Abbiamo intervistato l’avvocato Bruno Segre in qualità di Consigliere della “Opera Pia Ospedali Pschiatrici”.

Tra le tante attività che Lei ha svolto nella Sua lunga vita, ve ne è una di rilevante interesse che è quella di membro del Consiglio di Amministrazione dell’Opera Pia Ospedali Psichiatrici di Torino. Ce ne vuole parlare, facendoci anche una breve storia di tale istituzione?

A) “La costituzione ufficiale del “Regio manicomio di Torino”, come era definito all’epoca, risale al 1728, anno in cui il Re Vittorio Amedeo II ne affidò la gestione alla Confraternita del S. Sudario e della Vergine delle Grazie. Una nuova sede, ispirata anche a criteri di maggior salubrità dei locali, venne inaugurata nel 1834 in via Giulio, nel centro della città, ma già nel 1854 tale struttura si rivelava inadeguata e, anche per evitare il rischio del colera allora presente in varie città in Italia, venne riutilizzato il grande complesso della Certosa di Collegno, appena fuori Torino. Si trattava di un ex complesso monastico, di ampie dimensioni, sito in piena campagna, con estese aree verdi e possibilità per alcuni dei ricoverati di lavorare in colonie agricole. Solo agli inizi del ‘900 l’Opera Pia divenne un ente autonomo, svincolato dall’ordine religioso e retto da una direzione amministrativa di nomina prefettizia”. Dice l’avvocato Bruno Segre

B) “Venendo alla mia esperienza, venni nominato nel Consiglio di Amministrazione dell’Opera Pia nel 1958, quale rappresentante della Provincia di Torino. La proposta della mia nomina venne avanzata dal Partito Socialista Italiano, ma in realtà tutti erano ben lieti della mia accettazione in quanto si trattava di incarico che, seppur gravoso, come vedremo, non prevedeva la corresponsione di alcuna retribuzione: era un incarico gratuito”, prosegue l’avvocato Segre.

Il Consiglio si riuniva di norma ogni 15 giorni alle ore 21 presso la propria sede di via Giulio, ed esaminava tutte le questioni amministrative e gestionali dell’Ente: dai rapporti con i pazienti e le loro famiglie, alle assunzioni dei medici e degli infermieri, al contenzioso con essi ed alla loro sindacalizzazione, agli approvvigionamenti dei materiali ed ai lavori di manutenzione del notevole patrimonio immobiliare. Ricordo che allora il Presidente era il dott. Colombo, ex Presidente della C.R.T., mentre il Direttore Medico era il Prof. De Caro ed il Direttore Amministrativo il Dott. Isola. Nel corso degli anni si succedettero alla Presidenza il prof. Bodda (ex docente di diritto amministrativo all’Università ed ex presidente dell’Isituto fascista di cultura), e la dott.ssa Vietti (esponente della Democrazia Cristiana a Lanzo).

“In particolare”, aggiunge l’avvocato Bruno Segre in qualità di Consigliere della “Opera Pia Ospedali Pschiatrici” ” ho un affettuoso ricordo della dott.ssa Luisa Levi, la sorella di Carlo Levi (il noto pittore e scrittore confinato dal fascismo in Lucania) che si aggirava tra i vari reparti di Collegno, che erano a notevole distanza l’uno dall’altro, con un sua piccola 500 dell’epoca: era persona competente e di grande umanità. La natura pubblica dell’Ente non semplificava le nostre decisioni di Consiglio e, quindi, il lavoro ed i problemi erano notevoli. Mi applicai con grande passione a tale nuovo ruolo ed ebbi il piacere di essere inviato dal Consiglio (anche in considerazione della mia conoscenza dell’inglese) negli U.S.A. per una visita di lavoro a strutture analoghe alle nostre, in alcuni Stati. Fondai anche una rivista trimestrale, “Nuovi Orizzonti”, ove i malati di mente potevano inviare disegni e testi vari, con beneficio per la loro emancipazione dall’ozio e dalla solitudine.

Egregio avvocato Segre la Sua esperienza di Consigliere durò dal 1958 al 1968, anno in cui iniziarono a manifestarsi i primi germi di quella profonda rivoluzione che porterà finalmente alla chiusura dei manicomi, nel 1978. Ce ne può parlare?

“In effetti erano anni in cui la situazione dei malati era disastrosa: condizioni di vita carcerarie per la maggior parte dei ricoverati, con punizioni per ogni minima infrazione a regole assurde ed assenza di qualsiasi prospettiva di miglioramento in tutti i settori. Mi resi conto che molti ospiti non erano infermi, ma piuttosto un onere insopportabile per le famiglie che se ne disfacevano con un semplice certificato medico. Un po’ meno grave era la situazione per quei pazienti che potevano permettersi una qualche forma di contributo alle spese della struttura, come pensionanti che pagavano di tasca loro una retta; tanto è vero che tali pazienti erano addirittura collocati in casette immerse nel parco, a distanza dal manicomio vero e proprio”. Prosegue Segre.

“Già nel 1934 era stata realizzata, all’interno della Certosa di Collegno, la “Villa Regina Margherita”, destinata a pensionanti paganti, mentre nel 1966, in un’ottica di migliorare, per quanto possibile, le condizioni di vita di alcune fasce di degenti, venne costruito un nuovo grande padiglione ospedaliero, sempre all’interno della Certosa di Collegno, denominato “Villa Rosa”, destinato alle degenti anziane che venivano considerate “tranquille”, già ricoverate da anni e le cui famiglie non avevano disponibilità economiche”.

“Il vero cambiamento avvenne però in quegli anni sotto il profilo culturale: alla base di ciò vi fu la convinzione che il malato di mente era in primo luogo una persona che doveva essere curata ed assistita, ma senza che fosse necessario privarlo della libertà, se non in quei casi in cui egli poteva essere di pericolo a se stesso ed agli altri. Occorre ricordare che per legge il malato era privato dei diritti civili ed iscritto al casellario giudiziario, con un marchio di infamia e di pericolosità che durava per tutta la vita”.

“Vi erano insomma, in quegli anni ’60, i primi fermenti, tra gli studenti di medicina ed i più giovani psichiatri, di quella contestazione che portò ad una radicale critica dell’approccio fino ad allora tenuto nei confronti del malato di mente, in quanto in contrasto con la civiltà. Fermenti che, grazie a personaggi che è opportuno ricordare (quali Franco Basaglia, Direttore del manicomio di Gorizia, sua moglie Franca Ongaro e Bruno Orsini, psichiatra e primo firmatario della legge n. 180/1978), portarono negli anni successivi alla totale abolizione dei manicomi. Il 31 dicembre 1980 l’Opera Pia Ospedali Psichiatrici di Torino venne definitivamente sciolta”. Ha concluso l’avvocato Segre.

Alessandro Re

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