Fabio Ghiberti è un avvocato penalista torinese; ama la professione ma non ha mai disdegnato di coltivare le sue passioni: la tutela dei diritti civili, la difesa delle vittime di soprusi da qualsiasi parte siano originati. Dopo essere stato, con il radicale Giovanni Negri, uno dei promotori dell’Associazione liberale denominata “La Marianna” (l’icona della rivoluzione francese) fu uno dei soci fondatori della società editrice L’Incontro quando, nel 2019, la testata fu rilevata dal fondatore Bruno Segre.

Mori e Ghiberti compagni di battaglie civili

In questo contesto professionale e di passione civica e civile, Ghiberti, sempre insieme a Giovanni Negri, nel 2017 iniziò ad occuparsi del dossier Mori, il Generale dei Carabinieri, oggi ottantaquattrenne imputato di diversi e gravissimi reati connessi con il suo ruolo all’interno dell’Arma dei Carabinieri. Proprio a seguito dell’ottenimento dell’ultima sentenza di piena assoluzione del Generale, Mori decise di pubblicare una specie di racconto della sua storia professionale, con il supporto proprio di Fabio Ghiberti, divenuto suo compagno di battaglie civili. Una storia privata che coincide spesso con la storia del nostro Paese. Una storia di cui il Generale fu un protagonista sempre sobrio e riservato. Una storia che parte proprio dalla sua lunga e dolorosa vicenda giudiziaria.

Abbiamo avuto l’opportunità di chiedere al collega Ghiberti lumi e dettagli sul libro scritto a quattro mani con il Generale. Ecco il resoconto della chiacchierata.

Partiamo dalla carriera del Generale Mori

È l’uomo per le emergenze. Era al SID durante la guerra fredda, era a capo dell’anticrimine romano con il sequestro Moro, gli si chiese di fondare il ROS all’epoca delle stragi di mafia, lo si mise a capo del SiSDE dopo l’attentato delle torri gemelle. Un percorso glorioso, ma anche drammatico perché è la metafora di un paese che divora i migliori: quando c’è “paura” i bravi vengono valorizzati, nei periodi di quiete i bravi vengono ostracizzati e isolati. C’è un filo rosso che lega i migliori, da Giovannone a Mori, da Dalla Chiesa a Falcone fino a Borsellino. Eroi infangati, lasciati soli, uccisi.

Come nacque l’incontro con il Generale?

Nell’ormai lontano 2017. Con l’associazione liberale La Marianna io e Giovanni Negri decidemmo che bisognava “fare qualcosa” per denunciare quanto stava subendo Mori a livello processuale e mediatico. Ci inventammo “la legge Mori” sulla decadenza penale e la presentammo in sala stampa in Parlamento. Facemmo un docufilm con Crespi e organizzammo tanti convegni sui temi di giustizia e civili che la “vicenda Mori” portava con sè. La nostra proposta di legge è poi confluita, con orgoglio, nella legge Cartabia. Una bella battaglia politica e giuridica nello stile del partito radicale che fu e che non è più. Poi è arrivato il libro. All’inizio eravamo soli, ma avevamo ragione: Mori ha vinto tutti i processi in tutti i gradi, rinunciando alla prescrizione.

E veniamo alla genesi del libro: come e quando nacque l’idea?

A casa del colonnello De Donno davanti ad un risotto preparato da me (avevo portato a Roma un po’ di Piemonte: riso di Vercelli, Barolo di La Morra, Castelmagno). Lo ascoltavo mentre mi parlava delle loro gesta ai servizi ed al Ros e dopo mi sono reso conto che tutta la storia recente di Italia era scandita dai successi di Mori. Sventò un attentato palestinese a Fiumicino quando era al SID. Sgominò la colonna romana delle BR ed altri arresti li mise a segno al Nord (anche nella nostra Torino). Ebbe un ruolo importante nel contrasto ai “neri”; catturò Riina ed altri mafiosi. Al SiSDE contribuì alla cattura di latitanti e ci protesse dal terrorismo islamico (l’Italia fu forse l’unico paese Europeo a non aver subito stragi). Mi è venuto in mente che forse non si dovesse parlare di quest’uomo solo in termini giudiziari, ma che bisognasse anche cantarne le gesta e, con esse, raccontare un po’ di storia. Anche per far comprendere il danno collettivo che si produce attaccando il merito e i meritevoli. Se Churcill fosse stato italiano sarebbe stato imputato di tentata strage per le vicende di Dunkirk…. Lui reagì come è lui: “ma a chi volete che interessi la mia storia??” Meno male che Elisabetta Sgarbi con la sua casa editrice la “Nave di Teseo” la pensava diversamente e, così, siamo andati in classifica. La dimostrazione che quella storia interessa eccome!! “

Qual è la tua valutazione su questo servitore dello Stato dopo averlo frequentato parecchio negli ultimi anni?

Credo che si intuisca: grande stima. Un uomo di intelligenza e nervi solidissimi. Laico ed onesto. Poche parole, tanta concretezza. Lo hanno sottratto al Paese per 20 anni. Io che con lui ho consuetudine, acquisisco cultura preziosissima storica, giudiziaria, geopolitica soprattutto.

Qual è stato il sentiment di Mori dopo le sentenze che lo hanno assolto dopo anni di gogna mediatica?

Non si sente e non si è mai sentito una vittima. Non apprezza infatti per nulla alcun accostamento ad Enzo Tortora. Egli ha sempre sostenuto di avere soldi, fisico e preparazione per affrontare tutto senza lamentarsi. Così è stato in effetti. Si preoccupa però per quelli che lui chiama i “Mario Rossi che possono trovarsi nella mia situazione senza i miei mezzi”. Ad alcuni avversari riconosce la buona fede, ad altri no e cosa pensi dei secondi lo lascio dire a lui.

Qual è stato il pensiero che ha accompagnato Mori durante il processo Stato-mafia

I processi sono stati 3, un ter in idem mi verrebbe da dire. Un grande teorema, un grande film come ha riconosciuto in maniera esplicita l’ultima Cassazione che ha usato l’espressione “ metodo storiografico”. Il frutto di un vecchio scontro, uno scontro che ha vinto lui e con lui un po’ di giustizia. C’è una frase nel libro: “il mondo non è ingiusto, è solo lento”. Dico io che la lentezza è a sua volta un’ingiustizia.

Allarghiamo il nostro orizzonte e andiamo oltre, sempre naturalmente nei limiti del “dicibile”. Qual è stato il ruolo di Mori nell’affaire Moro?

Il Generale era a capo dell’anticrimine e riuscì a catturare molti dei brigatisti coinvolti, quasi tutti, oltre a quelli che contribuì a catturare come capo del Sisde. Tranne Casimirri, ma nel libro si spiega anche perchè. Il Generale non ha mai tollerato i teoremi che guardano altrove rispetto ai terroristi o oltreoceano, ma non tanto per ragioni politiche (egli è sempre stato un estimatore di Pecchioli, per esempio), quanto per l’assenza totale di riscontri, che se vi fossero non farebbe fatica a valutare e commentare.

Qual è stato il suo rapporto con il Generale Dalla Chiesa?

Lo ha sempre considerato un maestro, un modernizzatore, un esempio!.

Qual è l’opinione del Generale sui misteri ancora esistenti sull’assassinio di Paolo Borsellino?

Che una delle concause, la principale, fu la volontà del magistrato di portare avanti l’indagine “mafia e appalti” che non veniva, per una serie di ragioni, sviluppata in modo unitario. Nella sua pertinace azione sta, secondo Mori, la ragione privilegiata per cui la mafia decise di eliminarlo.

Un’ultima domanda rinviando ovviamente i lettori alla lettura del libro “M.M.Nome in codice. UNICO” (La Nave di Teseo). Quale fu il ruolo del Generale nella vicenda Tangentopoli-Gardini-Marmi di Carrara-mafia?

Il suo ruolo – conclude l’avv. Ghiberti – fu quello di produrre le informative su Mafia e Appalti. Il dossier relativo alle società operanti nell’estrazione dei marmi a Massa Carrara e il loro collegamento con Roul Gardini si sviluppò sulla scia di quel filone (ci furono contatti tra Borsellino e Di Pietro). Non si occupò in via diretta né di Gardini, né della vicenda dei marmi. Certo nel libro lui sostiene che lo sviluppo dell’indagine mafia-appalti avrebbe potuto forse disvelare qualcosa sulle ragioni del suicidio di Gardini.

Riccardo Rossotto

Riccardo Rossotto

"Per chi non mi conoscesse, sono un "animale italiano", avvocato, ex giornalista, appassionato di storia e soprattutto curioso del mondo". Riccardo Rossotto è il presidente dell'Editrice L'Incontro srl

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