Martin Muma era un personaggio del Corriere dei piccoli degli anni Trenta. Più leggero di una piuma si librava nell’aria e, in questo modo, riusciva “a sopravvivere in un ambiente spesso ostile, per la presenza di animali feroci”. Scrive così Ligio Zanini (nato nel 1927 a Pola, ivi morto nel 1993), il più grande poeta istriano in dialetto istrioto. Zanini ha dato il nome di Martin Muma al titolo del suo romanzo. Uscito oggi per la prima volta in Italia nella sua interezza grazie all’editore Ronzani.

Il romanzo è stato tenuto per anni nel cassetto – a parte una edizione del 1999 dell’Edit di Fiume, la casa editrice della minoranza italiana – per non incorrere nella censura jugoslava. L’attuale edizione, uscita a cura di Mauro Sambi e la prefazione di Ezio Giuricin, contiene anche due note critiche, una di Giuliano Manacorda e l’altra di Mario Rigoni Stern. Quest’ultimo fu tra i primi a leggere il testo di Zanini, lo definì “Un libro unico, un libro esemplare, un esempio, voglio dire, di come e perché un libro deve essere scritto”.

Il romanzo, infatti, racconta la tragica vicenda dell’autore che, nelle vesti assolutamente autobiografiche di Martin Muma, ha trascorso quasi quattro anni nell’inferno di Goli Otok, l’isola dell’Adriatico. Lì dopo l’espulsione della Jugoslavia dal Cominform, il generale Tito ha internato, tra sofferenze bestiali, migliaia di comunisti sospettati di stalinismo, con l’obiettivo di rieducarli.

Zanini pagò di persona il suo errore di valutazione

Antifascista della prima ora, Ligio Zanini era diventato comunista, finendo tra le fila di Tito, durante la Lotta popolare. Confidava in un mondo socialista di “fratellanza tra i popoli e libertà”. Come propugnava la propaganda comunista una volta caduto il fascismo e annesse quelle terre, in maggioranza abitate da italiani, alla Jugoslavia. Ma non fu così, tant’è che, subito dopo l’occupazione jugoslava, molti italiani cominciarono ad essere perseguitati e ad andarsene esuli dalle proprie case. Gli stessi comunisti istroitaliani erano perplessi.

Di fronte alla tristezza diffusa per quanto stava accadendo, Zanini racconta nel suo romanzo come un compagno cerca di farsi coraggio parlandogli. “Tanta nostra gente vediamo in questi giorni andar via. Troppa. Pola sarà così ferita mortalmente. Ma io ti dico che non morirà, anche per il bene della Causa, poiché resteremo lo stesso numero sufficiente per farci rispettare, con il nostro lavoro, da quelli che caleranno da lassù per occupare le case vuote”.

Ma era pura illusione. Molti comunisti che restarono furono annientati, sia fisicamente, finendo morti ammazzati. Sia, come Zanini, che alla fine rimase, pagando di persona quello che era un errore, ma che lui assunse come una colpa da espiare. Nè poteva essere altrimenti dopo i quattro anni trascorsi a Goli Otok. “L’Isola nuda tanto maledetta che al suo confronto la Ponza, di Pertini, era un ameno luogo di villeggiatura. Gliel’hanno detto (a Martin Muma n.d.r.) i vecchi comunisti, che hanno provato ambedue le isole.”

Ma in fin dei conti sono più stolti che perversi…

Un accanimento, il cui racconto è angosciante per la violenza disumana a cui erano sottoposti i prigionieri. A riguardo ha scritto anche lo scrittore israeliano David Grossman nel romanzo “La vita gioca con me” in cui racconta la vita dell’ebrea croata Vera Novak, anch’essa passata per Goli Otok prima di andarsene in Israele.  Ma non solo.

Accanimento anche nei confronti dei famigliari che li attendevano a casa. Come per Zanini, sua moglie Silvia, allora incinta della seconda figlia, Biancastella, che poi diventerà una nota giornalista della RAI di Trieste. Perseguitata, minacciata, ingannata. “Ma, in fin dei conti, son più stolti che perversi, i ‘compagni’, poiché non hanno capito che con l’inganno e la violenza, anche quella liberatrice, la pentola della famiglia non bolle. Si sono procurati la farina del diavolo, che per forza deve avere la crusca”.  commentò Biancastella.

La rieducazione dei prigionieri tra bojkot e buche

L’inferno che Ligio Zanini ha conosciuto in ogni sua bolgia, come il kroz stroj dove il prigioniero passava in mezzo agli altri prigionieri che, per far vedere di essersi rieducati, prendevano a calci, sputi e pugni gli altri che arrivavano. Al trasporto senza senso di pietre da un punto all’altro dell’isola con la civiera, una portantina di legno che, sempre per far vedere di essere stati rieducati bisognava sovraccaricare e trasportare velocemente.

Oppure il bojkot, cioè l’isolamento del prigioniero con il quale non bisognava relazionarsi in alcun modo. E ancora la buca, nella quale il corpo veniva immerso per restar fuori solo con la testa, e questo sempre continuando “a gridare a quel cielo maledetto i ‘puniti’ di Goli.

Tito-partija! Tito-partija! Tito-partija! Tito-partija!” – fino alla sazietà, per giungere alla ripugnanza di quel Tito e di quel Partito, assieme a tutti i partiti comunisti, imbrattati dai vomiti e dagli escrementi umani, frammisti a sangue, in quel Goli Otok”. Martin Muma, a un certo momento, se ne poteva andare, fingendo di firmare il rinsavimento ideologico, invitato da un prigioniero fanatico stalinista che venne a dirgli di fingere il ravvedimento. “Sono venuto a trasmetterti la direttiva di firmare per Tito, come ci chiedono loro” così da tornare in libertà ed essere “in grado di continuare la lotta per l’Idea (…) l’unica, quella vera del Partito Bolscevico”.

Direttiva… Partito… Idea… ma di cosa parlava quel prete rosso?

Si chiede Martin Muma. Lui, ormai, non aveva più nessun partito, così rinunciando a firmare. E mentre gli altri, ingannando i carcerieri, se ne andranno, lui resterà, affrontando provvedimenti ancora più duri. Ad aiutarlo sarà solo l’idea “d’essersi finalmente liberato dalla condizione servile e umiliante, in cui s’era trovato quale membro del partito. E poi aveva commesso un imperdonabile errore a mettersi con quei prepotenti, facendo male alla propria gente, ed era giusto che ora espiasse. Forse un giorno, così, avrebbe potuto camminare nuovamente a testa alta”. Questo romanzo lo dimostra.

Diego Zandel

Ligio Zanini, Martin Muma, Ronzani Editore, pag. 406, €. 19,00

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