Sull’eccidio di Panicale (Perugia) del pomeriggio di giovedì 15 luglio 1920, avvenuto nel corso di una manifestazione per chiedere il rinnovo del patto colonico, che comportò la morte, per opera dei Carabinieri della locale Stazione, di 6 contadini (compresa una donna) ed il ferimento di altri 14, furono presentate alla Camera interrogazioni dagli onorevoli Mario Cingolani (Partito Popolare) e Francesco Ciccotti-Scozzese (Partito Socialista), il quale era stato testimone del tragico fatto, dovendo parlare al comizio che era stato organizzato per quel giorno.

Nella seduta della Camera dei Deputati di lunedì pomeriggio 19 luglio, con la presidenza del Vice Presidente onorevole Squitti, l’onorevole Ciccotti-Scozzese ricorda che nella seduta di sabato 17 luglio l’onorevole Cingolani aveva chiesto al Governo di poter svolgere la sua interrogazione al Presidente del Consiglio e Ministro dell’Interno, onorevole Giovanni Giolitti ( in carica da appena un mese), sull’eccidio di Panicale e che il Governo non aveva potuto rispondere perché non aveva ancora ricevuto la relazione del Prefetto di Perugia su quel tragico fatto. Ciccotti chiede quindi al Governo se può finalmente rispondere, nella seduta odierna, alla interrogazione di Cingolani e a quella presentata da lui, sempre al Presidente del Consiglio e Ministro dell’Interno, su quei tragici fatti. Al riguardo l’onorevole Corradini, Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Interno dichiara che il Governo è pronto a riferire nella seduta odierna. Però, questo non fu possibile per il prolungarsi dei lavori parlamentari e quindi la risposta alla due interrogazioni fu rinviata alla seduta della Camera del giorno seguente. Così, nella seduta della Camera di martedì 20 luglio, con la presidenza del Presidente, onorevole Enrico De Nicola, l’onorevole Corradini, Sottosegretario di Stato per l’Interno, risponde alle interrogazioni degli Onorevoli Cingolani e Ciccotti-Scozzese, leggendo il telegramma inviato al Ministero dell’Interno il 16 luglio (quindi il Governo poteva rispondere nella seduta di sabato 17 luglio alla interrogazione dell’onorevole Cingolani) dal Prefetto di Perugia sui tragici fatti di Panicale, nel quale era scritto: “In Panicale una massa di 2000 persone armate di grossi randelli, eccitatissime, hanno accerchiato la caserma dei carabinieri, in numero di dodici, compresi due brigadieri. Sopraffatti dalla folla, mentre uno dei due brigadieri tentava di pacificare gli animi, è stato colpito alla mano sinistra riportando una ferita guaribile oltre il trentesimo giorno. Un altro carabiniere veniva assalito da un individuo, finora rimasto sconosciuto, con un colpo di pugnale: i militari vistisi accerchiati e in pericolo, di fronte alla folla che diventava sempre più minacciosa, sono stati costretti a far fuoco. Si deplorano cinque morti, un ferito grave ed altri otto feriti meno gravi”. Il Sottosegretario Corradini riferisce inoltre che in seguito la Prefettura di Perugia aveva comunicato che era stato indetto lo sciopero generale dalla Camera del lavoro durante il quale dei contadini scioperanti avevano rotto un ponte sulla strada provinciale ed avevano collocato attraverso la strada tronchi d’alberi, “tanto che l’autorità giudiziaria, scortata da autoblindata”, non aveva potuto giungere a Panicale. Anche a causa dello sciopero ferroviario, la forza pubblica aveva potuto raggiungere con difficoltà la cittadina. Ai funerali delle vittime avevano partecipato “6000 persone e 22 bandiere” e non c’erano stati incidenti. Inoltre, a Perugia c’era stato il comizio tenuto dall’onorevole Ciccotti e dal segretario della Camera del lavoro di Perugia Franceschini, con la partecipazione di circa 300 persone. Infine, il Prefetto di Perugia aveva informato che “le trattative relativamente alle questioni agrarie fra proprietari e lega dei contadini hanno avuto esito conclusivo”.

Il Sottosegretario Corradini riferisce inoltre che gli agrari il 18 luglio avevano mandato al Ministero dell’Interno un telegramma di protesta nel quale affermavano che ” nella lotta tra gli agrari e le classi lavoratrici il Governo non tutela sufficientemente la libertà del lavoro”. Invece il Sottosegretario afferma che il Governo ” si è mantenuto in una rigida linea di neutralità” tra le parti. Conclude dichiarando che “i dolorosi incidenti sono dovuti alla scarsezza della forza (pubblica) in Panicale e alla violenza delle masse, le quali si sono presentate armate di randelli contro la forza, accerchiandola”.

Interviene l’onorevole Cingolani che afferma di essere stato informato dai suoi amici sui tragici fatti di Panicale e sottolinea che vi è stata una “sproporzione tra il pericolo temuto e la reazione dei carabinieri”. Afferma inoltre che prima della Grande Guerra “la mezzadria era basata su patti orali” e sulla “stima reciproca” tra il proprietario ed il colono, il quale però aveva una condizione di subordinazione tanto che “quando andava a nozze doveva riceverne il permesso dal proprio padrone”. Ricorda che dall’autunno 1919 era iniziata l’agitazione dei coloni per l’approvazione di un nuovo patto colonico. Al riguardo, afefrma che nei mandamenti di Todi, Nocera umbra, Montefalco, Assisi e Perugia erano stati firmati, con la mediazione delle leghe contadine promosse dal Partito Popolare, dei patti colonici da parte dei proprietari terrieri, i quali però,” non hanno a tutt’oggi, tranne lodevoli eccezioni, ancora mantenuta quasi nessuna delle promesse” fatte con la sottoscrizione del patto. Sottolinea inoltre che “specialmente nella zona del Lago Trasimeno la lotte era stata più violenta”.

Interviene quindi l’onorevole socialista Ciccotti-Scorzese il quale afferma di aver provato “disgusto” nel sentire il rapporto del Prefetto di Perugia, che peraltro egli conosceva essendo stato scritto alla sua presenza “qualche ora dopo l’eccidio”. Afferma che il rapporto contiene “una bugia inventata di sana pianta” dato che “si parla di due feriti, dalla parte dei carabinieri, il brigadiere che sarebbe stato ferito alla mano con un colpo di bastone dai contadini e di un altro che sarebbe stato ferito da un colpo di pugnale”. Al riguardo afferma che subito dopo l’eccidio era andato con il medico nella caserma dei Carabinieri, dove “ha trovato solo il brigadiere ferito con l’asportazione dell’anulare”. Pertanto è palesemente falso il rapporto nella parte in cui si parla anche di un Carabiniere ferito con un pugnale. Inoltre, come ha già detto l’onorevole Cingolani, afferma che “i proprietari firmano i patti colonici, eppoi non mantengono i patti che hanno concordato”. Al riguardo, sottolinea che “il prefetto di Perugia ha trascurato di informare il Governo di questa capitale circostanza di fatto, ha trascurato di dirgli che i signori proprietari, dell’Orvietano soprattutto e del circondario di Perugia, dopo avere nel settembre passato (1919) concordato i patti coi contadini ed avere solennemente dichiarato, a conclusione, a chiusura del verbale di conciliazione, che si auguravano da questo leale accordo una lunga era di pace”, poi, nel mese di febbraio 1920, ” hanno intimato una quantità di escomi (disdette) ai capi leghe ” (cioè ai coloni che si erano distinti nella lotta) tanto che la Federazione provinciale dei lavoratori della terra, di ispirazione socialista, ha dovuto ricorrere allo sciopero ” per far ritirare le disdette, che erano una violazione dei patti concordati ed anche una provocazione”. Alla fine i proprietari hanno ceduto ed hanno dovuto firmare, nella Prefettura di Perugia, un concordato con il quale “s’impegnano solennemente a non più violare i patti, che hanno concordato con i contadini”. Ricorda che la lotta dei coloni è continuata con l’obiettivo di estendere a tutta l’Umbria “quei modesti miglioramenti, che in talune zone si sono ottenuti in ottobre ed in febbraio”. Poi, rivolto al Governo, afferma che i contadini sono quelli ” che erano in trincea” durante la Grande Guerra, ai quali il Governo aveva promesso di dare la terra e poi, naturalmente, si è dimenticato di attuare questa promessa. Ricorda che nella riunione dei proprietari terrieri tenutasi a Perugia il 14 luglio, convocata dal Prefetto per trovare una soluzione alla vertenza agraria, i proprietari del circondario di Spoleto avevano approvato un ordine del giorno con il quale si dissociavano dal comportamento degli altri proprietari, che insistevano nella linea dura nei confronti dei coloni, e li consideravano responsabili “dei fatti che potevano accadere in conseguenza della loro ostinata resistenza”. Ricorda che nel mese di luglio la maggior parte dei proprietari erano andati in vacanza ,”ai bagni o ai monti” lasciando “come procuratori e castaldi i brigadieri e i marescialli dei carabinieri dei vari paesi”, i quali, naturalmente facevano i loro interessi. Addirittura un brigadiere di Panicale aveva detto pubblicamente, due giorni prima dei tragici fatti: “Bisogna dare una lezione a questi contadini!”. Il segretario della Camera del lavoro di Perugia aveva chiesto invano al Prefetto di trasferirlo. Infine racconta come si sono svolti i fatti del 15 luglio a Panicale, da testimone oculare, in quanto il pomeriggio doveva tenere il comizio nel paese, dove arrivò verso le sei, mentre arrivavano dalle varie frazioni e dai vicini centri di Paciano e di Piegaro varie centinaia di contadini armati “non di randelli, ma dei soliti bastoni che tutti i contadini dell’Umbria, quando viaggiano, quando vanno ai mercati (tutti lo sanno), portano per arrampicarsi su per le scorciatoie dei greppi”. Afferma che il brigadiere dei Carabinieri si mise davanti alla porta di ingresso nel paese e disse: “Di qui non si passa; e intanto datemi i bastoni”. Alcuni contadini consegnarono i bastoni, ma altri si rifiutarono di farlo. Allora “il brigadiere e i carabinieri acciuffarono questi disobbedienti; e uno di costoro, un tale Piccioli, che fu acciuffato per il collo dal brigadiere per strappargli il bastone, si fece indietro, strappò il bastone a sua volta il bastone dalle mani del brigadiere e gli inferse un colpo sulla mano”. Subito, un altro Carabiniere che era vicino gli sparò, uccidendolo. A questo punto, gli altri Carabinieri, messisi in posizione, con un ginocchio a terra, spararono sulla folla, che fuggì riparandosi nei portoni delle case e nelle botteghe , ” e non smisero il fuoco” se non quando sopraggiunse lui. Ricorda che due dei cinque contadini uccisi (Barluzzi Roberto, Cerboni Lorenzo, Mariani Giuseppe, Olivi Virgilio, Piccioli Virgilio) erano genitori di una prole numerosa: uno aveva quattro figli, il più grande dei quale di appena 9 anni, e l’altro di di cinque figli, il maggiore dei quali aveva 13 anni. Ricorda che la donna uccisa (Tabarrini Giulia) era una “zitella” (nubile), che allevava il figlio del fratello caduto in guerra e vedovo. Al riguardo, chiede al Governo di estendere ai figli delle persone morte nei vari eccidi compiuti illegittimamente dalle forze dell’ordine “i benefici della pensione di prima categoria accordati ai superstiti dei morti in guerra” come sarà stabilito in un disegno di legge che il Partito Socialista presenterà a breve. Chiede infine che ” si perseguano e si rinviino alla Corte d’assise tutti coloro che hanno preso parte agli eccidi”.

Prende la parola l’onorevole Corradini, Sottosegretario all’Interno, il quale afferma che l’onorevole Ciccotti- Scozzese ha esagerato nelle sue affermazioni e che quanto da lui detto in precedenza non corrisponde a verità. Afferma però che saranno deferiti all’autorità giudiziaria coloro (i Carabinieri) che hanno “perduto i nervi, che hanno perduto il controllo di loro stessi”. Conclude affermando che tra i proprietari ed i contadini il Governo “mantiene la sua linea diritta di neutralità impedendo in qualunque modo e con qualunque sforzo che si compiano eccessi”. 

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