Siamo al 42° posto… su 180 partecipanti. Purtroppo non stiamo parlando del risultato di una disciplina sportiva ma di qualcosa di molto più importante e delicato: la percezione dei cittadini, nel mondo, sul tasso di corruzione nel proprio paese. Quello che è sorprendente è che i titoli dei giornali italiani “mainstream” hanno dato la notizia quasi con compiacimento: in fondo abbiamo confermato il… 42° posto!

Non ci sembra un risultato straordinario visto che ci consideriamo un paese democratico, moderno, perfettamente calato nella complessa attualità di questo terzo millennio. Ma vediamo come si formano queste classifiche che danno evidentemente la possibilità ai lettori di interpretazioni diverse, o forse addirittura opposte, come quella che stiamo raccontando.

Come funziona la classifica

Essere al 42° posto non è un vanto, a nostro avviso, ma semmai una piaga sulla quale varrebbe la pena riflettere. La classifica viene formulata ogni anno da una organizzazione internazionale non governativa, Transparency International, che si occupa appunto della lotta alla corruzione, non solo politica. Anche negli anni scorsi avevamo commentato su questa testata il risultato finale dell’indagine. Ogni anno, infatti, viene misurato il cosiddetto Cpi e cioè l’indice di percezione della corruzione nel settore pubblico di 180 paesi. Tale indice viene elaborato attraverso analisi e sondaggi destinati ad esperti e/o cittadini.

Il punteggio va da 0 (alto livello di corruzione percepita) a 100 (basso livello di corruzione percepita). Il nostro Paese, ad esempio, nel decennio dal 2012 al 2022 è stato tra i paesi che ha registrato maggiori progressi piazzandosi lo scorso gennaio 2023 al 41° posto con un indice percepito pari a 56. Quest’anno, malgrado l’indice sia rimasto stabile intorno al 56 punti, l’Italia ha perso una posizione: siamo scesi al 42° posto nella classifica dei paesi più virtuosi. Si è riconfermata al vertice di tale classifica mondiale la Danimarca con un indice 90, seguita dalla Nuova Zelanda (87) e dalla Finlandia (85). Nella bassa classifica troviamo la Somalia (11 punti), il Venezuela, la Siria e il Sud Sudan.

Le criticità

L’indagine di Transparency International ci dice che più dell’80 % della popolazione mondiale vive in paesi con un Cpi al di sotto di 43. Quali le criticità italiane emerse dall’indagine? Sostanzialmente le principali sono tre: (i) le carenze normative sul tema del conflitto di interessi nei rapporti tra la P.A. e il settore privato, (ii) la mancanza di una disciplina in materia di lobby, (iii) la recentissima sospensione del registro dei titolari effettivi per arginare il dilagante fenomeno dell’anti-riciclaggio.

Proprio su questi temi e per cercare di migliorare la percezione dei cittadini del mondo in ordine alla persistente corruzione, la Commissione Europea ha proposto una direttiva specifica sull’anti-corruzione con l’intento di armonizzare le norme diverse esistenti nei vari stati membri, irrobustendo le sanzioni penali e aumentando i poteri di controllo e repressione delle forze dell’ordine.

Tornando al quesito iniziale: dobbiamo essere fieri di come viene percepita la corruzione nel nostro Paese? Diremmo proprio di no! Aggiungiamo che dovremmo partire da questo dato per attuare una serie di iniziative legislative proprio nei tre settori che abbiamo citato e che costituiscono le più evidenti anomalie deficitarie del nostro Paese… ma non le uniche!

Riccardo Rossotto

"Per chi non mi conoscesse, sono un "animale italiano", avvocato, ex giornalista, appassionato di storia e soprattutto curioso del mondo". Riccardo Rossotto è il presidente dell'Editrice L'Incontro srl

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