Non doveva essere una campagna elettorale con “promesse da marinaio”. La stessa Giorgia Meloni lo aveva voluto dire a chiare lettere. Eppure…eppure, il fascino di promettere agli elettori tutto quello che vorrebbero sentirsi dire, soprattutto in materia economica e fiscale, è irresistibile! Così, negli ultimi giorni, abbiamo assistito, a chi l’ha sparata più grossa in materia di flat tax, la fantomatica aliquota unica che è al centro delle proposte del Centro Destra.

Prima Berlusconi “è uscito” con un 23%, poi Salvini ha immediatamente replicato, rilanciando con un 15%. Un’escalation che ha giustificato la graffiante satira di Michele Serra che ha scritto: “La campagna elettorale entra nel vivo. Prosegue senza esclusione di colpi, il duello interno tra Berlusconi e Salvini sulla flax tax. Sono partiti entrambe dal 23% di aliquota, Salvini è sceso sino al 15%, Berlusconi propone il 10%, Salvini rilancia al 7%. Berlusconi, con un colpo di teatro, promette un’aliquota del 5 %, però a carico dello Stato: sarà l’Agenzia delle Entrate a dover versare a ciascun contribuente, ogni anno, l’Irpef, che diventerà, dunque, la prima imposta a rovescio nella storia dell’umanità. Non contento, Berlusconi promette, oltre alle dentiere gratuite per mamme e nonne, anche parrucche per zie e suocere, protesi per cugini, creme solari per cognati e cognate, tutto a spese del servizio sanitario nazionale”.

Scherzi a parte, abbiamo provato a riordinare “le varie promesse” per capire cosa ci sia di buono e, soprattutto, di possibile, tenendo conto dei nostri conti pubblici (con gli 11,2 miliardi accumulati in giugno, il debito pubblico italiano tocca il suo nuovo record a 2766 miliardi!), proprio in tema di flat tax.

Le nostre attuali aliquote

Per valutare la percorribilità della riforma fiscale sulla flat tax, dobbiamo ricordarci che l’attuale sistema prevede quattro aliquote (ridotte nel tempo da una serie di interventi legislativi). Fino a 15.000 euro il 23% (sull’intero importo); da 15.001 a 28.000 euro 25% (sul reddito che supera i 15.000 euro). Da 28.001 a 50.000 euro il 35% (sul reddito che supera i 28.000 euro). Oltre i 50.001, il 43% (sul reddito che supera i 50.000). Teniamo conto che su tale griglia di aliquote si inserisce una vasta gamma di poste deducibili o detraibili, che impattano fortemente sulla reale erogazione del contribuente.

La situazione normativa all’estero

Nelle democrazie occidentali la flat tax non ha mai riscosso grandi consensi neanche negli Stati Uniti durante la Presidenza di Ronald Reagan quando le teorie di Arthur Laffer, il propugnatore dell’aliquota unica, sembravano di gran moda anche perché ispirate alla scuola di Milton Friedman (premio Nobel per l’Economia nel 1988). La Russia ha adottato la flat tax con un’aliquota del 13% e tutta l’Europa dell’Est ha provato, con esiti alterni, tale strumento di politica fiscale. L’Ucraina, ad esempio, l’ha appena fissata al 15%. Molti Paesi stanno facendo marcia indietro: gli ultimi esempi ci arrivano dalla Serbia e dalla Lituania che sono tornate al sistema a diverse aliquote. In Olanda, lo scorso anno, durante la campagna elettorale fu proposta una flat tax con un’aliquota unica al 40%. Insomma, il quadro è variegato e nessuno può vantare la soluzione ideale.

Quando e dove nasce la flat tax

Il primo esempio moderno di imposta sul reddito personale risale al 1799 quando la Gran Bretagna la introdusse per finanziare la guerra contro Napoleone. All’inizio la pagavano solo i più ricchi, poi, parallelamente con la concessione di alcuni diritti ad ampie fasce di cittadini, come quello di voto, la platea dei contribuenti fu allargata ma il criterio di base rimase sempre quello della progressività e cioè con aliquote crescenti rispetto al reddito. Venendo agli anni più recenti il massimo della progressività fu raggiunto a metà degli anni settanta dello scorso secolo negli Stati Uniti con l’imposta sul reddito che prevedeva ben 25 scaglioni e un’aliquota massima del 70%.

Per avere un raffronto ricordiamoci che, nello stesso periodo, in Italia avevamo 32 scaglioni ed un’aliquota massima del 72%. Nel citato periodo reganiano le aliquote vennero ridotte a due con quella massima al 28%. In seguito, proprio alla luce degli scarsi risultati raggiunti, si tornò ad un sistema a sette aliquote con la massima al 37%. Insomma, non c’è alcuna prova certa che i Paesi che hanno semplificato il proprio sistema fiscale, riducendo le aliquote, abbiamo poi beneficiato di una crescita maggiore. Quello che è certo, invece, è che una riduzione della progressività del sistema fiscale ha aumentato la diseguaglianza economica tra i cittadini.

La proposta del programma del Centro Destra

Dalla lettura del programma condiviso tra le tre forze del Centro Destra si ricava quanto segue. L’innalzamento del tetto dei ricavi da 65.000 euro a 100.000 per le partite iva che attualmente fruiscono già di un’aliquota fissa del 15%. Si parla, inoltre, di una flat tax “incrementale” cioè dell’applicazione della tassa soltanto sull’ “incremento di reddito rispetto alle annualità precedenti” con un allargamento della platea alle famiglie ed alle imprese. In prospettiva, questa riforma del sistema fiscale si applicherebbe nel tempo a tutti i contribuenti.

Il Senatore della Lega Armando Siri, padre della flat tax in salsa leghista, ha voluto spiegare i razionali di tale proposta, a suo avviso tutt’altro che populista. “Sono state dette troppe bugie sulla flat tax. Dicono che è irrealizzabile, che costa troppo, che non è equa, che premia i ricchi. Tutte balle! La flat tax si può fare, ma prima bisogna cambiare mentalità e fuggire dall’ideologia dell’assistenzialismo che regna a sinistra”.

Si immagina una riforma fiscale spalmata su più anni

E’ così”. Ha dichiarato Siri, “La prima parte, che riguarda le partite iva sino a 65.000 euro, è quella che abbiamo già adottato grazie alla nostra proposta di legge approvata durante il Governo Conte uno. Se vinceremo le elezioni intendiamo sin da subito, con la prima legge di Stabilità, estendere la flat tax alle partite iva con un fatturato sino a 100.000 euro. Nella terza fase estenderemo l’aliquota unica del 15% alle famiglie di dipendenti ed ai pensionati con alcune limitazioni di reddito. Questo passaggio potrebbe essere già completato nel 2023. A differenza di quanto affermato dall’ex Presidente dell’Inps Tito Boeri che parla di un costo di 80 miliardi, noi prevediamo un costo complessivo per le coperture di queste prime fasi di introduzione della riforma, in una cifra intorno ai 13 miliardi di euro. ”

Per il Senatore della Lega le coperture finanziarie, per non aggravare il debito, sarebbero già sul tavolo. “Sette miliardi arrivano dalla rimodulazione delle aliquote, appena varata, gli altri sei arrivano dall’ottimizzazione delle numerosissime detrazioni e deduzioni esistenti. Anche qui proponiamo un’unica deduzione fiscale, inversamente proporzionale al reddito e direttamente proporzionale alla grandezza del nucleo familiare: la deduzione sale se il reddito è basso e ci sono molti figli”. Sulla fase finale della riforma, Siri ha aggiunto: “l’obiettivo finale è una flat tax del 15% per tutti, senza scaglioni di reddito, da completare entro la fine della prossima legislatura”.

Ma quanto ci costerà? Soltanto i 13 miliardi conteggiati?

“Per capirlo”, conclude Siri, ”bisogna prima mandare a regime la fase 1 e la fase 2. Si possono fare delle previsioni, ma sarebbero imprecise. Restiamo comunque ben lontani dagli 80 miliardi immaginati da Boeri. Il segreto della flat tax sta proprio nella gradualità della sua applicazione. Una gradualità che consente di renderla sempre più sostenibile nell’ambito dei conti pubblici di ogni esercizio di bilancio”.

Siri completa il suoi ragionamento con un esempio. “E’ come guidare un’automobile: da un lato si schiaccia il freno della pressione fiscale, dall’altro l’acceleratore della crescita, dal momento che si allarga la base imponibile e, paradossalmente, si avrebbe più gettito. Inseriremo, comunque, come abbiamo già concordato con i tecnici dell’amministrazione finanziaria, un’apposita clausola di salvaguardia che disciplini gli eventuali scostamenti tra le previsioni e i consuntivi, nei prossimi esercizi di bilancio”.

La valutazione dell’Istituto Bruno Leoni

Il think tank di economisti liberali indipendenti ha pubblicato, proprio in queste ore, un importante studio sulla flat tax che reputa possibile ma ponendo sei condizioni ineludibili. Vediamole in sintesi. Per poter garantire delle coperture adeguate alla riduzione della pressione fiscale, bisogna prevedere “dei tagli strutturali alla spesa pubblica che sono necessari e che devono essere tanto più profondi quanto più la riforma vuole essere ambiziosa”.
Non si spacci per flat tax un trattamento di favore per alcuni redditi. Se ben disegnata non deve permettere trattamenti di favore, esenzioni e bonus”.
La flat tax impone una rivisitazione di tutto il sistema per garantire “il necessario equilibrio tra tutte le sue componenti”. E’ necessario quindi, secondo l’Istituto Leoni, “una norma di delega ben scritta, ampia, ma non vaga, redatta, se possibile, da esperti”.

La fase transitoria deve essere importante come la fase a regime per impedire fasi di rigetto”. L’eventuale riforma con l’introduzione dell’aliquota unica deve necessariamente riguardare anche il funzionamento dell’Amministrazione finanziaria e il rapporto tra Fisco e contribuente. “ Una riforma fiscale che ruoti intorno ad una flat tax” – si legge nel documento – “ è possibile e sarebbe anche desiderabile”. L’aliquota corretta sarebbe intorno al 25% per tutti. Il modo migliore per farla fallire, scrivono gli esperti dell’Istituto, sarebbe quello di proporne una versione non conciliabile con gli equilibri della finanza pubblica del nostro Paese.

Riflessione finale

Qualsiasi riforma fiscale si riferisce sempre ad una certa idea di società, di rapporti tra i cittadini tra di loro e di quelli con lo Stato. E’ indubbio che l’aliquota unica potrebbe dar vita a rilevanti diseguaglianze economiche in un Paese che ne soffre già ampiamente. Se si modifica la progressività dell’imposta si inciderà certamente sulla modalità di redistribuzione del reddito tra i cittadini. La flat tax incide sicuramente sulla progressività e potrebbe ridurla in maniera penalizzante per le classi sociali meno abbienti.

A certe condizioni, come evidenziato dall’Istituto Bruno Leoni, potrebbe rappresentare anche un “farmaco”, nel nostro Paese, per ridurre le tasse e rilanciare gli investimenti pubblici e privati e, quindi, la ripresa economica. E’ necessario però che ci sia una disciplina, studiata da specialisti, che monitorizzi in modo continuo ed accurato l’evolversi dell’implementazione della riforma fiscale, bloccando sul nascere eventuali distorsioni socialmente inaccettabili.

Riccardo Rossotto

Riccardo Rossotto

"Per chi non mi conoscesse, sono un "animale italiano", avvocato, ex giornalista, appassionato di storia e soprattutto curioso del mondo". Riccardo Rossotto è il presidente dell'Editrice L'Incontro srl

Discussione

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *