Città del Messico ospita la terza edizione del Forum della Global Trade & Innovation Policy Alliance (GTIPA), una rete di think tank sostenitori di una maggiore liberalizzazione e integrazione del commercio globale, convinti che i governi possano e debbano giocare importanti ruoli nel promuovere maggiore innovazione e produttività nelle loro imprese ed economie.

Tra i membri della GTIPA c’è l’italiana Competere, la cui newsletter ha pubblicato un intervento di Umberto Cucchi, analista politico presente al Forum di Cittò del Messico in rappresentanza di Competere, che fa un’analisi della situazione italiana nel panorama internazionale. Pubblichiamo il suo articolo per gentile concessione di Competere.

 

PERCHÉ È IMPORTANTE

L’innovazione è la fonte fondamentale della crescita economica globale e, allo stesso tempo, il vettore principale dei miglioramenti nella qualità e standard di vita. Il Dipartimento di Commercio degli Stati Uniti conferma che l’innovazione tecnologica può essere collegata a circa 3/4 della crescita economica degli Stati Uniti dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi. Un altro studio sottolinea come, nonostante i tassi di rendimento privati legati all’innovazione (R&D) siano stimati tra il 25 ed il 30%, i benefit che vengono apportati alla società sono tra le due e le tre volte maggiori rispetto ai guadagni privati.

In altre parole, i benefit derivanti dall’innovazione hanno un effetto domino (ed esponenziale) su tutti i cittadini. Urge dunque investire maggiormente in innovazione. Ma come?

I NOSTRI PUNTI DI FORZA

Il punto di partenza del nostro paese non è certamente da buttare. Nel corso degli ultimi anni con il Decreto Start-Up (2012) ed il Piano Nazionale Industria 4.0 (2016) si sono sicuramente compiuti dei passi in avanti. È stato creato un ambiente più favorevole per piccole e innovative start-up ed e stato fornita una vasta gamma di misure volte a promuovere gli investimenti nell’innovazione e maggiore digitalizzazione dei processi industriali.

Secondo una valutazione del 2018 dell’OCSE, l’entità stimata degli effetti sulle start-up è considerevole. Le imprese che hanno beneficiato da queste misure hanno conseguito maggiori ricavi e valore aggiunto per i loro beni tra il 10% e 15% in più rispetto a start-up simili che non avevano aderito alle misure. Allo stesso modo, a seguito del piano Industria 4.0, gli investimenti privati ​​sono aumentati da 80 miliardi di euro a 90 miliardi di euro tra il 2017 e 2018, con un aumento previsto di 11,3 miliardi di euro nel periodo dal 2017 al 2020 in termini delle spese private di ricerca e sviluppo e innovazione incentrate sulle tecnologie Industry 4.0.

DOVE MIGLIORARE

Il nostro paese può sicuramente fare di più nel supportare il processo di crescita e sviluppo dell’innovazione.  Queste le macro-aree di rilevanza strategica che necessitano gli interventi più immediati:

1) Coordinare la politica di innovazione. La frammentazione dell’architettura governativa nazionale ha effetti diretti e tangibili anche sulle politiche per l’innovazione. La spesa pubblica per la ricerca e lo sviluppo, già significativamente più bassa rispetto ad altri paesi europei e del G20, viene gestita da un numero esorbitante di istituzioni senza un sistema strutturato di coordinamento e valutazione. L’ufficio del primo ministro dovrebbe essere più attivo nella coordinazione della strategia attraverso un consiglio d’innovazione e nella creazione di un’unità speciale incaricata alla valutazione ex-ante ed ex-post delle politiche per l’innovazione;

2) Protezione della Proprietà Intellettuale e dei Dati. Bisogna continuare ad investire in protezione della proprietà intellettuale. È difficile promuovere l’innovazione senza proteggere le idee. Serve una protezione efficace di dati e della privacy. Per esempio, non è una sorpresa assistere ad un crollo degli investimenti in ricerca e sviluppo in paesi dove i governi hanno introdotto (o stanno prendendo in considerazione) l’introduzione di licenze obbligatorie che costringerebbero le imprese a divulgare dati sensibili dietro i loro prodotti innovativi.

3) Migliorare il processo di trasferimento tecnologico. Nonostante l’ottimo livello di ricerca accademica del nostro paese, l’Italia ha prestazioni relativamente basse in termini di domande di brevetti presentate e conseguite. Nel 2016, l’Italia si è classificata all’11° posto nel mondo con appena 31.091 domande a discapito delle 176.693 domande tedesche e 71.276 domande francesi.  Bisogna introdurre incentivi per le nostre PMI invitandole ad investire in R&D e rafforzare il rapporto tra università e settore privato. Solo così si potrà generare il know-how necessario per accelerare il processo di trasferimento tecnologico.

4) Attrarre il talento dall’estero.  Il nostro paese ha sofferto di un crescente problema di fuga di cervelli, ma non è stato in grado di mitigare il problema con flussi significativi e direttamente proporzionali di persone di talento da paesi esteri. Le misure introdotte negli ultimi anni, come il programma di visti per start-up tecnologiche extra-UE (Start- Up Act 2012) e il regime fiscale agevolato per le persone straniere che decidono di spostare la loro residenza fiscale in Italia (Legge Finanziaria 2017), non sono finora riuscite ad attrarre un numero significativo di beneficiari esteri.  La burocrazia e il linguaggio rappresentano ostacoli prominenti per studenti stranieri e lavoratori qualificati nei corsi accademici e nei luoghi di lavoro, e anche nella vita quotidiana. L’adozione dell’inglese dovrebbe essere più molto diffuso, specialmente nei programmi accademici ma anche come lingua di lavoro principale (o almeno alla pari con l’italiano) nelle grandi organizzazioni.

Le sfide e le difficoltà da superare per rinvigorire le politiche dell’innovazione sono numerose e complesse. Seguendo queste indicazioni si potrebbe però invertire la rotta. L’innovazione deve essere un punto di partenza. Non solo di arrivo.

Umberto Cucchi

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