Questa nuova generazione la conosciamo, o ci illudiamo di conoscerla. Continuamente connessa, legata al giogo dello schermo del telefono, del tablet, del computer. In continuo movimento. Aliena, o comunque lontana dagli schemi della mia generazione di cinquantenni. Lavora diversamente. Da Starbuck’s, per strada, sempre attiva e raramente alla ricerca del rapporto tridimensionale, diretto, umano. È comunque una generazione di successo, e piaccia o non piaccia, costituisce il futuro del nostro mondo. È anche una generazione creativa, in idee e ricchezza, seppur meno forse in valori. È la generazione di WeWork, tipologia di uffici fatti di singole scrivanie e di spazi condivisi, che, comunque, ridendo e scherzando, sta per essere quotata in Borsa ad una valutazione attesa di 47 miliardi di dollari.
WeWork è stata una rivoluzione, ma sta diventando la nuova normalità, con centinaia di location in tutto il mondo (è il più grande proprietario di uffici, per esempio, a Londra, dopo Elisabetta II). Ma la rivoluzione, si sa, rimane attuale solo se si innova e si rinnova.
E l’innovazione, questa volta, parte dalla vecchia Europa. Si tratta del concetto di co-living, perfetto per questa generazione nomadica. Interi palazzi, ristrutturati in alveari di bello stile. Camerette singole (letto, comodino, piccolo armadio), collegate ad una sala comune, bagni, ed una piccola cucina. WiFi, ovviamente, gratuito e veloce. Tante prese elettriche. Tanti altri nomadi con cui trovarsi – anche loro single, senza automobile, senza figli. Contratti di affitto che vanno dai 3 ai 12 mesi perche, si sa, i nomadi si spostano spesso. Come si dice qui: they are always on the move. Tutto combinato online, e gestito tramite una app, compresa l’apertura e chiusura della “tua” stanza.
Il grande promotore di tutto questo si chiama Quarters (Medici Group). Tedesco, ha cominciato da Berlino, per poi aprire a Barcellona, Londra, Parigi, Sao Paulo, Sydney, Shanghai e Tokyo. Approdato recentemente negli USA, ha aperto a New York e Chicago, e sta studiando un espansione a Los Angeles, ed una ancora piu’ massiccia a San Francisco. Perchè, si sa, tutte le strade portano a Roma, ma quasi tutti i nomadi ambiscono ad essere a Silicon Valley.
Cosa vorra’ dire questo nuovo futuro, sradicato, di decine di migliaia di persone in frequente movimento. Più “incontro”? O rapporti più superficiali? Siamo lontani da una risposta ma io, quantomeno, consiglio di continuare ad osservare, capire e soprattutto non giudicare. Se i nomadi crescono in questo stile di vita andremo incontro ad un mondo molto diverso dal mio. Ma non necessariamente peggiore. In bocca al lupo, ragazzi.
Antonio Valla