A conclusione degli interventi che L’Incontro ha pubblicato sui referendum fissati al 12 giugno p.v., vale la pena di raccogliere le idee ed i suggerimenti emersi.

Referendum abrogativi e democrazia

La nostra Carta Costituzionale prevede all’art. 75 il solo referendum abrogativo con un limite numerico di proponenti assai limitato. La richiesta può essere avanzata da 500.000 (cinquecentomila) elettori o da 5 (cinque) Consigli Regionali. Tale limite numerico appare troppo tenue, sia in considerazione del semplice dato numerico del totale degli elettori dell’epoca (basti pensare che gli aventi diritto al voto per il referendum del 1946 sulla scelta tra Monarchia e Repubblica erano circa 28 milioni e votarono 25 milioni circa). Sia in considerazione dell’aumento del numero dei giovani chiamati al voto, che è quello previsto per le elezioni della Camera dei Deputati (21 anni in passato e ora 18).

Troppo poche 500 mila firme

Un ragionevole innalzamento del numero dei cittadini promotori non potrebbe quindi essere visto come un attentato alla democrazia. Ma piuttosto come un argine alla deriva referendaria che ormai domina nel nostro Paese. E aggiungo con gravi danni politici e con costi elevati a carico della collettività.

I temi oggetto dei cinque referendum

Il citato art. 75 della Costituzione prevede che per poter essere approvato ciascun referendum abrogativo deve superare un doppio limite.
Quello della partecipazione al voto della maggioranza degli aventi diritto.
Quello della maggioranza dei voti validamente espressi.
E’ quindi intuitivo che se non si chiamano i cittadini a votare su questioni comuni ad essi e ampiamente condivise, con quesiti chiari e semplici, il rischio di un insuccesso è dietro l’angolo.

La disaffezione dei cittadini è alta

Come dimostra il numero elevato di referendum che negli ultimi trent’anni sono stati proposti ai cittadini i quali non hanno neppure partecipato al voto. Una volta che i cittadini sono stati convinti ad andare a votare c’è ancora il problema del raggiungimento della maggioranza dei voti affinchè il referendum abrogativo possa essere approvato. A proposito non può negarsi che i temi proposti nel caso in esame siano di notevole complessità, perché relativi ad aspetti tecnici del funzionamento della Giustizia.

Inoltre, assai colpevolmente, i promotori dei referendum non hanno mai spiegato con chiarezza ai cittadini quali sarebbero le reali conseguenze di un voto favorevole. In alcuni casi, nessuna (ad esempio la presenza di Avvocati nei Consigli Giudiziari ove si valutano i Magistrati sarebbe sempre minoritaria!). In altri casi, gravissime (ad esempio le misure cautelari anche in presenza di reati gravi verrebbero depotenziate).

L’esito è sempre in mano ai cittadini

In definitiva tutta la polemica che si è innescata sull’andare a votare per il Sì o per il No o, addirittura, per il non andare a votare, è strumentale. Posto che è proprio nelle mani dei cittadini il destino dei quesiti proposti da Radicali e Lega. Questi ultimi, se non si raggiungerà il “quorum”, non dovranno quindi, come avverrà sicuramente il giorno dopo, dare la colpa di ciò a Tv, giornali, Partiti, etc., . Essendo essi i primi responsabili di quesiti tecnici, complessi e confusi quali quelli proposti.
Se nonostante l’insuccesso si continuerà a chiamare i cittadini ad esprimersi su referendum di assoluta inutilità, nessun problema. Tanto il costo della consultazione popolare verrà pagata, come al solito, dallo Stato e cioè da tutti noi.

Alessandro Re

 

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