Il poligono a servizio della caserma “Ferrante Gonzaga del Vodice” di Foligno

Nel 1870 il Comune di Foligno concede gratuitamente, alla periferia della città, un vasto terreno per la costruzione di un Caserma, che è edificata rapidamente anche con il contributo del Comune di 200.000 lire. È la prima Caserma costruita dopo la costituzione del Regno d’Italia nel marzo 1861.  

Nel 1872 la Caserma è assegnata al 1° Reggimento Artiglieria da Campagna, ippotrainata, “Cacciatori delle Alpi” (che portano le caratteristiche cravatte rosse), che vi rimane fino al 1943.

Per la presenza della Caserma, di numerose industrie (in particolare il grande zuccherificio) e per il fatto di essere un importante nodo stradale e ferroviario, Foligno durante la Seconda guerra mondiale diventa un importante obiettivo militare e quindi subisce circa 40 bombardamenti da parte degli Angloamericani.

La Caserma nel dopoguerra, è intitolata al generale Ferrante Gonzaga Del Vodice, comandante della 22ª Divisione costiera dislocata nel salernitano, ucciso dai tedeschi dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943 e decorato con la Medaglia d’Oro al Valore Militare. Nel 1952 è assegnata al 18° Reggimento di Artiglieria, che però l’anno seguente è trasferito a Rimini. Pertanto, nel giugno 1953 nella Caserma è insediata la Scuola Allievi Ufficiali e Sottufficiali di Artiglieria (SAUSA), dipendente dalla Scuola di Artiglieria di  Bracciano (Roma).

Gli Allievi della SAUSA si esercitano per brevi periodi nel poligono di tiro che comprende i Monte Pennino (1571 m) e Monte Acuto (1300 m), che si trovano sull’Appennino al confine tra l’Umbria e le Marche, e la zona sottostante, pianeggiante, usata per le manovre dei carri armati e dell’artiglieria, compresa tra i borghi montani di Annifo (frazione del Comune di Foligno) e di Collecroce (frazione del Comune di Nocera Umbra). 

Nasce l’opposizione al poligono

Fino al 1976 il poligono di tiro è usato, per brevi periodi, per le esercitazioni militari della SAUSA di Foligno e del 130° Battaglione motorizzato “Perusia” (nome latino di Perugia), basato a Spoleto. In questo modo non sono compromesse le varie attività agricole (soprattutto la coltivazione della famosa “patata rossa” di Colfiorito, che è il centro principale della zona, ubicato sulla Strada Provinciale n.77, che unisce l’Umbria alle Marche) e l’allevamento dei bovini e degli ovini, che sono le uniche risorse economiche per gli abitanti della zona. Inoltre, l’importo degli indennizzi, ricevuti dai proprietari dei terreni ubicati all’interno del poligono militare, compensa abbastanza i danni che derivano dalle esercitazioni militari. Pertanto, gli agricoltori accettano la limitata presenza dei militari.  

Però dal 1976 il poligono militare incomincia ad essere utilizzato anche da reparti militari provenienti da altre Regioni, anche perché il terremoto del Friuli del 6 maggio 1976 (con Magnitudo 6.5 della Scala Richter) e le ulteriori scosse dell’11 e del 15 settembre hanno reso impossibile l’utilizzo dei poligoni della Regione, che ha molte caserme e vaste servitù militari essendo ubicata al nostro confine orientale, da dove si teme l’invasione di truppe provenienti dai Paesi comunisti dell’Est europeo, aderenti al Patto di Varsavia a guida sovietica. 

Inoltre la nuova Legge sulle Servitù militari del 24 dicembre 1976 n.898 prevede all’art.3 l’individuazione entro 5 anni, da parte di un Comitato paritetico, istituito in ogni Regione tra l’Ente locale e l’Autorità militare, di aree da espropriare per la costituzione di poligoni di tiro “permanenti”, come deve diventare, secondo il Ministero della Difesa, il poligono dei Monte Pennino e Monte Acuto.   

Pertanto dal 1977 il poligono è sempre più usato, anche con la presenza di carri armati, non consentendo lo svolgimento delle normali attività agricole e pastorali. Inoltre, gli abitanti iniziano ad avere paura perché i proiettili passano spesso, sibilando, sopra le case e di frequente gli agricoltori e i pastori trovano nei campi proiettili non esplosi. Si rivolgono quindi agli amministratori comunali, chiedendo la riduzione drastica della durata delle esercitazioni militari, come era in precedenza. Però i Comandi militari non hanno alcuna intenzione di venire incontro alle richieste degli agricoltori, neppure cercando una soluzione di compromesso. Quindi le contrapposte posizioni si irrigidiscono ulteriormente, anche perché gli agricoltori vogliono vivere del proprio lavoro, continuando a svolgere sui propri terreni le tradizionali attività agricole, che sono impedite dalle continue esercitazioni militari. Inoltre, gli esigui indennizzi pagati per l’uso del poligono non compensano più i notevoli danni arrecati. Pertanto, si fa strada tra gli agricoltori la volontà di passare a forme di lotta sempre più dure, se non è accolta la loro richiesta di riduzione del periodo di utilizzo del poligono. A riguardo prendono a modello la resistenza, attuata dal 1972 da alcune centinaia di agricoltori della regione francese del Larzac, contro l’ampliamento del locale poligono militare da 3.000 a 17.000 ettari, che sono andati a protestare anche nella capitale Parigi, sfilando con i loro trattori sotto la Torre Eiffel.

L’occupazione

Il 18 aprile 1978 il Comitato di frazione di Annifo (organo del decentramento amministrativo del Comune di Foligno) vota a stragrande maggioranza un ordine del giorno nel quale si afferma che l’aumentata attività del poligono non è più compatibile con lo sviluppo economico della zona. Al riguardo il Comitato, per sostenere la lotta contro il poligono, diffonde un documento ciclostilato nel quale si afferma che “l’area di Annifo-Collecroce-Monte Pennino è una delle più prospere del territorio” e che nella zona “non si è avuto lo spopolamento e l’abbandono delle terre, ma invece  un continuo miglioramento della potenzialità agricola tesa a promuovere un lavoro anche per chi ne è privo”. Inoltre si afferma che la zona è inserita nel Piano regionale e comunale di sviluppo agricolo, con la presenza di centinaia di agricoltori e di allevatori. In particolare, la produzione agricola annua è di 25.000 quintali di patate rosse, di 70.000 quintali di foraggi. Inoltre, riguardo ai capi di bestiame, ci sono circa 1.250 bovini, 1.500 ovini e 700 suini. La produzione giornaliera di latte è di 50 quintali, che è lavorato in tre caseifici locali, che occupano diverse persone, con un fatturato di circa 3,5 miliardi di lire.   

Inoltre nel documento del Comitato si afferma che gli abitanti della zona non vogliono essere “schiavi di meccanismi e decisioni altrui”, ma vogliono “decidere liberamente” del proprio destino, ben consapevoli che per le decisioni sbagliate altrui sarebbero solo loro a pagare sulla propria pelle. Si afferma anche che gli abitanti sono decisi a lottare fino in fondo affinché anche a loro sia dato vivere “nei luoghi di origine”. Si afferma inoltre che è aumentato notevolmente il rischio per gli abitanti, per la presenza di vari proiettili inesplosi. Al riguardo, il giorno precedente, 17 aprile, il Comando militare di Foligno ha comunicato, quattro giorni dopo la fine delle esercitazione, e non subito, che erano stati trovati ben tre proiettili inesplosi, confermando così quanto gli agricoltori avevano più volte denunciato. 

Nei mesi seguenti continua a crescere il malcontento degli abitanti della zona.    

La mattina del 27 settembre 1978 gli abitanti di Collecroce (Frazione del Comune di Nocera Umbra) passano all’azione diretta e occupano, insieme ad alcuni agricoltori di Annifo, il poligono di tiro, impedendo le esercitazioni previste per quel giorno.   

Il 10 ottobre 1978 la Giunta del Comune di Foligno, retto da una maggioranza politica di sinistra, prende finalmente una chiara posizione contro l’intensificazione delle esercitazioni militari, ritenendole incompatibili con il Piano di sviluppo economico agricolo, approvato sia dal Comune che dalla Regione. Invita quindi, insieme all’Amministrazione comunale di Nocera Umbra, il Comando Militare di Foligno a sospendere le esercitazioni per trovare una soluzione. 

Dato che il Comando militare non risponde, il 18 ottobre si tiene una affollata assemblea degli agricoltori di Annifo e dei vicini borghi minori, che propongono con forza di occupare il giorno seguente il poligono di tiro per impedire le esercitazioni, il cui svolgimento è stato comunicato dalle Autorità militari. Però alla fine si decide di non fare l’occupazione in quanto i rappresentanti dei Partiti presenti all’assemblea si impegnano a trovare una soluzione con il Comando militare. Però nelle settimane seguenti non si trova alcuna soluzione al problema. Pertanto, l’8 novembre si svolge una nuova affollata assemblea degli agricoltori della zona, che decidono di procedere all’occupazione ad oltranza del poligono, avendo atteso, inutilmente e da molto tempo,  che si trovasse un accordo con le Autorità militari, che, invece hanno dimostrato di essere sorde a qualunque richiesta.

Pertanto, la sera del 10 novembre gran parte della popolazione della zona di Annifo e di Collecroce, comprese donne e ragazzi, occupa le terre del poligono, portando con sé anche il bestiame e si sistemano nelle tende per passare la notte.

Gli abitanti espongono cartelli con vari slogan, quali “L’aratro non il cannone”, “Si vive di agricoltura non di cannonate” , “Il Pennino con i fiori non con i buchi”

La solidarietà agli occupanti

Il giorno seguente, 11 novembre, il Comitato di Quartiere (termine più usato rispetto a quello di Consiglio di Frazione) di Annifo diffonde un ciclostilato nel quale riferisce la decisione della popolazione (presa il giorno precedente) di occupare a oltranza le terre del poligono di tiro del Monte Pennino e del Monte Acuto per chiedere il rispetto del Piano di sviluppo regionale e comunale, che destina la zona ad attività agricola e pastorale, e quindi la fine immediata delle esercitazioni militari, che “provocano  gravi ed irrimediabili danni all’ambiente naturale e all’agricoltura” e “non permettono una vita regolare e tranquilla agli abitanti della zona”. Inoltre il Comitato chiede alla Regione ed al Comitato paritetico regionale, previsto dalla Legge sulle servitù militari del 24 dicembre 1976 n.898, lo “smantellamento definitivo del poligono militare di Monte Pennino-Monte Acuto a partire dal primo gennaio 1979”. 

La sera dell’11 novembre si riunisce il Consiglio Comunale di Foligno e tutti i partiti, anche quelli all’opposizione, approvano un documento con il quale si invita la popolazione di Annifo a desistere dall’occupazione, auspicando l’individuazione, al più presto, da parte della Regione, di un’altra area nella quale ubicare il poligono.   

Nei giorni seguenti arrivano sul posto anche alcuni generali per cercare di convincere gli  agricoltori a desistere dall’occupazione del poligono.  

Tutti i mezzi di informazione della Regione danno grande risalto all’occupazione, a partire dalle pagine locali di alcuni quotidiani nazionali, soprattutto La Nazione (di Firenze) e Il Messaggero (di Roma). Anche i giornali dei Partiti di Sinistra, soprattutto L’Unità (organo del Pci), Il Manifesto e Lotta Continua (organo dell’omonimo Movimento politico) prendono posizione a favore degli occupanti. In particolare Il Manifesto sottolinea che tutti gli agricoltori  della zona sono uniti nel sostenere l’occupazione del poligono, al di là delle loro differenze ideologiche.  

L’occupazione è sostenuta anche dal Partito Radicale e dagli Obiettori di coscienza al Servizio militare, che svolgono a Foligno il Servizio civile alternativo. 

A questo punto, in seguito all’ampia informazione data all’occupazione ed alla grande solidarietà avita dagli occupanti, i Partiti al governo della Regione decidono finalmente di intervenire. Quindi la mattina del 15 novembre convocano a Perugia i sindaci dei Comuni di Foligno e di Nocera Umbra e i rappresentanti del Comitato di Quartiere di Annifo e del Comitato di agitazione di Collecroce. Dopo un’ampia e accesa discussione è approvato un documento nel quale si chiede la cessazione immediata dell’occupazione del poligono e la Regione si impegna ad individuare entro il 31 dicembre, insieme con le Autorità militari, un’altra area per la costituzione di un nuovo poligono di tiro in modo da chiudere entro l’anno quello del Monte Pennino-Monte Acuto.    

La sera dello stesso giorno il documento è esaminato dall’assemblea della popolazione di Annifo e Collecroce. Dopo una accesa discussione il documento è approvato a larga maggioranza e quindi l’occupazione viene sospesa. Nei giorni seguenti riprendono le esercitazioni militari. 

Il 22 novembre si riunisce il Comitato paritetico, che però non decide nulla in merito alla individuazione di un’altra area regionale nella quale costituire entro il 31 dicembre il nuovo poligono. Pertanto, le esercitazioni non cessano alla fine dell’anno, come scritto nel documento approvato il 15 novembre. Allora gli agricoltori minacciano di occupare di nuovo il poligono. Per evitarlo i sindaci di Foligno e di Nocera Umbra chiedono di nuovo alla Regione di trovare l’accordo con le Autorità militari per spostare il poligono.

Domenica 4 marzo 1979 a Nocera Umbra si svolge una affollata manifestazione popolare, alla quale gli agricoltori arrivano con i trattori, dimostrando la loro ferma volontà di riprendere la lotta contro il poligono. Interviene il Sindaco Walter Ruggiti, che chiede con forza il rispetto del Piano di sviluppo agricolo della zona. Riferisce inoltre della possibilità di impiantare nella zona una industria estrattiva, con un investimento di  2 miliardi di lire. Il rappresentante del Comitato di agitazione, Bruno Albanesi, riconferma la volontà della popolazione di occupare di nuovo il poligono se non viene cancellato in tempi brevi, come scritto nel documento approvato nell’incontro alla Regione del 15 novembre 1978, che ha portato alla sospensione dell’occupazione. 

Il 10 marzo 1979, il capo di Stato Maggiore dell’Esercito incontra a Roma il presidente della Regione, l’assessore regionale all’Assetto del territorio e i sindaci di Foligno e di Nocera Umbra. Si decide di chiudere entro l’anno il poligono del Monte Pennino. Finalmente la popolazione di Annifo e di Collecroce ha vinto, dopo due anni di lotta che ha portato all’occupazione del poligono per ben cinque giorni, dal 10 al 15 novembre 1978.

Nel giugno 1981, in seguito alla chiusura del poligono, la Scuola SAUSA di Foligno è accorpata alla Scuola di Artiglieria di Bracciano. Nella Caserma si insedia il Reggimento di Addestramento reclute “Basilicata”, che è sciolto nel 1996. Poco dopo la Caserma diventa la sede del Centro Nazionale di Selezione e Reclutamento dell’Esercito. 

Giorgio Giannini

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