A partire dal 12 dicembre 1969, inizia un’epoca di stragi nere e attentati con magistrati uccisi e tensioni sociali sia in Italia sia internazionali. La bomba fascista, fatta esplodere a Milano, in piazza Fontana, nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura, causò la morte di numerosi cittadini innocenti. Da quella bomba ebbe inizio una serie di gravissimi attentati che avevano un unico obiettivo: quello di colpire la fragile democrazia del nostro Paese favorendo le condizioni per un ritorno dell’”uomo forte”.

Lo storico Gianni Oliva, nel proprio libro “Gli anni di piombo e di tritolo, definisce tali attentati – avvenuti per la maggior parte negli anni 1973/1974 –  come “stragi nere” e ne fornisce un breve drammatico elenco, riportando anche i nomi delle vittime.

Le stragi nere

  • 31 maggio 1972 – uccisione con una bomba di tre carabinieri a Peteano;
  • 25 agosto 1972 – uccisione a Parma di un militante di Lotta Continua da parte del fascista Edgardo Bonazzi;
  • 21/22 ottobre 1972 – sette bombe (inesplose) sul treno Roma-Reggio Calabria;
  • 7 aprile 1973 – bomba piazzata da Nico Azzi, neofascista del gruppo La Fenice, che rimane ferito nello scoppio;
  • 12 aprile 1973 – durante una manifestazione organizzata dal Msi a Milano due agenti vengono colpiti dal lancio di bombe a mano ed uno di essi, Antonio Marino, muore;
  • 17 maggio 1973 – bomba a mano lanciata da Gianfranco Bertoli davanti alla Questura di Milano: quattro morti e numerosi feriti;
  • 28 maggio 1973 strage di Piazza della Loggia a Brescia con uccisione di otto persone e numerosi feriti;
  • 3/4 agosto 1973 – strage sul treno Italicus, con dodici morti e numerosi feriti anche gravissimi.

A distanza di tanti anni da questo drammatico elenco non si ha forse l’impressione che lo Stato non fosse decisamente schierato, come poi avverrà per il terrorismo rosso o per la lotta alla mafia, “contro” tali gravi deviazioni dalla legalità?

In effetti già in un articolo del luglio-agosto 1974, dal titolo “La strategia del terrore”, L’Incontro puntava il dito sulle evidenti responsabilità dei Governi dell’epoca, guidati dalla Democrazia Cristiana e, soprattutto, sui Servizi Segreti:

Dal 1969 a oggi si sono avuti 2.000 attentati, decine di assassini politici, tre stragi (piazza Fontana a Milano, piazza della Loggia a Brescia, treno Italicus a Castel di Sambro), alcuni sequestri di persone per fini politici. In questi quattro anni non sono stati individuati e arrestati né i mandanti, né gli esecutori, né i finanziatori. Per la strage di piazza Fontana vi sono addirittura due distinti gruppi di imputati, il gruppo Valpreda e il gruppo nazi-fascista Freda-Ventura. Il fatto stesso che a distanza di anni non vi sia ancora una sentenza e che risultino imputati degli stessi crimini persone di opposte idee politiche che neppur si conoscono tra loro, lascia estremamente perplessa l’opinione pubblica.

Di una così torbida vicenda la magistratura non ha chiarito le vere responsabilità, anzi la Corte di Cassazione l’ha complicata con assurde decisioni procedurali.

Dobbiamo soltanto all’impegno di qualche magistrato se si è fatta un po’ di luce sulle trame nere, cioè sui piani terroristici di numerosi gruppi fascisti (Sam, Mar, Ordine Nero, Avanguardia Nazionale, Rosa dei Venti, ecc.) che si propongono di suscitare, attraverso attentati, un grave stato di allarme nella popolazione e nelle autorità per sovvertire la Republlica costituzionale, portare alla guerra civile e creare una Repubblica presidenziale, ossia una dittatura di destra”.

Mi pare che il minimo che si possa fare è ricordare i cognomi dei magistrati che pagarono con la vita il loro impegno a garanzia della libertà di tutti noi.

 Certo. Il 10 luglio 1976, mentre andava a lavorare, con una operazione terroristica tipo quella che colpì l’on. Moro e la sua scorta, il magistrato Vittorio Occorsio venne assassinato da Ferro e Concutelli, appartenenti ad Ordine Nuovo, poi condannati all’ergastolo.

Purtroppo anche Mario Amato, il magistrato che ereditò le indagini di Occorsio sull’estremismo di destra ed i suoi evidenti collegamenti con la malavita organizzata, lasciato senza scorta, né protezione alcuna (come era già avvenuto per Occorsio), venne assassinato il 13 giugno 1980 da Cavallini e Ciavardini, militanti dei Nar.

Mi hanno sempre impressionato per la loro brutalità e violenza le parole che il gruppo estremista usò per rivendicare l’omicidio: “Oggi Amato ha chiuso la sua squallida esistenza, imbottito di piombo”.

Purtroppo negli anni successivi lo stesso vergognoso linguaggio sarebbe stato usato anche dalle Br e dagli altri gruppi terroristici di sinistra.

Veniamo ora alla politica estera. Tra i tanti temi di quegli anni sono stato particolarmente colpito dalle dimissioni del presidente degli Stati Uniti Richard Nixon, appena rieletto al secondo mandato, travolto dallo scandalo Watergate. Che cosa era accaduto?

Non ritengo tanto di dover ricordare chi fosse Nixon o gli anni della sua presidenza, quanto come proprio in quell’occasione si dimostrò la forza della democrazia e delle istituzioni degli Usa, soprattutto della Corte Suprema il cui intervento nella vicenda risultò decisivo.

Come riportò L’Incontro del luglio-agosto 1974, tutto ebbe inizio in maniera assolutamente casuale, allorché la notte del 17 giugno 1972 “un guardiano del palazzo Watergate, a Washington, ove ha sede la direzione nazionale del Partito Democratico, scopre cinque individui impegnati a sistemare un apparecchio per le intercettazioni telefoniche. Erano agenti del Comitato per la rielezione del Presidente Nixon. Cominciò così la “Watergate Story”. Subito la Casa Bianca dichiarò “di non aver nulla a che fare con questo incidente disgustoso e sordido”, ma, nel frattempo, stretti collaboratori del Presidente, non sentendosi tranquilli, decisero di comprare il silenzio dei cinque individui, versando loro 100.000 dollari a testa.”.

La parabola di Nixon

A seguito di una denuncia del Partito Democratico le indagini si fecero via via più serrate, ma furono in realtà due giornalisti del Washington Post, Bernstein e Woodward, poi divenuti famosi anche grazie a un film, a scoprire il diretto coinvolgimento nella vicenda del presidente Nixon. Nonostante egli proclamasse alla Tv, più volte, di essere estraneo allo scandalo, si susseguivano le prove a suo carico.

Ciò nonostante Nixon, con la scusa di proteggere l’interesse pubblico e il potere dell’esecutivo, sfida il Parlamento e la Corte Suprema, ma quest’ultima, con la storica sentenza del 24 luglio 1974 gli nega il privilegio di sottrarsi alla giustizia e gli intima di consegnare alla Giustizia i documenti e le registrazioni che dimostravano il suo diretto coinvolgimento nello spionaggio del Partito Democratico. Di fronte alla prospettiva di essere destituito, l’8 agosto 1974 Nixon presentò le proprie dimissioni”. 

La parabola di Nixon si chiudeva qui, ma L’Incontro, nelle conclusioni dell’articolo, faceva rilevare come

Un Paese democratico non poteva perdonare chi offendeva dalla massima carica le leggi, la fiducia, la pubblica responsabilità subornando testimoni, sviando le indagini, disobbedendo alla giustizia, mentendo ai cittadini, contrapponendosi al Senato ed alla Camera. Una delle lezioni di Watergate (che dovrebbe ammonire la classe dirigente italiana) è che la politica non va disgiunta dalla moralità, che il fine non giustifica i mezzi, che l’astuzia non è sinonimo di lungimirante intelligenza, che la stampa e l’opinione pubblica possono far cadere chi senza scrupolo giunge al potere e s’illude di detenerlo con la disonestà e la menzogna”.

Ancora di recente abbiamo assistito a un presidente che voleva porsi al di sopra della democrazia, allorché Trump ebbe a contestare le elezioni e la vittoria del candidato dei Democratici, addirittura con l’assalto al Parlamento da parte di suoi seguaci facinorosi.

Anche in questo caso il tentativo di una democrazia basata sulla forza e sull’arroganza e non sul rispetto delle regole è fortunatamente fallito; ma ciò dimostra che in ogni Paese i cittadini devono vigilare continuamente evitando che vi sia qualcuno che approfitta del potere.

Alessandro Re

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