L’ospedale “Al Shifa” (“Guarigione”) è una delle più importanti strutture sanitarie presenti nel Vicino Oriente mediterraneo, situato a Gaza nell’omonima “Striscia” palestinese.

In ogni quartiere almeno una struttura ospedaliera

Ricordiamo che, per “Striscia di Gaza”, si intende un territorio che si trova nell’estremità occidentale asiatica del Mar Mediterraneo, di 360 km quadrati di superficie, lungo 40 km e largo 10, con una popolazione di circa 2.200.000 abitanti (2020). Confina a sud con l’Egitto, a est col Mar Mediterraneo e a nord e ovest con lo Stato di Israele. La sua capitale è Gaza City, metropoli con 400.000 abitanti. E’ suddivisa in otto quartieri, in ciascuno dei quali insistono uno o più ospedali, per un totale attuale di 18 nosocomi (nel 2010 erano 36). Partendo dal nord verso il sud della Striscia i quartieri e gli ospedali sono Beit Laya ( 1 ospedale omonimo), Beit Hanoun (1 ospedale omonimo), Jabailia (5 ospedali “Al Shati”, “Al Nasr”, “Al Quds”, “Kamal Adwan”, Indonesiano), Gaza City (6 ospedali “Al Shifa”, “Al Ahli Arab”, “Al Awda”,”Al Wafa”, “Al Rantisi”, Turkish Friendship), Deir al-Balah ( 1 ospedale “Al Aqsa”) , Khan Yunis ( 2 ospedali “Al Amal” e Europeo) e Rafah ( 2 ospedali “Al Najjar” e “Al Helal -Al Emarati”).

La maggiore struttura sanitaria della regione è “Al Shifa”

L’ospedale principale della regione è “Al Shifa” e quattro sono quelli specializzati (“Al Rantisi” per bambini, “Al Qqsa” per Ostetricia e Ginecologia , “Al Alhi Arab” per le neoplasie e l’Indonesiano per l’oculistica. Tutti gli ospedali rispettano le Raccomandazioni dell’O.M.S (Organizzazione Mondiale della Sanità) che prevede per ogni ospedale la disponibilità di 300 posti/letto per 100.000 abitanti nel circondario: nel caso della Striscia i posti letto sono stati previsti nella misura di 6.600 suddivisi tra i vari ospedali in funzione della loro specializzazione. Il più antico di tutti questi ospedali è l’”Al Ahli Arab” (“ospedale del Popolo arabo”), fondato nel 1882 da monaci della Chiesa episcopale di Gerusalemme, situato nella zona sud (“Zeitoun”) del Quartiere di Gaza City. Esso è anche il secondo per importanza, a fronte del primo “Al Shifa” che si trova nella zona centro-nord (“Rimal”) dello stesso quartiere. E’ quest’ultimo un imponente edificio a pianta quadrangolare, alto oltre 100 metri, con quattro piani in sei blocchi distinti ma collegati fra di loro. Costruito nel 1920 dagli inglesi – allora mandatari nella Palestina dalla Società delle Nazioni dopo la fine della Prima guerra mondiale – venne da loro adibito dapprima a caserma per le loro truppe. Nel 1946 fu trasformato in una struttura sanitaria e nel 1948 , anno in cui la Gran Bretagna lasciò l’Egitto, passò sotto il suo controllo.

Gli ammodernamenti della struttura ad opera di Israele

Architetti egiziani apportarono opere di ampliamento e di ammodernamento del complesso dal 1948 al 1967 quando la Striscia venne occupata da Israele nel corso della “Guerra dei sei giorni”. Con l’aiuto economico degli U.S.A. gli israeliani apportarono ulteriori importanti migliorie nell’ospedale, progettandolo per una capienza di 1.200 posti/letto con le più moderne tecnologie medico-specialistiche. Questo progetto non si è però ancora completamente realizzato e l’ospedale ha raggiunto nel 2022 gli 800 posti/letto. Israele, nel 1994, passò l’amministrazione civile del complesso all’ A.N.P. (Autorità Nazionale Palestinese) mantenendola sotto il proprio controllo militare sino al 2005 allorchè anche le forze dell’ I.D.F. (Israeli Defence Forces Forze di Difesa, Esercito di Israele ), lasciarono la regione. L’A.N.P. governò la Striscia sino al 2007 quando fu costretta a lasciarne il controllo al “Movimento di Resistenza Islamica” H.A.M.A.S.(Harakat al-Mukawwama al- Islamija) che, sostenuto dall’Iran, aveva vinto le elezioni tenutesi quell’anno nella Striscia. Da quel momento anche l’ospedale “Al Shifa”passò sotto il di governo di H.A.M.A.S. .

Un ospedale completo gestito da medici super esperti e competenti

Attualmente l’ospedale è diretto da Mohammad Abu Salmiya, laureatosi presso l’ A.U.B.M.C. (American University Medical Center di Beirut) e ospita 25 Reparti per degenze. Di questi 4 sono per la Medicina generale, 3 per la chirurgia d’urgenza, 2 per la terapia intensiva, 2 per la chirurgia generale, 2 per la rianimazione, e uno per ciascuna delle numerose specialità (cardiologia, pneumologia,ortopedia, ostetricia, ginecologia, urologia, neurologia, oculistica, otorinolaringologia, ematologia, gastroenterologia ,oncologia). Sono presenti laboratori di analisi, servizi di Radiologia con apparecchiature T.A.C. , R.M.N. e di radioisotopoterapia oltre a un obitorio con sala settoria e servizi vari (cucine, dormitori per il personale, locali per la direzione e di attesa) e una fornita biblioteca. Per oltre 10 anni (1997/2007) vi prestarono la loro opera in collaborazione medici palestinesi, israeliani e internazionali dell’”Associazione Medici per i diritti umani” (M.E.D.U.) di Roma. L’organico attuale del personale comprende 850 medici (120 primari). 3.600 infermieri e 2.000 impiegati. La dirigenza politico- amministrativa del complesso è in mano oggi di Ismail Haniyeh (Presidente dell’Ufficio politico di H.A.M.A.S.) e da Yalya Sinwar (Comandante militare della Striscia) che, dalla fine degli anni Ottanta, diedero inizio alla costruzione, nel sottosuolo dell’ospedale, di una serie di cunicoli (noto come “la metropolitana”) per favorire il commercio clandestino di beni alimentari, farmaci e carburanti con l’Egitto.

Struttura solida e reticolare

I cunicoli erano scavati a una profondità variabile tra i 30 e gli 80 metri, alti circa 2 metri e larghi 1, con pareti e volte in cemento armato, ed erano dotati di linee elettriche e telefoniche, di sensori, di condotte d’acqua e di sistemi di allarme e di aerefazione forzata. Dal 2020 alcuni cunicoli vennero costruiti di dimensioni tali da consentire il passaggio attraverso di essi, per un breve tratto, anche di autocarri . I loro ingressi erano in Egitto, opportunamente occultati in case private, in moschee, in scuole, in locali pubblici e alcuni sboccavano in territorio israeliano. Da essi si dipartivano accessi a stanzoni adibiti a stoccaggio di generi alimentari, a medicinali , a carburanti e a deposito di armi convenzionali, di missili , razzi e sistemi per il loro lancio. Altri stanzoni erano adibiti a dormitorio per i militari, a prigioni e altre stanze ancora erano attrezzate per la tortura dei prigionieri. Dall’anno 2000 , attraverso i cunicoli che sfociavano in territorio israeliano, cominciarono a transitare anche gruppi di “commando” palestinesi provenienti dall’Egitto e inviati a compiervi incursioni e sabotaggi.

Al suo interno depositi di munizioni convenzionali e termobariche,  missili e razzi

Ricordiamo che fu nel corso di una di queste che, nel giugno 2006, venne rapito il soldato israeliano Gilad Shalit, reso poi a Israele cinque anni dopo nel corso di uno scambio di prigionieri. Allo scopo di bloccare tale passaggio di palestinesi attraverso i cunicoli , i genieri delle I.D.F. costruirono nel 2010 un muro verticale sottoterra, alto 60 metri lungo 65 km sotto il confine tra Israele e la Striscia di Gaza, ma l’operazione sortì solo parzialmente l’effetto sperato. A fronte di un continuo lancio di razzi di H.A.M.A.S. sul sud di Israele a partenza dai sotterranei dell’ospedale di Al Shifa, la I.A.F. (Israeli Air Force, Aviazione militare di Israele) iniziò a bombardare il nosocomio, causando numerose vittime (oltre 300) tra i degenti. Ismail Haniyeh sporse allora denuncia presso l’O.N.U. contro lo Stato di Israele accusandolo di violazione dell’art. 18 della Convenzione IV Ginevra (1949) che prevede “... gli ospedali non potranno esser fatti segno ad attacchi …” ma tale denuncia non ebbe seguito. La situazione in campo precipitò dopo l’attacco portato da milizie di H.A.M.A.S. il 7/10/2023 con l’ “Operazione Alluvione Al Aqsa” a Re’im nel sud di Israele contro i partecipanti al locale “Rave Party”, nel corso della quale si ebbero oltre 1.000 israeliani uccisi e 250 rapiti. A tale attacco l’I.D.F. rispose con l’”Operazione Spade di ferro” con la quale continuò i bombardamenti sulla Striscia e sull’ospedale di Al Shifa. Il 17/11/2023 un missile colpì anche l’ospedale di Al Ahli, ma la sua provenienza – israeliana o palestinese – non è stata accertata.

Con l’invasione robot a caccia di armi

Il 20/11/2023 le truppe dell’I.D.F. entrarono nell’enclave di Gaza e , servendosi di gas esplosivo, nei cunicoli sotto l’ospedale di Al Shifa . Con l’ausilio di robot localizzatori, trovarono fra l’altro depositi di munizioni convenzionali e termobariche, di missili e razzi. Questo materiale venne presentato all’O.N.U. dallo Stato di Israele come giustificazione dei loro bombardamenti sullo ospedale ( l’art 19 della Convenzione IV prevede “… che la protezione degli ospedali civili potrà cessare qualora ne fosse fatto uso per commettere atti dannosi al nemico.”). Ad oggi le vittime dei bombardamenti israeliani sull’ospedale di Al Shifa ammontano, secondo l’”Human Right Watch” di New York (Osservatorio sul rispetto dei Diritti umani) a 1.700 individui (13.000 su tutta la Striscia di Gaza). Sul campo , dal 24/11/2023, vige uno stato di tregua della durata di 5 giorni concordato fra Israele e H.A.M.A.S. e sull’ospedale di Al Shifa non hanno più avuto luogo bombardamenti aerei. L’ “U.N.R.W.A.” (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East, Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e gli Aiuti ai Rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente ) ritiene che la situazione dell’ospedale di Al Shifa rimanga tuttavia estremamente incerta, in attesa di un auspicato positivo esito delle trattative iniziate tra le parti in lotta con lo scambio reciproco di ostaggi.

Gustavo Ottolenghi

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