Novembre 1942, Stalingrado dopo il primo mese di attacchi tedeschi

Secondo numerosi studiosi la 2^ Guerra Mondiale, le sue sorti furono decise da tre battaglie, due terrestri (Stalingrado e Normandia) e una navale (Midway).

La prima, che rappresentò il punto decisivo della sconfitta del III Reich sul fronte orientale, durò dal 24 agosto 1942 al 2 febbraio 1943 e si combatté in territorio russo, nella città di Stalingrado (oggi Volvograd), fra le truppe tedesche dei generali Hermann Roth (4^ Armata corazzata, 80.000 uomini) e Frederich von Paulus (6^ Armata, 250.000 uomini)del Gruppo Armate B al comando del Feldemaresciallo Erich von Manstein, e quelle russe dei generali Vassily Ivanovich Chiukov (62^ Armata, 350.000 uomini) e Konstantin Rokossowskij (65^ Armata, 220.000 uomini) del Gruppo Armate del Fronte Stalingrado, al comando del generalre Andreij Ivanovich Eremenko, che dipendevano dal comandante in capo del Fronte del Don, generale Geordgij Konstantinovich Zukov. La battaglia si concluse con la resa della 6^ Armata tedesca che perse 160.000 uomini, 1.100 carri armati e circa 600 aerei, a fronte di 478.000 uomini, 3.000 carri armati e 700 aerei dell’Armata rossa, oltre a migliaia di uomini e mezzi catturati da entrambe le parti.

La seconda, che segnò l’inizio del crollo tedesco sul fronte occidentale, ebbe inizio il 6 giugno 1944 (“D-Day”, “Operazione Neptune”) con lo sbarco di truppe alleate inglesi, statunitensi, canadesi, polacche e francesi “libere” in vari punti della costa della Normandia e fu la più grande operazione anfibia della Storia. La battaglia si accese contro le truppe tedesche di occupazione (50.000 uomini) al comando dei generali Frederich Dollman (7^ armata, 15.000 uomini) ed Erwin Rommel (Gruppo Armate B, 35.000 uomini) sotto la guida del comandante supremo del Fronte occidentale, generale Gerd von Rundstet. Vide impegnati 160.000 uomini, al comando dei generali Omar Bradley (1^ Armata USA, 85.000 uomini), Miles Dempsey (2^ Armata britannica, 75.000 uomini) e del maresciallo Bernard Montgomery, sotto il comando supremo del generale Dwight Eisenhower.

Lo scontro sulla costa durò cinque giorni con la vittoria degli Alleati che riuscirono a costituire e consolidare una testa di ponte sul suolo francese, che avrebbe permesso il prosieguo dell’Operazione Overlord, cioè l’invasione dell’Europa. Sulle spiagge dello sbarco, in quei giorni caddero 10.000 alleati e 8.000 tedeschi.

La terza, in base a libri, film, interviste, racconti e analisi, fu quella combattuta nelle acque dell’atollo di Midway, nell’arcipelago delle Filippine, risultata decisiva per la fine del conflitto tra Stati Uniti e Giappone sul mare. Ciò non corrisponde alla realtà in quanto la flotta nipponica non venne annientata a Midway, bensì nella successiva battaglia combattuta nel golfo di Leyte, isola dell’arcipelago filippino, nel corso della quale si verificò il vero tracollo della Marina del Sol Levante.

A MIDWAY si affrontarono, il 7 giugno 1942, 74 navi degli Stati Uniti al comando degli ammiragli Chester Nimitz (comandante in capo), Frank Fletcher e Raymond Spruance; e 136 navi giapponesi al comando degli ammiragli Chuici Nagumo e Isoruko Yamamoto (comandante in capo della flotta giapponese).

Il Rapporto di forze era, per numero e tipo di naviglio, nettamente favorevole (oltre 4 a 1) ai giapponesi, ma nonostante la loro grande inferiorità gli americani riportarono una clamorosa vittoria, affondando quattro portaerei di squadra e un incrociatore pesante nipponici, e perdendo una sola portaerei di squadra. Questa vittoria non fu decisiva, in quanto ai giapponesi restavano ancora in linea 12 portaerei di squadra, 5 portaerei leggere, 10 corazzate, 55 incrociatori pesanti, 20 leggeri e 85 cacciatorpediniere, che costituivano una forza temibilissima.

The New York Times del 26 ottobre 1944

A LEYETE si scontrarono il 26 ottobre 1944 244 navi degli Stati Uniti, al comando degli ammiragli Thomas Kindaid, Jesse Olendorf e Clifton Sprague, sotto la guida del Comandante in capo Chester Nimitz, con 105 navi giapponesi, al comando degli ammiragli Takeo Kurita, Shoji Nishimura, Kijonida Shima e Isaburo Osawa, sotto il controllo del Comandante della flotta Isoroku Yamamoto.

Questa battaglia durò tre giorni in un rapporto di forze tra americani e giapponesi del tutto invertito rispetto a quanto avvenuto a Midway, con una superiorità americana di 4 a 1. Al termine di quattro scontri, la flotta giapponese risultò aver perduto tutte le quattro portaerei, tre corazzate, sei incrociatori pesanti e nove cacciatorpediniere, oltre a naviglio minore, e aver riportato gravi danni su tre corazzate, che le misero fuori uso per alcuni mesi. Irrisorie, furono, a confronto, le perdite americane, rappresentate da una portaerei leggera, due piccole portaerei di scorta e tre cacciatorpediniere, senza altri gravi danni al loro naviglio.

Questi dati confermano che la battaglia del golfo di Leyte sia stata assai più disastrosa per i giapponesi rispetto a quella delle isole Midway ed anche la più imponente della storia navale.

Le due battaglie di Midway e di Leyte segnarono la fine della Potenza navale del Giappone nel Pacifico e, contemporaneamente, delle grosse corazzate.

Alla battaglia di Leyte, considerata la più decisiva, la marina americana (US Navy) ha dedicato, nel 1949, la nuova portaerei “Leyte” (CV 32) e l’incrociatore lanciamissili “Leyte Gulf” (CG 55) nel 1985. A ricordo della battaglia di Midway venne dedicata (1945) la portaerei “Mydway”.

Gustavo Ottolenghi

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