La corruzione è un male endemico della politica? Un aspetto quasi “costitutivo” dell’occuparsi della Polis, del bene comune, della società in cui si vive? La storia dell’umanità intera ci testimonierebbe di sì.

Da sempre il ruolo di corruttore e di corrotto hanno calcato la scena delle istituzioni di tutto il mondo. Non nello stesso modo. Non con la stessa contaminazione. Non con lo stesso terreno fertile su cui operare. In questi giorni a Bruxelles gira una facile battuta. “Come mai il Qatar e il Marocco per le loro presunte attività illecite, hanno scelto dei parlamentari italiani e greci e non svedesi o di altri paesi del nord Europa?”. Al di là dell’ ingiuriosa ironia, sicuramente negli ultimi decenni, la tipica affermazione “quello è un Paese corrotto: bisogna fare attenzione!”; oppure, “C’è tanta corruzione in quel Paese: se vuoi fare del business devi tenerne conto” sono diventate obsolete. O, per meglio dire, superate da un’espansione globale del fenomeno, impressionante, che ha inquinato tutti i paesi del mondo.

La corruzione rappresenta il 6% del PIL mondiale

Recenti indagini hanno calcolato che la corruzione rappresenta il 6% del PIL mondiale e il riciclaggio di denaro sporco, altrettanto. C’è un numero enorme di casi di corruzione. Negli ultimi anni non hanno mai smesso di aumentare, anche se non tutti sono noti all’opinione pubblica. Tutti però sono al corrente dell’aumento del fenomeno, spesso gestito dalle organizzazioni criminali.

Scandalo Qatargate: ultimo clamoroso esempio di corruzione

Inatteso per molti. Ma perché, ci si chiede, di fronte a questa apparente sorpresa, i rappresentanti politici dell’Unione Europea dovrebbero essere esenti dal rischio di attrazione di una piovra che ha stretto in una morsa moltissime istituzioni pubbliche mondiali? Il giudice dell’inchiesta a Bruxelles, Michel Claise, è stato molto severo e pessimista sulla situazione. In una recentissima conversazione con il quotidiano belga di lingua francese L’Echo ha dichiarato: “La cecità della politica di fronte alla corruzione genera un senso di impunità”. Claise ha proposto l’istituzione di una “Procura nazionale sui crimini finanziari, separata e del tutto indipendente, perché nei grandi casi politici vi sono poste in gioco politiche. E’ inconfutabile. Nella corruzione pubblica queste poste in gioco politiche sono enormi. A partire da questo, quando c’è una Procura nazionale assolutamente indipendente, si ha la garanzia che non ci saranno ripercussioni nei vari dossier”.

Esiste un altro modo?

Per Claise un provvedimento per arginare la corruzione non può prescindere dal coinvolgimento del sistema bancario. “Prima di passare alla repressione è indispensabile fermare il fenomeno. Il sistema bancario internazionale continua ad essere implicato nel riciclaggio di denaro sporco. Si dovrebbero prendere in considerazione sanzioni enormi, che, al momento giusto, possano permettere di dissuadere i criminali e rimpatriare il denaro”. Ha detto il magistrato. Esiste un modo per arginare questa terribile deriva, al di là della rituale indignazione e dei buoni propositi che ogni volta ci ripetiamo confrontandoci su questa tematica?

La pattuglia esigua della Commissione di controllo dei bilanci dei partiti politici

In questa drammatica situazione in cui la politica, i partiti, i singoli parlamentari e/o i funzionari pubblici hanno un ruolo primario, è interessante verificare come i controlli, ad esempio in Italia, siano scarsi, senza risorse e senza strumenti operativi. Insomma, esiste una … voluta o colposa … sottostima del tema! Leggiamo insieme i risultati di una ricerca su come funzioni la Commissione di controllo dei bilanci dei partiti politici. Questo ruolo viene svolto da cinque magistrati, quattro funzionari “in distacco” e due segretarie “in prestito”. Questa è la pattuglia che dovrebbe arginare ogni tentazione illecita dei partiti e verificare che qualsiasi elargizione alle campagne elettorali sia immacolata. Un primo triste commento è che coloro che devono sorvegliare tutti i finanziamenti destinati alla politica italiana sono stati lasciati senza risorse professionali ed economiche per fare il loro mestiere.

Regola draconiane ma nessuno vigila

Quattro anni fa la legge denominata “Spazzacorrotti” ha introdotto regole draconiane. Partiti e fondazioni devono dichiarare tutte le entrate e uscite di un valore superiore ai 500 euro, incluse le prestazioni d’opera. Nessuno però si è preoccupato di istituire un organismo che possa concretamente vigilare sul rispetto di una norma così minuziosa. Si tratta di esaminare i bilanci di 74 partiti. Stabilire quali fondazioni sia di natura politica, oltre al vagliare i certificati penali dei candidati sindaci dei comuni con oltre 15.000 abitanti.

Risorse insufficianti per il ruolo da svolgere

Il bello è che da anni i responsabili della commissione inviano al Parlamento relazioni dettagliate sulla situazione, gridando tutta la loro impotenza di fronte al compito affidatogli. “Non può sottacersi – si legge nell’ultima relazione inviata ai presidenti di Camera e Senato – il permanere dell’insufficiente dotazione di risorse umane e strumentali destinate alle numerose e complesse attività di controllo che non consente il pieno ed efficace assolvimento dell’ampio ventaglio di compiti assegnati dal legislatore”. Finalmente dal 2020 il nuovo presidente della Commissione Amedeo Federici, un giudice della Corte dei Conti, ha ottenuto che i cinque membri togati della Commissione diventassero a tempo pieno e che i quattro funzionari distaccati fossero esperti in materia.

Qualcosa si è mosso…

I vertici delle due camere del Parlamento gli hanno assegnato 60.000 euro l’anno!!! E’ stato questo un primo segnale, anche se molto piccolo, di una auspicata inversione di rotta. Comunque insufficiente per un’efficace attività di sorveglianza. Nello scorso mese di luglio 2022 si è raggiunto l’accordo per un disegno di legge bipartisan con l’ambizioso obiettivo di trasformare l’organismo attuale in qualcosa di simile ad una “Authority”, con una previsione di 27 dipendenti qualificati ed 1 milione di budget annuale. Purtroppo l’anticipata fine della legislatura ha bloccato il disegno di legge. Dopo lo scoppio dello scandalo Qatargate, l’Unione Europea si è svegliata e ha istituito una “Autorità per i partiti e le fondazioni politiche europee” con l’obiettivo di vigilare sull’Europarlamento, impedendo altri simili scandali.

Una Autorità europea ad hoc

Tale Autorità ha già richiesto a tutti i paesi membri, quindi anche all’Italia “informazioni su casi di sospette attività illecite, frodi o corruzione”. Ha preteso una “cooperazione contro il rischio di ingerenze straniere attraverso attacchi informatici nel corso delle consultazioni elettorali”. A maggior ragione, una miglior strutturazione dell’attuale Commissione è urgente e necessaria per evitare un procedimento di infrazione europeo. Non torniamo volontariamente sui fatti oggetto dell’inchiesta belga, ampiamente raccontati dalla stampa internazionale. Salvo evidenziare l’entità delle cifre oggetto degli atti corruttivi, i volumi di contanti che girano nella capitale belga, l’utilizzo di enti del terzo settore, quelli no-profit per intenderci. Denari che servono da copertura per certi movimenti di denaro, apparentemente di natura sociale e in realtà legati a operazioni illegittime; la rilevanza ormai istituzionale dei corruttori.

Quanto bisognerà attendere perchè la lotta alla corruzione diventi prioritaria?

In questo contesto è difficile non essere pessimisti come il giudice Claise. Eppure come scrive Alberto Vannucci nel suo “Atlante della corruzione” la corruzione 1) demolisce la fiducia dei cittadini e la coesione sociale, 2) lede il principio di uguaglianza, 3) distrugge la giustizia sociale, 4) contraddice il principio di trasparenza e non crea allarme sociale, 5) mina la decisione pubblica e orienta i procedimenti legislativi, 6) distorce la competizione politico-elettorale, 7) espone il politico al ricatto, 8) favorisce l’incompetenza a scapito del merito, 9) rafforza le mafie, 10) uccide. Ci chiediamo: quando la lotta alla corruzione diventerà davvero una priorità a livello internazionale e nazionale?

Euro

 

 

Euro

Con lo pseudonimo Euro, si firma uno studioso italiano, apprezzato per la sua competenza nella politica internazionale, oltre che nelle questioni economiche e di diritto riguardanti l'Unione Europea

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