Nel corso della guerra del Pacifico che si svolse durante la Seconda guerra mondiale tra Stati Uniti e Giappone, una certa rilevanza ebbe anche il conflitto tra Giappone e Cina, iniziato ufficialmente il 10.12.1941 con la entrata in guerra di quest’ultima a fianco degli Stati Uniti dopo che questi avevano dichiarato guerra al Giappone a seguito del proditorio attacco degli aerei del Sol Levante alla flotta americana a Pearl Harbor (7.12.1941). La Cina aveva colto al balzo l’opportunità di volgere a suo favore -con questa alleanza – le sorti di una guerra che, pur non ufficialmente dichiarata si trascinava con i1 Giappone dal 1937, nota come “Seconda guerra sino-giapponese”, originata dall’obbiettivo che il Giappone aveva sempre avuto di conquistarsi uno spazio sulla terraferma del continente asiatico. In quest’ottica occorre ricordare che un contenzioso fra queste due Nazioni era già iniziato alla fine del 1800 per il possesso della penisola coreana – sino ad allora tributaria alla Cina – sfociato in quella che fu chiamata la “Prima guerra sino-giapponese” (1894/’95).

Questa era scoppiata il 1° agosto 1894 allorché il Giappone aveva costretto la Corea, con ricatti e pressioni commerciali, a interrompere i suoi rapporti con la Cina. I cinesi erano scesi in campo a difesa dei propri interessi, ma furono sconfitti nella battaglia navale del fiume Yalu (17.9.1894) e costretti l’anno dopo, con il Trattato di Shimonoseki (17.4.1895), a rinunciare al vassallag­gio sulla Corea e a cedere al Giappone la penisola di Liaodong nel nord est cinese. Nello stesso aprile però, a seguito di pressioni internazionali da parte della Russia, della Francia e della Germania, il Giappone restituì alla Cina la penisola ottenendo in cambio le isole di Taiwan e di Penghu. Successivamente, nel 1911, la Rivoluzione Xirihai portò in Cina la fine delle epoche imperiali e l’avvento della Repubblica sotto la Presidenza di Sun Yat-sen e quindi (1925) di Chang Kai-shek, a capo di un Governo nazionalista (Kuominyang) che, all’inizio, fu sostenuto anche dal Partito comunista. La rottura tra questi due Partiti avvenne nel 1935 con l’avvento a capo del Partito comunista di Mao Zedong, ma essi furono co­stretti a riunirsi temporaneamente nel 1937 nel “Fronte unito nazionalista” per fronteggiare l’attacco giapponese nella seconda guerra col Giappone. Questa peraltro era già praticamente iniziata nel 1931a seguito dello “Incidente di Mukden” compiuto dall’esercito giapponese nella Cina meridionale contro una loro stessa ferrovia, accusando del fatto i cinesi e invadendo militarmente, per ritorsione, la Provincia cinese della Manciuria, istaurandovi, nel 1932, uno Stato fantoccio, il Manciukuò, praticamente alle. dipendenze di Tokio, con Imperatore Kang De. I cinesi inizialmente reagirono con azioni di guerriglia contro quello Stato sino a che un nuovo “incidente” non accadde nel luglio 1937 quando le truppe del Sol Levante attaccarono proditoriamente un contingente cinese nei pressi di Pechino, al Ponte di Marco Polo, sul fiume Yono-ding in territorio cinese, con l’intento di avanzare in terraferma. con la reazione delle truppe cinesi ebbe inizio la Seconda guerra sino-giapponese che vide una serie di vittorie delle truppe del Tenno che occuparono via via le città cinesi di Pechino, Wuhan, Shanghai, Hangzou e Canton; tra il dicembre 1937 e il gennaio 1938 venne perpetrato dai giapponesi un orrendo· massacro nella capitale Nanchino nel corso del quale furono massacrati oltre 300.000 civili (“stupro di Nanchino”). Per quattro anni la Cina (con il solo appoggio di consiglieri militari tedeschi) combatté da sola una impari lotta (peraltro non ufficialmente dichiarata) contro i giapponesi ma, nel dicembre 1941, la guerra con­ tro l’Impero del Sol Levante fu formalmente annunciata a seguito della alleanza avvenuta con gli Stati Uniti (successivamente, l’8 agosto 1945 anche la Russia dichiarò guerra al Giappone, alleandosi alla Cina).

La Seconda guerra sino-giapponese terminò nel settembre 1945 con la fine della Seconda Guerra mondiale e la sconfitta del Giappone che fu costretto a restituire alla Cina la Manciuria (con la scomparsa del Regno del Manciukuò) e le isole di Taiwan e Penghu. L’intervento degli Stati Uniti in questo conflitto si era concretizzato in un primo momento in forniture non ufficiali di materiali, armamenti, uomini e servizi ausiliari e addestrativi per l’esercito di Chang Kai-shek, nominato comandante in capo del Fronte unito nazionalista, senza peraltro alcuna presa di posizione ufficiale da parte del Governo di Washington.

La nascita delle Tigri Volanti

Ed è nel contesto di questa collaborazione che si realizzò il progetto delle “Tigri volanti” (Flying Tigers gruppo di aerei e piloti statunitensi che, tra il dicembre 1941 e il luglio 1942, operarono a fianco delle forze cinesi in Birmania, Thailandia, Cina e Manciuria contro i giapponesi. La creazione di un tale gruppo (First American Group Volunteer – A.G.V .) era stata indirettamente caldeggiata dal Presidente Franklin Delano Roosevelt che aveva accolto le richieste di aiuto inviategli nel 1940 dal Presidente cinese Chang Kai-shek in quel momento in grosse difficoltà nel conflitto col Sol Levante. Poiché però, al momento, gli Stati Uniti non erano in guerra con il Giappone, l’aiuto ai cinesi doveva avvenire indirettamente, e pertanto il gruppo fu formato con personale che aveva volontariamente lasciato il proprio impiego – nelle Forze armate ed era andato a costituire un gruppo autonomo. Esso comprendeva 100 piloti provenienti dalla Aereonautica, dalla Marina e dal Corpo di Marines statunitensi, che vennero posti al comando del colonnello Claire Lee Chennault, istruttore di piloti da caccia dell’US. Air Forces (poi divenuto generale) e 200 tecnici di supporto, parimenti volontari, provenienti dal “Technical Training” della Aeronautica militare. Il Governo cinese, nella ·primavera del 1941, provvide all’acquisto di 100 aerei da caccia dalla C.A.M.Co (Central Aircraft Manufacturing Company), rappresentante a Hangchow della ditta americana Curtiss Wright, costruttrice di aerei) con denaro avuto in prestito dal Governo statunitense e li fece trasportare, smontati, da li Sta ti Uniti in Birmania ( allora dominio inglese) all’aeroporto di Migaladon a nord della capitale Rangoon e quivi gli aerei – sotto la direzione del colonnello Chennault – vennero ri assemblati e dotati di nuovi motori e armamenti. Questi aerei erano del tipo P 40 Curtiss “Warhawk” monoplani, monoposti, monomotori con una velocità pari a 580 km/ora e una quota massima di 8.000 metri, con un armamento di 4 mitragliatrici 7 mm sulle ali e 2 mitragliere 12,7 mm sulla fusoliera. Vennero suddivisi in tre Squadriglie (“Adams and Eve” , “Panda Bears” e “Hell’s Angel”) ciascuno formato da 12 /24 aerei c he andarono a sostituire nell’Aereonautica militare cinese nazionalista i vecchi aerei “Polikarpov J 16” di costruzione russa, monoplani ala bassa , monomotori, monoposti le cui prestazioni erano nettamente inferiori a quelle dei P40B Curtiss (velocità massima 460km/ora, quota massima 5.800 m, 4 mitragliatrici 7,62 mm sulle ali) forniti ai cinesi nel 1935 e ritirati nell’ottobre 1940. I Curtiss dovettero confrontarsi con i nipponici Ki 27 “Nate” Nakajima,i K 48 “Lily” Kawasaki e soprattutto con i temibilissmi A 6 ‘Zero” Mitsubishi, fornitii 2 cannoncini da 20 mm e 2 mitragliatrici 7,7 mm sulle ali, in grado raggiungere 10.300 m di quota e una velocità di 593 km/ora (nel primo scontro aereo 13 “Zero” avevano abbattuto senza perdite 27 Polikarpov J 16). I Curtiss inviati in Cina portavano sulle ali e sulla fusoliera l’insegna della Aereonautica militare cinese, rappresentata da una coccarda blu con all’interno un sole bianco con 11 raggi e da una tigre rampante (ideata da un disegnatore della Walt Disney Company in California (di qui il nome di “Tigri Volanti”). Ma la loro caratteristica peculiare era una grossa bocca di squalo aperta e dentata disegnata sul muso, che era stata ripresa dai Curtiss “Tomahawk” P 40 del 112° Squadrone della Royal Air Force che aveva operato 1n Tunisia nell’aprile 1939.

Le basi delle “Tigri Volanti” dalle prime in Birmania a Migaladon e a Magwe, sotto la pressione delle truppe nipponiche furono spostate in Cina dapprima a Loiwing, poi a Baoshan, a Kunming e infine a Zhjiang. Nel corso dei 6 mesi della loro attività bellica le “Tigri” furono impegnate dapprima in Birmania a difesa di Rangoon, dello aeroporto di Magwe e soprattutto della “Burma Road ” (che era la più importante e fondamentale via di comunicazione tra la Cina e la Birmania) e successivamente, a seguito dell’avanzata giapponese, in Cina a difesa delle città di Guilin, Chungking, Hengyang e Zhjiang: in queste operazioni abbatterono 297 aerei cinesi contro una perdita di 90 propri non tanto per ma superiorità tecnica degli aerei statunitensi rispetto a quelli nipponici (gli ” Z e o” erano superiori ai Curtiss P 40B) quanto per la maggior abilità dei piloti statunitensi rispetto a quelli giapponesi. L’ A. G.V. venne sciolto il 4 luglio 1942 poiché l’entrata in guerra ufficiale degli Stati Uniti contro il Giappone aveva reso superfluo l’impiego di contingenti volontari e venne sostituito con 150 aerei Curtiss P 51 “Mustang” del 23° Fighter Group dell’ Aviazione degli Stati Uniti. 14 furono i piloti delle “Tigri” che caddero in combattimento; 33 i decorati nel 1950 dal Governo della Repubblica cinese con la Medaglia della Liberazione; e 2 ottennero la prestigiosa Medal of Honor dagli Stati Uniti; altri assursero in seguito ad alti gradi dell’Aviazione militare statunitense e nella società civile, due dei quali furono anche eletti alla Corte Suprema a Washington. Le gesta delle “Tigri” sono ricordate nel Museo Nazionale dell’Aereonautica cinese di Zhjiang, davanti al cui ingresso si trova anche un Curtiss P 40B dell’epoca e ove ogni 5 anni viene celebrata la ‘Festa culturale della Pace internazionale; nel Museo Nazionale dell’Aviazione statunitense a Daytona (Ohio), in quello dell’Aviazione navale statunitense a Pensacola (Florida), nel Museo Chennault a Monroe (Louisiana), nell’ Air Museum a Palm Srings (California) e nella Base dell’Aviazione militare statunitense a Vandenberg (California), attuale poligono di lancio di missili e satelliti.

Gustavo Ottolenghi

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