Un’analisi ha rilevato che la spesa di 260 miliardi di dollari nel prossimo decennio ridurrebbe sostanzialmente le possibilità di un’altra pandemia sulla scala dell’epidemia di Covid-19.

Una cifra che appare molto alta, ma che a guardare bene rappresenta solo il 2 percento degli 11,5 trilioni di dollari che si ritiene sia la stima del costo globale che ha avuto la pandemia di coronavirus, secondo un’analisi pubblicata sulla rivista Science.

Con una postilla, la sproporzione tra investimenti e costi, dovrebbe servire per intervenire sulla vera causa dell’espansione di una nuova pandemia: la continua distruzione della natura.

La protezione della fauna selvatica deve essere prioritaria in futuro, in particolare riducendo la deforestazione e regolando il commercio internazionale di animali. Entrambi hanno portato l’uomo e il bestiame a un contatto ancora maggiore con la fauna selvatica, aumentando le possibilità di trasmissione di agenti patogeni. Il rapporto osserva che i bordi delle foreste tropicali, in particolare, sono una grande piattaforma di lancio per nuovi virus umani e il contatto con la fauna selvatica è più probabile quando si perde il 25% della copertura forestale originale. Si prosegue affermando che “il chiaro legame tra la deforestazione e l’emergenza di virus suggerisce che un grande sforzo per mantenere intatta la copertura forestale avrebbe un grande ritorno sugli investimenti, anche se il suo unico vantaggio era ridurre gli eventi di emergenza del virus”. Ridurre la deforestazione avrebbe ovviamente un ulteriore vantaggio: ridurre i livelli di CO2 che alimentano la crisi climatica. Così come già ricordato anche in questo commento al libro Spillover che narra proprio il salto di specie alla base della diffusione di nuovi virus.

Oltre a salvare le foreste, il rapporto ha raccomandato diverse misure aggiuntive come un rilevamento e un controllo precoce più efficaci, la fine del consumo di carne selvatica in Cina e la riduzione della diffusione di malattie attraverso il bestiame. Sono in corso discussioni sull’eliminazione graduale del settore agricolo cinese della fauna selvatica da 20 miliardi di dollari e si pensa che impiegherà circa 15 milioni di persone. Gli sforzi sono giustificati dal fatto che l’industria crea rischi per l’insorgenza di malattie mentre mancano normative sulla salute e la sicurezza. Il rapporto afferma che sono necessarie leggi che vietano il commercio nazionale e internazionale delle specie ad alto rischio e che le normative devono tenere animali come primati, pipistrelli, pangolini, zibetti e roditori fuori dai mercati e lontano dal consumo umano.

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Alessandro Cappai

Giornalista. Insegna giornalismo digitale al master in giornalismo “Giorgio Bocca” all’Università di Torino. È un orgoglioso iscritto dell’Online News Association. È stato speaker al Festival...

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