Maria Pia Ammirati, attualmente direttrice di Rai Fiction, e scrittrice affermata che può contare nel suo palmarès premi importanti, questa volta è arrivata in libreria con un romanzo “Vita ordinaria di una donna di strada”, edito da Mondadori, che racconta la drammatica storia di una povera e sventurata ragazza romena che si trova, suo malgrado, nella condizione di doversi prostituire.

Il racconto di Ammirati parte da lontano, da quando la bellissima Nadia, nata e cresciuta nelle campagne a nord di Bucarest, conduce una vita di miserie umane, sia dal punto di vista economico che morale, con lei costretta a vivere con un padre e una madre che la educano a suon di botte, nella promiscuità, nell’ignominia, in cui ogni sentimento vero, dall’amore ai sogni, è bandito al punto che l’unica soluzione per non soccombere è “non affezionarsi a nessuno, a fidarsi poco, a temere la madre e il padre, a guardarsi le spalle per strada, a diffidare della città là dove da sempre si diceva sparissero le ragazze, agguantate da mani nere e portate via in lunghe macchine di funzionari di Stato”. È un destino che, inevitabilmente, capiterà anche a lei, ma non prima di aver provato l’umiliazione di un mondo in cui la nuda animalità, semmai gli animali siano capaci, ma non lo sono, di sacrificare i propri figli.

Nadia sarà venduta ancora minorenne, la sua bellezza era già un richiamo, lo era addirittura per la zia lesbica che maschererà dietro il legame di consanguineità le sue voglie represse spingendola a rapporti che, una volta scoperti, segneranno l’allontanamento della zia e la cessione di Nadia, per un pugno di denari, a un lenone che, prima di inserirla nel mercato della carne, pretende di insegnare, a lei vergine, l’arte della seduzione. Un’esperienza talmente traumatica per la ragazza, che  la spingerà a una fuga e a nascondimenti che la trascineranno in ambienti derelitti, cupi, talmente duri, come dormire sotto i ponti, in mezzo a un’umanità maledetta e violenta, che la faranno ripensare ai privilegi che, viceversa, riceverebbe da un suo prostituirsi. La trattiene, per poco, l’ingenuo amore di un ragazzone, Eros, che pensa addirittura di sposarla e che presenta ai genitori con i quali va a vivere per tre settimane, ma dove si ritrova nella stessa condizione di sfruttamento in cui era cresciuta nella propria casa, tra il fango, i maiali, il loro macello e gli strazianti grugniti delle povere bestie braccate nel porcile per essere legate e dilaniate. Nottetempo, mentre genitori ed Eros dormivano, esce di casa per raggiungere la fermata del bus che la riporta a Bucarest, dove si sarebbe ripresentata al lenone, Antonio, il quale, vedendola, non mostra più la delicatezza interessata della prima volta e la getta subito nell’agone del turpe mercato di strada. Questo non prima di averle spiegato tutte le condizioni del suo lavoro: “gli orari degli spostamenti da casa alla strada, le visite mediche da fare a proprie spese, l’attenzione ai rapporti completi e l’uso del preservativo, per evitare aborti che l’avrebbero tenuta  ferma troppo tempo”. E la messa in guardia sul provare a imbrogliarlo “e se provi a scappare è la volta che ti ammazzo”.

Ma in strada, mezza nuda, con tacchi vertiginosi che non ha mai portato, il freddo che la illividisce, non è come immaginava, e quando si avvicina il primo cliente è talmente in panico da non ricordare neppure la tariffa, offrendo il suo corpo senza guardare l’uomo neppure in faccia “perché fissava le tenebre nel terrore, ridicolo, di essere vista”. Ma si abituerà, anche perché ben addentrata nelle regole del gioco da Irina, una compagna più esperta e rassegnata, che le spiegherà: “Niente è incoraggiante in questo mestiere. Il coraggio lo devi trovare da sola. E ti consiglio di farlo subito, di entrare nella parte, sapendo che ogni sera dovrai recitare, e anche essere brava. Solo così ti staccherai dal tuo corpo, potrai andare avanti senza sentirti sporca, un animale; senza ripensare a tutti gli uomini che incontri e che spesso ti faranno schifo, perché tu sei bella e giovane e loro sono malati, vecchi e brutti”.

Maria Pia Ammirati ben racconta la discesa agli inferi di Nadia, anche il grande dolore che prova quando verrà a sapere che Irina è morta ammazzata, strangolata nel corso di una violenta gang bang e il suo corpo nudo e offeso, senza neppure coperto da un lenzuolo, abbandonato in un prato.  

Antonio, nonostante goda della protezione della polizia, deve provvedere a nascondere la sua “mercanzia”. Nadia, sbattuta in una casa sconosciuta, “stretta in una morsa di ghiaccio e dolore” si domanda per la prima volta se era valsa la pena di abbandonare la vita dura della contadina di prima rispetto all’orrore che stava vivendo. “Si figurò come un orinatoio, di quelli che stavano negli angoli della città, un orinatoio alla mercè del bisogno urgente del primo passante”.

Nadia diventa maggiorenne lo stesso anno della morte di Irina, e per Antonio si apre la prospettiva, bella com’era, di venderla a un giro più alto.  Ed eccola arrivare a Praga, dove conoscerà un ambiente più raffinato e condizioni di vita, per quanto coatte, superiori a quello che finora aveva vissuto.

Qui ci sarà una svolta anche sul piano sentimentale, però con una donna tedesca, Gertrude, che una volta a settimana e per diversi mesi pagherà per stare con lei e fare l’amore, in forme che la riportano alle delicatezze che aveva sperimentato nell’adolescenza con la zia lesbica, ma con il trasporto di un sentimento che non aveva mai provato prima. Ma l’incontro con Gertrude avrà risvolti inediti, dai contorni di un giallo, che lasciamo al lettore la sorpresa di scoprirli per non togliergli il gusto finale di un racconto, comunque, sempre avvincente, profondamente umano, senza mai scadere nel facile pietismo che vite come quelle di Nadia suscitano e che hanno invece bisogno di una riflessione non banale e non ipocrita in virtù di un fenomeno, come quello della prostituzione, molto diffuso nella nostra società. 

Diego Zandel

Maria Pia Ammirati, Vita ordinaria di una donna di strada, Mondadori, pag. 162, € 17,50 

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