L’onda populista cresce in tutto il mondo. L’ultimo esempio, in Finlandia, è significativo. Anche in paesi con solide tradizioni di Welfare State, il malessere e la protesta si impadroniscono di una grande fetta dell’elettorato, stufa di un certo modo di fare politica.

Le cosiddette élite arrancano, stentano a ritrovare il “filo della matassa”. Reagiscono poco e male. Ripetono mantra inutili e inefficaci, sottostimando il nuovo e dilagante avversario politico. Lo disistimano e, invece di combatterlo sui contenuti, sulle proposte politiche alternative, stanno al gioco, limitandosi a polemiche mediatiche stucchevoli, spesso incentrate su presunte, o anche accertate, incompetenze, velleitarietà e gaglioffaggini dei leader dei nuovi movimenti populisti-sovranisti, in grande spolvero in tutto il mondo.

La democrazia, parafrasando il famoso motto di Winston Churchill, è piena di difetti e di inefficienza, ma è nello stesso tempo, il “meno peggio” dei modelli di coesione pacifica tra gli esseri umani.

Per difenderla e tutelarla contro gli attacchi concentrici delle nuove forme di fascismo imperanti e del neopopulismo dilagante, bisognerebbe lavorarci sopra, come alcuni, troppo pochi, e in modo forse troppo elitario ed incomprensibile, stanno facendo.

Si parla di nuove forme di democrazia: diretta, popolare, addirittura illiberale (un evidente ossimoro per catalogare fenomeni come quello ungherese di Orban). Creando confusione, speranza, ma anche distacco e stanchezza tra quelli che non ce la fanno più. Quelli che stanno pagando il prezzo più alto di una globalizzazione non gestita politicamente, che ha fatto ulteriormente aumentare le disuguaglianze tra i ricchi, sempre più ricchi, ed i poveri, sempre più poveri.

Il dibattito tra costituzionalisti e politologi verte soprattutto tra la democrazia rappresentativa e la democrazia diretta: la sfiducia verso le leadership politiche, accusate di essersi dimenticate del popolo, concentrandosi solo sul potere personale e l’arricchimento della casta, ha portato molti a ritenere che le nuove tecnologie, le nuove forme di comunicazione abbiano finalmente reso possibile l’esercizio diretto da parte dei cittadini del loro potere, senza bisogno di rappresentanti, ormai obsoleti, inutili e controproducenti. Un tappo all’espressione diretta dei cittadini dei loro diritti. I “direttisti”, volendo usare un termine coniato da Giovanni Sartori, identificano e confondono, secondo Gianfranco Pasquino, la democrazia esclusivamente con i procedimenti decisionali. La democrazia diretta, per loro, è quella nella quale tutte le decisioni vengono prese dai cittadini medesimi.

In realtà, la democrazia è molto altro. Non è soltanto un modello decisionale alternativo alla dittatura, ma è, ad esempio, un dialogo frequente e costante, nel quale i cittadini sono coinvolti, cercando, attraverso il confronto pacifico, di persuadersi a vicenda per giungere ad un accordo che poi darà vita a delle decisioni operative. Decisioni sempre modificabili, alla luce dei risultati prodotti, più o meno positivi, o di nuove informazioni sulla tematica in questione. Tutte le democrazie rappresentative contemplano comunque, anche già oggi, senza necessità di riforme, la presenza di strumenti di democrazia diretta, come l’iniziativa legislativa popolare o le varie forme di referendum.

Brexit è stata proprio una grande lezione di democrazia diretta, con gli esiti che abbiamo davanti agli occhi da 3 anni! Lo strumento del referendum non si può estrinsecare soltanto con la posizione di una croce sul Sì o sul No di una scheda, o, peggio, con un click, di analogo contenuto, sul proprio device. Si deve fondare su una effettiva ed ampia base di informazioni disponibili a tutti gli elettori, in modo tale da permettere approfondimenti e scatenare discussioni e dibattiti in pubblico, sufficientemente chiari ed accurati per permettere ai cittadini di esercitare la loro scelta.

Con questo non si vuole sostenere che la democrazia rappresentativa non debba essere migliorata, resa più vicina ed efficiente rispetto alla rivoluzione e trasformazione digitale e comportamentale in atto. “La si può arricchire – ha scritto Gianfranco Pasquino – migliorandola ed integrandola con alcune modalità specifiche.

In tema di astensionismo, ad esempio, l’incubo cioè delle più recenti tornate elettorali in molti paesi, esistono già e sono utilizzate modalità che rendono più semplice l’esercizio del diritto di voto: ad esempio, il voto per posta, la possibilità di votare in anticipo rispetto alla data delle elezioni, la delega. Si potrebbe anche immaginare di permettere di votare nel luogo dove il cittadino elettore si trova in quel momento: gli strumenti telematici consentono ormai il riconoscimento della qualifica di elettore e la sua legittimità a votare. Se viene considerato ancora come un valore prioritario la partecipazione dei cittadini alle elezioni, ci possono essere innumerevoli soluzioni, anche tecnologiche, tali da migliorare l’attuale situazione.

Altro grande tema sul quale si possono studiare accorgimenti che interverrebbero sull’efficienza del sistema decisionale dei parlamenti nazionali è quello della cosiddetta democrazia deliberativa, già oggetto di numerosi studi a livello mondiale (in lingua italiana è suggeribile per gli interessati il saggio di Antonio Floridia dal titolo “La democrazia deliberativa: teorie, processi e sistemi” [Carrocci, 2013]).

Questo modello punta a coinvolgere maggiormente i cittadini nei processi decisionali, affidando loro più potere, anche in materie ad alto contenuto tecnico. La democrazia deliberativa non significa di per sé un modello che porta alla decisione diretta dei cittadini, bensì ad una modalità che prepara il processo decisionale attraverso il ricorso ad assemblee di cittadini, ai quali sono fornite tutte le informazioni necessarie per una miglior comprensione del problema e delle modalità con le quali può essere capito e affrontato, dei costi e dei benefici, delle conseguenze generali o specifiche.

Un classico esempio dove sarebbe stato più utile ed efficace il modello della democrazia deliberativa è proprio quello della TAV. Il “Se” ed il “Come” costruire la ferrovia per l’alta velocità avrebbe potuto essere benissimo oggetto di una modalità di discussione, di confronto, di valutazione e di eventuale approvazione, seguendo lo schema del preventivo ricorso ad assemblee di cittadini mirate alla loro informazione e formazione sul tema. Secondo Pasquino, “a determinate condizioni, soprattutto l’accuratezza nella costruzione dell’esperimento, la democrazia deliberativa indica che, sì, i cittadini diventeranno meglio informati ed il conseguente processo decisionale sarà più rappresentativo delle loro opinioni, più condiviso, più efficace. Al momento questa è la strada per migliorare la democrazia rappresentativa”.

Riccardo Rossotto

 

Riccardo Rossotto

"Per chi non mi conoscesse, sono un "animale italiano", avvocato, ex giornalista, appassionato di storia e soprattutto curioso del mondo". Riccardo Rossotto è il presidente dell'Editrice L'Incontro srl

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