Formosa è una isola situata nell’Estremo oriente dell’Oceano Pacifico, tra il Mar cinese orientale e quello meridionale, a 120 km dalla Cina occidentale da cui è separata dallo Stretto di Formosa. Lunga 394 km, larga 144, ha una superficie di 36.197 kmq e una popolazione (2020) di 23 milioni. Comprende alcune isole minori costituenti gli arcipelaghi delle Pescadores (Penghu, 90 isolette per 140 kmq), delle Kinmen (Quenmoy, 12 isolette per 157 km quadrati) e delle Matsu (19 isolette per 29 kmq).

Tre municipalità autonome, 6 speciali e 13 contee

Le città più importanti sono la capitale Taipei, Chi-lung, Hua-lien, Kao-hisiung, Chang-hua e Tai-chung. La storia dell’isola è assai complessa. Abitata originariamente da popolazioni di ceppo indonesiano/malese, venne occupata nel XVI secolo dai Portoghesi che le diedero il nome di “Ilha formosa” (Isola bella). Nel 1624 subentrarono gli Olandesi, poi (1626) gli Spagnoli. I Cinesi (Dinastia Qing) occuparono l’isola nel 1662 dandole il nome di Taiwan (isola centrale). Dopo vani tentativi di impadronirsene da parte degli Inglesi (1840, nel corso della prima Guerra dell’oppio), dei Giapponesi (1874) e dei Francesi (1884, Guerra del Tonchino), il Giappone ottenne l’isola nel 1895 al termine della prima guerra sino-giapponese. Una guerra combattuta tra l’Impero cinese Qing e quello giapponese Meji per il controllo della Corea, con la vittoria di quest’ultimo.

Il periodo giapponese

Con il successivo Trattato di Shimonoseki (1895) l’isola (insieme alle isole Penghu, Quenmoy, Matsu e alla Mongolia esterna) venne ceduta dalla Cina al Giappone che vi restò sino al 1945. A seguito della sconfitta (1945) del Giappone nella Seconda guerra mondiale, in base a quanto era stato concordato nella Conferenza “ Sextant” del Cairo (1943) tra U.S.A. (Roosevelt), Gran Bretagna (Churchill) e Cina (Chiang Kai-shek), l’isola venne restituita dal Giappone alla Cina con il Trattato di San Francisco (1954). All’epoca, in Cina vigeva dal 1928 un Governo nazionalista retto dal generale Ciang Kai-shek come Presidente della Repubblica di Cina (RDC) e del Partito nazionalista Kuomintang (KMT) , con capitale Nanchino.

La guerra civile

La RDC era stata fondata nel 1912 da Sun Yat-sen, capo della rivoluzione Kinhai che aveva portato alla caduta dell’ultimo Imperatore Pu-Yi. Alla morte di Sun Yat-sen (1925) a capo della RDC e del KMT era succeduto Chiang Kai-shek. Dal 1930 era in corso, nel Paese, una guerra civile che vedeva contrapposti il Partito KMT del Presidente Chiang Kai-shek e il Partito comunista cinese (PCC, fondato nel 1921 a Shanghai) retto da Chen-Duxiu, Zou – Enlai e Mao Tse-tung. Allorché, dopo una lunga serie di campagne militari, i comunisti sconfissero i governativi del KMT, Chiang Kai-shek abbandonò con il suo Governo il continente e la capitale Nanchino. Con ingenti capitali, attrezzature militari e documenti di Stato si rifugiò sull’isola di Taiwan nella capitale Taipei. Qui il 7/2/1949 stabilì la sede del Governo della RDC (la cui capitale restava Nanchino ) rivendicando la giurisdizione su tutta la Cina continentale.

La svolta del 1971

Il 1/10/1949 Mao Tse -Tung, Capo del PCC, proclamò, sul continente, la nascita della Repubblica Popolare Cinese (RPC) come legittima succeditrice della RDC del 1912 con capitale Pechino. In questo proclama veniva compresa nella neonata Repubblica anche l’isola di Taiwan come “provincia separata”. Sino al 1970 l’O.N.U. – su pressione degli U.S.A. – mantenne alla RDC di Chiang kai-shek il seggio che, nel suo Consiglio di Sicurezza, era destinato alla Cina, rifiutando di riconoscere la RPC come rappresentante dello Stato cinese. Nel 1971 una mozione albanese chiese all’Assemblea dell’O.N.U. la sostituzione, nel Consiglio di Sicurezza, della RDC con rappresentanti della RPC. La mozione fu accolta con una maggioranza di 76 voti contro 35 e pertanto il seggio riservato alla Cina passò, da quella data, alla RPC.

Nel 2016 è la volta della giurista Tsai Ing-wen

Gli U.S.A. che, sino ad allora, avevano supportato la RDC nel Consiglio, smisero di sostenerla. Chiang Kai-shek continuò tuttavia a definire la RDC come unica legittima rappresentante dello Stato cinese sino alla sua morte avvenuta nel 1975. Alla Presidenza della RDC e del KMT a Taiwan gli succedettero Jang Jnguo, nel 1988 Li Dengui, nel 2000 Chen Sui- bian (confermato nel 2004), e Ma Ying-jeou nel 2008, confermato nel 2012. Nel 2016 venne eletta alla Presidenza della RDC per la prima volta una donna, la giurista Tsai Ing-wen, appartenente al Partito Progressista Democratico (PDD) riconfermata nel 2020. Essa pose fine alla egemonia politica del KMT che durava, sia pur con varie vicende, sin dal 1912 (Sun Yat-sen). Il KMT rimase tuttavia presente sino ad oggi nella politica taiwanese sotto la guida di Chiang Chi Chen.

Riconosciuta da 13 Stati e dalla Santa Sede

Nel dicembre 2021 la RDC di Taiwan venne riconosciuta da 13 Stati sovrani del mondo e dalla Santa Sede. Nel corso di tutti questi anni vari tentativi furono esperiti dai rispettivi Governi per giungere alla riunificazione dell’isola di Taiwan con la RPC. Il più importante fu quello che ebbe luogo a Singapore nel 2015 tra il Presidente della RPC Xi Jin Pin e quello della RDC Ma Ying-jeou ma nessuno sortì l’esito auspicato. Tali tentativi vennero sospesi nel 2021 anche a causa della più recente politica messa in atto dalla RPC nei confronti dell’altra sua regione ad “amministrazione speciale” di Hong Kong, territorio nel sud-est della Cina.

Qui  vigeva un accordo, stipulato nel 2017 tra Cina e Gran Bretagna, in base al quale il territorio (che comprende la penisola di Kowloon e il territorio retrostante e che era stato occupato dal 1841 dalla Gran Bretagna) avrebbe dovuto essere riconsegnato dopo 50 anni alla Cina (cioè nel 2047). Nel 2021 però il Governo della RPC aveva iniziato a Hong Kong a mettere in atto misure politico-amministrative per addivenire al controllo totale del territorio prima della scadenza dell’accordo.

Nancy Pelosi e le “violazioni della sovranità della Cina”

Tali misure avevano messo in allarme, a Taipei, il Governo della RDC, che temeva che quanto iniziato a Hong Kong potesse essere il prodromo di una analoga manovra intesa all’annessione definitiva alla RPC anche dell’isola di Taiwan. Ad acuire lo stato di tensione che si era venuto a creare tra la queste due Repubbliche intervennero anche i viaggi effettuati a Taipei il 2 agosto 2022 dalla “speaker” della Camera dei Rappresentanti U.S.A. Nancy Pelosi e da altri esponenti della stessa Amministrazione il 6 agosto.

Questi viaggi indussero il Governo della RPC a dichiararli “gravi violazioni della sovranità e dell’integrità territoriale della Cina” essenzialmente in quanto non preventivamente concordati con il Governo di Pechino. Conseguentemente la RPC iniziò a rinforzare url proprio contingente militare aeronavale nello Stretto di Formosa. In questa situazione gli accordi per una pacifica riunificazione dell’isola alla RPC hanno subito un brusco arresto, anche se non sono stati ufficialmente interrotti.

Formalmente appartiene alla Cina…

Per la soluzione della questione geopolitica riguardante l’isola di Taiwan, occorrerà rifarsi alla sua attuale effettiva posizione formale. Ricordiamo quindi che l’isola (e quelle minori formanti il suo arcipelago) appartiene “de jure” alla RPC (capitale Pechino, Presidente Xi JinPin), unica rappresentante dello Stato cinese presso l’Assemblea dell’O.N.U. che ritiene l’isola di Taiwan una sua “regione separata”. A Taiwan esiste “de facto” la RDC (capitale Nanchino/Taipei, Presidente Tsai Ing wen), dichiaratasi indipendente dal 1971, non riconosciuta dall’O.N.U..

Gustavo Ottolenghi

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