Parole, parole, parole
W. Shakespeare, Amleto

Per tutto il trentennio d’oro ‘50-’80, in cui l’economia cresceva e il mondo cercava di curarsi le ferite della guerra, la società civile ha rappresentato il crogiolo dell’innovazione culturale, sociale e dei diritti, il luogo del cambiamento e dell’evoluzione. Sono stati gli anni in cui sono cambiati i rapporti tra le generazioni e tra i sessi, la libertà individuale è diventata, almeno in occidente, un valore non più negoziabile e ci si è liberati da vincoli patriarcali e da una morale sessuale repressiva. La liberazione delle donne, le lotte sindacali, i movimenti giovanili hanno ridisegnato un nuovo mondo a colori, molto diverso dal mondo chiuso e in bianco e nero del periodo fascista che ci lasciavamo alle spalle: era “l’immaginazione al potere”.

Lo sviluppo tecnologico ha liberato tempo

L’azienda, nei confronti di questa ondata di cambiamento, che interessava la moda, la musica, i rapporti sociali, la cultura, stava sulla difensiva, chiusa nella difesa dei suoi privilegi da inizio secolo, il più delle volte attaccata, magari con meccanismi primo-novecenteschi, come depositaria della conservazione; chi non ricorda slogan quali “Agnelli Pirelli ladri gemelli “. Eppure, proprio in quegli anni l’azienda stava facendo un enorme sforzo di innovazione di prodotto, che avrebbe modificato la vita di milioni di persone. Lavatrici, lavastoviglie, tv, automobili e in generale lo sviluppo tecnologico, liberavano tempo, rendendo soprattutto le donne libere dalla schiavitù della casa e aprendo lo spazio ad una grande stagione di ridisegno del diritto di famiglia (divorzio, aborto , abolizione del delitto d’onore ..) e in generale dei diritti sociali.

La società civile è impaurita

E oggi? Finiti gli anni dell’illusione di uno sviluppo infinito, la società civile si è rinchiusa in sé stessa, impaurita dalla crisi economica, dalla globalizzazione e da una nuova tecnologia, quella digitale, che non capisce e non domina. Lo sguardo è rivolto ad una “utopia del passato” e ormai da lì non viene più alcuna spinta propulsiva.
Eppure proprio quei fenomeni culturali degli anni 60, che sostituivano una società verticistica con una società orizzontale, hanno costituito il brodo per trasformare una tecnologia militare (internet) nella più grande rivoluzione degli ultimi 400 anni. Distesi sui prati del campus di Berkeley o sulle spiagge di Sausalito i figli dei fiori costruivano l’humus culturale da cui sarebbero nati Windows, gli smartphone, i tablet, Google, i pagamenti digitali, Amazon, l’Artficial Intelligence, ma soprattutto un nuovo modo di essere Azienda.

Le tante strade dell’evoluzione aziendale

Se oggi entrate in un azienda, non troverete più ambienti sporchi di grasso e insicuri ma sentirete parlare di sostenibilità ambientale, sostenibilità sociale, parità di genere, comunità, remote working, ridisegno degli spazi, narrazione, Heritage … Temi e “Parole “nuove, inesistenti nel passato nel vocabolario d’impresa, forse con la sola lodevole eccezione di Alessandro Olivetti. E cosi mentre le scuole italiane ancora non riescono ad superare cattedre e banchi (ricordate le polemiche sui banchi a rotelle) le aziende sostituiscono le scrivanie e i banconi con divanetti e aree relax e le estranianti mense, con le casalinghe e gradevoli cucine. Si dotano di palestre, inseriscono il verde negli uffici e cercano di creare ambienti gradevoli ed attritativi , sviluppano politiche sociali nei confronti delle comunità e si impegnano concretamente nelle politiche di parità di genere e sostenibilità ambientale .

E’ tempo di responsabilità

Un cambiamento di paradigma, che è la più grossa rivoluzione per cui sarà ricordato questo inizio di secolo come “il tempo della responsabilità aziendale”. Mentre a presidiare la riva del conservatorismo è rimasta la società civile. L’imprenditore si è tolto la tuba, magari passandola a Cipputi, ed ha indossato un più gradevole maglioncino (Marchionne docet). Oggi l’azienda è “al e il” centro di profondi cambiamenti. La rivoluzione tecnologica ha enfatizzato la rivoluzione copernicana che negli ultimi decenni aveva messo al centro il consumatore. Il cambiamento di sensibilità del cliente ha determinato la sostituzione del vecchio patto consumatore-brand, tutto basato sul prodotto, con uno nuovo, dove entrano in gioco i valori in cui la marca crede e l’universo delle persone che compongono la filiera, l’ambiente, le istituzioni, i territori e la società.

Cavalcare la terza fase della rivoluzione digitale

L’economia richiede sempre meno beni, libera tempo e vuole creatività.
Siamo nel pieno della terza fase della rivoluzione digitale, dopo internet e dopo i social, che hanno caratterizzato gli ultimi decenni. Le aziende fanno i conti con l’intelligenza artificiale e il metaverso, un nuovo ambiente in cui si trovano a operare non solo con le loro proposte ma anche con le opportunità offerte dall’economia della creatività. Un’onda digitale si è abbattuta ovunque. L’esplosione della potenza dei dati e delle capacità di modellizzazione ed estrazione di intelligenza, rappresentano la nuova sfera in cui opera l’azienda e il Marketing in particolare.

Immersi nella Datasfera

Di fatto viviamo in un’inedita Datasfera, l’ambiente in cui tutto è un numero che può essere processato, analizzato ed interpretato e può dare luogo ad azioni mirate che permettono di dialogare in modo granulare con il singolo individuo. Uno scenario fluido caratterizzato di profondi e continui cambiamenti che impongono un reengineering della Value Chain e che rappresenta una sfida per i managers .
Queste sono le considerazioni che costituiscono il fulcro delle “Le Nuove Parole del Marketing”, un’opera che serve per orientarsi nei nuovi territori del mondo di fare impresa.

Le chiavi di accesso ai nuovi paradigmi

Le Nuove Parole del Marketing, composta da 50 voci più un Saggio introduttivo, è un’opera che fa il punto, grazie al contributo di 51 autori tra managers, accademici e professionisti, dei cambiamenti intervenuti nei processi aziendali. Le “Parole” sono la chiava di accesso ai nuovi concetti e ai nuovi paradigmi. Un “dizionario” delle nuove voci del marketing, per studenti e professionisti, alcune recenti, figlie della rivoluzione digitale, altre frutto di nuovi concetti e nuove sensibilità, altre ancora storiche ma con contenuti nuovi. Per definire le fasi del cambiamento abbiamo bisogno di “Nove Parole “o di parole vecchie che si arricchiscono di un nuovo senso, dobbiamo fondare linguaggi, perché solo le parole e la cultura possono saldare la memoria con il futuro e dare una prospettiva all’agire umano.

La battaglia che le aziende stanno facendo per un modo migliore è una battaglia gramsciana di egemonia culturale, consci che solo una comunità possa decidere quali parole accettare e quali respingere. Nell’opera si parla di “Sostenibilità Ambientale “, “Parità di Genere”, “ You Only Live Once”, “Marketing Human to Human”, “ Brand Activism”, “Creatività”, “Customer Centrcity”, “Economia della conoscenza”, “Generazioni “, “Gamification”, “Leadership Gentile”, ”Risorse Umane”, “Socialing”, ”Privicy”, parole che indicano il nuovo orizzonte di senso in cui oggi si muovono le aziende. Chissà che la cultura di impresa, abbandonando il piccolo cabotaggio, non si possa trasformare nel più potente fattore di affermazione dei diritti, sostituendosi ad una politica senza coraggio ed una società civile in ritirata.

Domenico Ioppolo

 

Domenico Ioppolo

Domenico Ioppolo è amministratore delegato di Campus (Gruppo Class) e direttore scientifico del Milano Marketing Festival. È stato Managing Director Emea di Nielsen Media, Ad di WMC, Initiave Media e...

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