. I golpisti vennero poi in parte arrestati e poi condannati e, in parte, radiati dall’esercito e dalla polizia.

I timori per la democrazia

All’epoca sussistevano comunque forti timori circa il futuro della Spagna, come riferiva L’Incontro: “la vittoria sugli eversori non induce all’ottimismo: il nuovo governo è spostato su posizioni di centro-destra, i militari condizionano la vita politica tessendo trame insurrezionali, la Chiesa ostacola il rinnovamento sociale (ad esempio, contro il progetto di legge sul divorzio), i separatisti baschi dell’ETA (che hanno un seguito popolare) hanno già ucciso 350 persone determinando con il terrorismo la reazione degli ambienti militari, i vertici delle istituzioni sono occupati da personaggi del regime franchista. È mancata una epurazione nella burocrazia, nelle Forze Armate, nella magistratura”.

Viceversa si può dire che il 23 febbraio 1981 abbia segnato una data storica per tale Paese. Da allora in poi la Spagna ha definitivamente scacciato le ombre della dittatura e si è inserita, a buona ragione, nel novero delle democrazie occidentali ed europee.

L’epoca delle battaglie civili e dei referendum

Un altro tema rilevantissimo per il nostro Paese fu, all’epoca, quello dei referendum popolari abrogativi, che si tennero il 17 e 18 maggio 1981. Si trattava di cinque referendum, sull’ordine pubblico, sull’ergastolo, sul porto d’armi e, soprattutto, sull’aborto. Tema quest’ultimo che vedeva infatti contrapposti due referendum. Da una parte quello dei radicali che propugnavano una “liberalizzazione” della normativa. Dall’altra quello del Movimento per la Vita che intendeva sostanzialmente abolire tutte le norme sostanziali della legge 194/1978.

L’Incontro del maggio 1981 titolava: “Contro le indicazioni della Chiesa, della DC e del MSI, i Partiti laici hanno vinto il referendum sull’aborto”. Quali sono le sue considerazioni?

I temi sollevati nei referendum erano vari e, talora, anche a causa dell’astrusità dei quesiti sulle schede, di difficile comprensione per tutti i cittadini. Eppure, ed è questo il dato più rilevante, gli elettori dimostrarono più maturità dei Partiti di appartenenza e, soprattutto, degli stessi promotori.

L’Incontro riferiva che “la maturità politica è dimostrata anche dalla misura del consenso popolare: nel 1974 la difesa di una legge profondamente innovativa come il divorzio aveva ottenuto il 59,26% dei voti. Oggi, per conservare la legislazione sull’aborto, si è raggiunta una percentuale del 67,9%. Una chiara dimostrazione della volontà di un Paese che sa difendere le proprie conquiste legislative e che fa prevalere la ragione sul fideismo, il progresso sull’oscurantismo”.

I referendum che hanno cambiato l’Italia

Ed ancora che “è stata una grande vittoria dei laici. Infatti gli elettori, nonostante l’astrusità dei quesiti sulle schede, hanno consapevolmente rifiutato l’abrogazione dell’aborto (con il 32% di SI e il 68% di NO) proposta dagli integralisti del “Movimento per la vita” e sostenuta dalla DC alleata, ancora una volta (come già per il divorzio), con il MSI.

Questa vittoria del buon senso, della solidarietà umana e della civiltà, nel rafforzare l’autorità e la sovranità dello Stato, ha respinto la crociata di Wojtyla, il fanatismo religioso, la prevaricazione ideologica e ha impedito che si ripristinasse la legislazione del periodo fascista. Significativa è risultata l’autonomia di comportamento dei cittadini rispetto alle indicazioni retrive della Chiesa. Distinguendo fra legalità e confessionalismo, fra i doveri dello Stato ed il ruolo della Chiesa, fra i valori della ragione e della tolleranza e i tentativi di regresso e di conservazione, gli elettori hanno fatto prevalere la società civile e dimostrato che il costume cambia più rapidamente della legislazione”.

Un voto contro le indicazioni dei Partiti

Anche tutti gli altri referendum, proposti dai radicali, hanno avuto un esito negativo, con percentuali elevatissime di “No”. Che cosa ne pensa?

Tra chi, come il Movimento per la Vita, voleva far sì che l’aborto tornasse ad essere un illecito (tranne nel caso in cui vi fosse un pericolo grave per la vita della donna) ed i Radicali, che, viceversa, volevano la massima “liberalizzazione”, il Paese ha risposto con saggezza e fermezza, al di là delle indicazioni dei Partiti politici.

In sostanza vi è stato – come riportava L’Incontro – “non solo un consolidamento del fronte laico, ma anche una indicazione dell’elettorato verso una legislazione europea e un atto di fiducia verso la democrazia parlamentare. Infatti il voto ha confermato leggi approvate dal Parlamento, senza accettare meccanicamente tutte le indicazioni dei Partiti. Ad esempio il voto sull’ergastolo (77,3% dei NO) è stato difforme dall’invito del PCI, PSI, Radicali ed estrema sinistra favorevole al SI (così la pena dell’ergastolo rimane in vigore; né può essere sottoposta ad altro referendum per 5 anni, ma potrebbe essere abolita dal Parlamento; tuttavia dopo 28 anni di carcere l’ergastolano viene normalmente rimesso in libertà o, anche prima, graziato).

Per la legge Cossiga sull’ordine pubblico è prevalso il NO (82,5%), sebbene radicali, missini ed estrema sinistra fossero per il SI. Sul porto d’armi ha vinto il NO (86%) rispetto all’indicazione del SI dei radicali e della estrema sinistra.

Gli errori dei Radicali

I radicali risultano battuti dal risultato del loro referendum sull’aborto (88,5% di NO), che era inopportuno e fuori tempo. La battaglia per migliorare la legge sull’interruzione della gravidanza si conduce in Parlamento e non attraverso un referendum. Purtroppo del Partito Radicale il verticismo – ossia la volontà assoluta di Pannella, delle sue impennate, delle sue strategie – nuoce alla gestione democratica dell’importante patrimonio ideale e politico del P.R. Dopo le battaglie sui temi politici e giuridici per stimolare la crescita civile e democratica della società italiana, ponendosi come punto di riferimento aggregante per tutta la sinistra e come strumento per l’alternativa socialista, il Partito Radicale appare logorato da farneticazioni (la legge 194 sarebbe una legge “nazista”!), da diffamazioni sistematiche verso gli avversari da scelte irresponsabili”.

Ritengo, ancor oggi, che proprio questo integralismo abbia particolarmente nuociuto ai Radicali che sono divenuti ormai un soggetto irrilevante nella vita politica del Paese.

Alessandro Re

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