Domenica 12 giugno, insieme alle elezioni amministrative, si voterà su cinque referendum in tema di giustizia, promossi da Lega e radicali e ammessi lo scorso 16 febbraio dalla Corte costituzionale. Gli italiani dovranno esprimersi su 5 quesiti riguardanti: custodia cautelare, separazione delle carriere dei magistrati, elezione del Csm, consigli giudiziari, incandidabilità dei politici condannati. Ospitiamo l’intervento dell’avvocato Mirco Consorte, coordinatore progetto Giustizia penale e diritti fondamentali presso IgiTo – Istituto giuridico internazionale di Torino

Il quesito referendario riguarda la possibile abrogazione della norma del codice di procedura penale. La norma inserisce tra i requisiti applicativi della custodia cautelare in carcere il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di quello per cui la stessa è applicata. E si inserisce in un contesto concernente la situazione carceraria italiana e giudiziaria che porta a rilevare una problematica più ampia di quella che si possa pensare.

In primo luogo bisogna sottolineare la differenza fondamentale tra un soggetto già condannato in via definitiva per un reato ed un soggetto in attesa di giudizio – spesse volte anche di primo grado – e che, a norma della Costituzione è da ritenersi non colpevole fino a pronuncia irrevocabile di condanna.

Limitazioni misure cautelari

Il problema che il quesito punta ad affrontare è proprio quello dell’alto numero di persone che, non ancora condannate definitivamente e, quindi, non colpevoli, si trovino recluse negli istituti penitenziari italiani. Il requisito di legge di cui si propone una parziale abrogazione è quello relativo al pericolo di reiterazione di reato simile a quello per cui la misura carceraria viene emessa.

Una formula legale che molte volte non si propone, nella sua applicazione concreta, con una reale ed effettiva valutazione da parte del Giudice sulla pericolosità della persona destinataria. Ma rimane un’astratta formula di stile per giustificare il più duro regime cautelare.

Tempi troppo lunghi per l’obbligatorietà

Occorre sottolineare che la problematica non si palesa solamente nei casi di arresto flagrante di reato. Ma soprattutto allorquando vengono emesse misure cautelari a distanza di tempo dai fatti. Lassi temporale anche lunghi dei quali il Giudice potrebbe tener conto per verificare in concreto la pericolosità di reiterazione criminale del soggetto. E che, nella maggior parte dei casi, consentirebbe prima dell’emissione dell’ordinanza già di ritenere non esistente tale requisito obbligatorio di legge.

Che fare con i reati minori e gli incensurati

Il problema si presenta, soprattutto, con riferimento ai reati di minore gravità, ma che superino, comunque, i limiti di applicazione della custodia carceraria previsti dell’art. 280 c.p.p. (reati con la pena massima non superiore ad anni cinque). O quando si procede contro persone incensurate e che potrebbero usufruire della sospensione condizionale della pena. Peraltro, ancor prima degli interventi delle Istituzioni Europee, sia la Corte di Cassazione che la Corte Costituzionale hanno dettato importanti massime in accordo con le quali le misure detentive – soprattutto quella carceraria – debbono essere una extrema ratio. Purtroppo queste direttive interpretative rimangono, nell’applicazione quotidiana, lettera morta.

Un ostacolo chiamato sovraffollamento

Da questa erronea applicazione della lettera c) del I comma dell’art. 274 c.p.p., utilizzata come motivazione residuale e di stile in molti atti cautelari, discendono molteplici problematiche. La prima questione – quella più ovvia – riguarda l’endemica situazione di sovraffollamento delle carceri italiane. Infatti, come rilevato dalle ultime statistiche del Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria al 31 marzo 2022, gli istituti italiani ospitano circa 4 mila persona in più rispetto alla capienza prevista. Dei quali poco meno di un terzo sono persone non condannate in via definitiva (quasi 16.000). E di costoro quasi 7.500 sono ancora in attesa di qualsivoglia giudizio. Ossia non hanno neanche ancora ricevuto una condanna di primo grado. Risultano quindi detenuti solamente con una valutazione cautelare e non di sussistenza del fatto per cui si procede (e proprio in tale fase si concreta l’applicazione maggiore del pericolo di reiterazione).

Italia unicum negativo a livello europeo

Questi numeri rappresentano un unicum negativo nel panorama europeo, tanto da aver attirato più volte l’attenzione – ovviamente non positiva – della Corte Europea dei Diritti. A questa più immediata problematica segue, non per importanza, quella relativa al costo economico per lo Stato. Sia per risarcire i detenuti costretti in spazi dichiarati fuori dagli standard di dignità umana. E sia per il pagamento delle sanzioni europee.

Quanto rimborsare per un improprio regime cautelare

Ulteriore esborso riguarda la necessità di risarcire per ingiusta detenzione coloro che, pur avendo patito una detenzione cautelare, sono, poi, riconosciuti innocenti in via definitiva. Le procedure giudiziali previste per questi casi dall’art. 314 c.p.p. parlano di circa mille persone all’anno riconosciute meritevoli di essere risarcite per aver subito ingiustamente un regime cautelare detentivo. La spesa complessiva dello Stato dall’introduzione di tale strumento risarcitorio si attesta in circa 795 milioni di euro.

L’abrogazione di questa parte dell’art. 274 c.p.p. obbligherebbe a valutare maggiormente in concreto la sussistenza degli altri requisiti applicativi previsti delle misure detentive cautelari evitando l’applicazione delle stesse con motivazioni generiche e di stile e le conseguenze negative di cui si è detto.
L’intervento, in tal senso e su questo argomento, non è certamente conclusivo e risolutivo delle emergenze rilevate, ma rappresenta un primo importante passo che possa obbligare lo stesso legislatore – totalmente inerte sul punto – ad attivarsi al fine di adeguare l’intero impianto delle misure cautelari agli standard costituzionale, europei e – volendo – anche di logica umana.

Mirco Consorte

Mirco Consorte

Avvocato penalista iscritto all’Ordine degli Avvocati di Torino dal 29.11.2016 Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Torino 23.04.2014. Dal 10.05.2014...

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