Lo scorso anno uscì un libro di Valentina Rita Scotti, docente alla European Public Law Organization (EPLO) in Grecia, dal titolo “La Turchia di Erdoğan”, edito da Il Mulino. Il libro ripercorre le tappe del paese anatolico dalla caduta dell’impero ottomano e la fondazione, esattamente cent’anni fa, da parte di Mustafa Kemal Atatürk, della Repubblica di Turchia a oggi, con un’ampia analisi, mirata a raccontare l’avvento di Recep Tayyp Erdoğan.

Istanbul crocevia del mondo

Il libro della Scotti, che ha il passo del saggio di una studiosa, può fare il paio ora, in magnifica integrazione, con un altro libro, da poche settimane in libreria, edito da Marsilio e dal taglio invece giornalistico. Si tratta de “La marcia turca – Istanbul crocevia del mondo” di Marco Ansaldo, già inviato speciale di “La Repubblica”, attualmente consigliere scientifico di “Limes” da Istanbul e con altri ruoli e incarichi altrove, oltre che autore di altri tre libri dedicati alla Turchia. In un certo senso, possiamo dire che il libro di Ansaldo riprende là dove il libro della Scotti, per ragione di tempi, non poteva ancora arrivare, ovvero al ruolo assunto dalla Turchia di Erdoğan in seguito alla guerra russo-ucraina. Un ruolo di mediatore tra le parti in conflitto, grazie al quale, per ragioni politico-diplomatiche, vengono messi, se non a tacere, a minor volume, le critiche di autoritarismo, con quel che ne consegue, alla presidenza Erdoğan.

Erdoğan “si presenta agli elettori con una promessa simile e, come Atatürk, plasma nuovamente il paese”

C’è un aspetto che entrambi i libri sottolineano, riguardante la tendenza del popolo turco a portare consenso a quei personaggi forti, in grado, con la loro azione politica, di restituire alla Turchia il mito della propria grandeur, originato dal passato imperiale della stessa. E questo, come scrive la Scotti, il motivo per cui “a prescindere dalle ragioni che ciascuno ritiene valide per spiegare la fine della gloria passata, la popolazione si mostra incline a concedere la propria fiducia a quei politici che promettono di rendere nuovamente grande il paese”. Fu questo il motivo del grande consenso ad Atatürk, il quale seppe portare la Turchia, seppur “umiliata dal contenuto ma anche dalle modalità negoziali del Trattato di Sèvres, a sedere da pari al tavolo delle potenze mondiali”, sostenendo una politica di europeizzazione e modernizzazione del paese, e parallelamente una politica di “pace in patria, pace nel mondo”. Ottant’anni dopo, Erdoğan “si presenta agli elettori con una promessa simile e, come Atatürk, plasma nuovamente il paese”.

Il testo è strettamente legato alla cronaca

Marco Ansaldo, il cui testo è più legato alla cronaca rispetto a quello della Scotti, racconta molto bene i grandi progetti, seppur talvolta contestati, messi in campo da Erdoĝan, sia sul piano urbanistico e infrastrutturale, per quanto riguarda Istanbul e non solo, sia sul piano della politica internazionale. In questo ultimo caso facendo sentire la propria influenza politica, economica e militare in aree in particolare del Mediterraneo, del Medioriente e dell’Africa settentrionale e centrale, per non parlare dei Balcani e del Caucaso, tanto da diventare, quella di Erdoğan una figura determinante e imprescindibile. Nessun altro al pari di lui in Turchia.

I concorrenti di Erdoĝan

Infatti, “cosa rappresentano per l’estero le figure più note dell’opposizione come il sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoğlu, la leader del Buon partito, Meral Akşener, il presidente del CHP, il Partito repubblicano, Kemal Kiliçdaroğlu, quest’ultimo il ‘Gandhi turco’ scelto solo la prima settimana di marzo 2023 come sfidante di Erdoğan, e considerato dal proprio schieramento già dieci anni fa come vecchio e perdente? Quale affidabilità hanno? Quali garanzie danno?”, si chiede Ansaldo.

Il colpo di stato del 2016 non si dimentica

E ciò vale anche per la maggioranza del popolo turco, come le elezioni dello scorso maggio hanno poi rilevato, anche se al ballottaggio Erdoĝan se l’è cavata di misura. Del resto, anche la sua figura, a leggere la biografia che Marco Ansaldo traccia della sua vita, testimonia aspirazioni, capacità e volontà di ferro nel perseguire le sue idee, pur senza tacere gli indubbi limiti dell’azione politica sul piano dei diritti civili e delle regole democratiche, con una repressione del dissenso accentuata dopo il tentativo del colpo di stato ai suoi danni nell’agosto del 2016.

Tayyp bey scrive Ansaldo “ha conosciuto molte fasi prima di diventare nella sua ultima incarnazione, un leader globale. Tante stagioni diverse. E l’infanzia, trascorsa nel quartiere povero di Kasimpaşa, a Istanbul, lo ha sicuramente formato, nelle difficoltà incontrate e nella capacità di superarle, salendo gradino dopo gradino nella scala sociale, fino al podio più alto, in un’ascesa stupefacente e, diciamolo, meritata per impegno e visione”.

Diego Zandel

Marco Ansaldo, La marcia turca – Istanbul crocevia del mondo, Marsilio, pag. 166, €. 18,00

 

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