Caro Avvocato ritengo che uno dei segreti della sua lunga ed operosa vita sia senz’altro l’atteggiamento positivo con il quale lei si è sempre rapportato con gli avvenimenti, talora lieti e talora tristi. Il manifesto di tale suo comportamento può essere proprio il motto ”Non mi sono mai arreso”, che è anche il titolo di un famoso libro che ripercorre tutta la sua vita, dalla giovinezza, al dramma delle leggi razziali, sino alla cattura ed alla prigione nelle vetuste carceri “Le Nuove” nel 1942, e poi nella famigerata prigione giudiziaria di via Asti, in Torino, nel 1944. Oltre ad una volontà ferrea e ad una memoria ancor oggi prodigiosa, ritengo che vi sia un altro elemento del suo carattere assai importante, che è la capacità di prendere gli avvenimenti nel senso giusto, senza facili entusiasmi, né al contrario forti depressioni, cioè con una equilibrata dose di ironia. Ce ne vuole parlare?

In effetti l’ironia, sin dall’antichità, è stata utilizzata dagli scrittori per dissimulare il proprio pensiero, allo scopo di attenuare concetti che, se espressi direttamente, sarebbero stati ben più aspri o gravi: maestro di ciò è stato Socrate.
Gli avvenimenti vengono quindi visti con un occhio diverso, con un atteggiamento di bonomia, di bonario e divertito distacco dalle cose (v. Enciclopedia Treccani), che può portare addirittura ad un sorriso se non ad una risata.

Ho sempre improntato la mia vita a questo atteggiamento che mi è stato di grande aiuto proprio per sopportare eventi negativi e lutti, tanto è vero che ho utilizzato questo metodo anche nella redazione e pubblicazione de L’Incontro. Chi scorre le varie annate della Rivista, che ho avuto l’onore di dirigere dal 1949 al 2018, può verificare che praticamente in ogni numero inserivo qualche vignetta umoristica (spesso tratta da giornali stranieri), posta a fianco di un articolo di commento ad avvenimenti dolorosi (guerre o altri fatti tragici), proprio al fine di mitigare la gravità della situazione, provocando nel lettore almeno un sorriso, seppur talora amaro.

È allora d’accordo con me nel pubblicare una di queste vignette, scelta tra le tante, a mo’ di esempio?

Senz’altro e propongo ai lettori questa vignetta che viene allegata, apparsa sul n. 3 (marzo 1992) de L’Incontro che ironizza sull’allargamento dell’ONU ai Paesi ex URSS.

Il senso dell’ironia e, addirittura, il suo “sense of humour”, affiorano anche talora nei suoi discorsi. Mi ricordo di una bella barzelletta che lei mi ha raccontato parlando – durante uno dei nostri colloqui sulla nascita del fascismo – della strage di Torino del 18 dicembre 1922 e, in particolare, del locale “ras” dell’epoca, il gerarca Cesare De Vecchi.
Ce ne vuole parlare?

Il De Vecchi, pur avendo aderito al fascismo, venne quasi immediatamente allontanato dai centri del potere dal Duce, per le sue simpatie monarchiche, venendo nominato Governatore della Somalia Italiana (dal 1923 al 1928). All’epoca, come reazione del popolo al regime ed ai suoi capi, iniziò a circolare sul suo conto questa barzelletta: “Mentre De Vecchi viaggia su un aeroplano militare che lo deve portare in Africa, ordina, con tono perentorio, al comandante: “Bisogna andare più veloce!” E il Comandante gli replica: “Non si può perché ci sono i monsoni che ci vengono contro”! E De vecchi: “E che cosa sono i monsoni?” E il Comandante: “Venti”. E De Vecchi: “Venti o trenta, anche fossero cinquanta nemici deve andare più veloce”.Purtroppo l’ironia e la satira (solo espressi verbalmente e non per iscritto) furono spesso uno dei pochi mezzi di opposizione consentiti ai cittadini dal regime fascista.

Di recente lei è stato addirittura già dichiarato deceduto, a causa di una omonimia che un giornalista poco attento ha trasformato in uno “scoop” clamorosamente errato. Eppure anche in questa circostanza non ha perso affatto il suo buon umore ed ai giornalisti che le chiedevano conto della sua salute, ha risposto, in modo serafico, che non era la prima volta che lo dichiaravano morto, ma che in tutte le occasioni si erano sbagliati. Che cos’era avvenuto?

Il 21 agosto 2023 decedeva in Milano il prof. Bruno Segre, esperto di storia e cultura ebraica, già collaboratore di Adriano Olivetti. La notizia rimbalzava sui giornali e, come purtroppo spesso accade, senza alcuna verifica dei fatti, veniva immediatamente pubblicata, senza controllare chi fosse in realtà il deceduto ed anzi indicando che il defunto Bruno Segre ero proprio io! Mi è toccato quindi precisare che ciò non era affatto vero e che ormai le volte che mi avevano dato per morto erano numerose. Sono stato comunque lieto di poter leggere in anteprima ciò che i giornali pubblicheranno allorchè il mio trapasso sarà effettivo!

Alessandro Re

 

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