Dopo che nel precedente articolo è stato analizzato lo scenario nell’ambito del quale sono maturate le condizioni socio culturali che hanno, poi, contribuito alla realizzazione dell’impresa di Fiume, riprendiamo ora il filo della storia.

Il 23 giugno 1919 il governo di Vittorio Emanuele Orlando cadeva, costretto a dimettersi, sotto il peso dell’opinione pubblica, anche a seguito delle tensioni relative alle contese per la spartizione dei territori e veniva nominato presidente del Consiglio dei Ministri Francesco Saverio Nitti.Poco dopo, nell’estate del 1919, il contingente militare italiano veniva allontanato dalla città di Fiume e l’11 settembre 1919 Gabriele D’Annunzio scriveva, in una lettera a Mussolini, all’epoca direttore de “Il Popolo d’Italia”, le seguenti parole: “Mio caro compagno, il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d’Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire”. 

D’Annunzio partiva, quindi, l’11 settembre 1919 dalla “Casetta Rossa” (dimora veneta presa in locazione dal principe austriaco Fritz von Hohenlohe) per raggiungere Fiume a bordo di una Fiat rossa, modello 501. Il Vate si fermava a Ronchi (comune che, poi, verrà ribattezzato “Ronchi dei Legionari”) per mettersi alla guida di una colonna di autocarri sottratti all’Esercito italiano, ripartendo, poi, con duecento granatieri di Sardegna per giungere a Fiume con 2000 Legionari, ai quali si aggiungevano, man mano, Arditi e volontari. 

Vi erano quindi due forze convergenti: da un lato i Fiumani che chiedevano l’unione al nostro Paese con il motto “Italia o Morte”; dall’altro gli Arditi che stavano convergendo sulla città con il  motto “Fiume o Morte”.

D’Annunzio occupava Fiume il 12 settembre 1919, creando un governo provvisorio con capo di gabinetto Giovanni Giuriati, fautore di una linea moderata di dialogo. Aveva inizio, quindi, la “Prima fase dell’occupazione”, dominata dagli Irredentisti di tradizione nazionalista, moderati. Grazie a D’Annunzio l’intera impresa fiumana fu caratterizzata da una campagna di sensibilizzazione organizzata e realizzata con sistemi di comunicazioni di massa che, per l’epoca, erano assolutamente innovativi. Oltre alle adunate a teatro o della folla in piazza, parlando dal balcone del palazzo in cui era ospitato, D’Annunzio ricorse allo strumento propagandistico dei “volantini”, stampati a Fiume e rapidamente diffusi (analogamente a quelli “lanciati” durante il celebre volo su Vienna) sovente di modeste dimensioni, con veste grafica accattivante, con caratteri tipografici originali e con colori accesi.

Il primo volantino, rivolto alla popolazione civile, è del 17 settembre 1919, dal titolo “Fratelli”, indirizzato ai triestini; il giorno dopo, modificando il finale del testo ed il colore (da verde a bianco), uguale volantino venne dedicato a tutti gli Italiani. In esso d’Annunzio esordisce enfatizzando il proprio impegno: “Io ero infermo nel mio letto. Mi son levato per rispondere all’appello…

Nel frattempo, verso la fine del mese di novembre 1919, il governo italiano formulava la proposta di abbandonare l’occupazione di Fiume a fronte di un intensificarsi delle trattative finalizzate alla annessione di Fiume all’Italia. D’Annunzio, combattuto sulla decisione da adottare, si determinava a chiamare i cittadini fiumani al Plebiscito, ma quando apparve chiaro che il responso sarebbe stato positivo, D’Annunzio invalidò la consultazione. 

Il 9 gennaio 1920 Giuriati si dimise e, al suo posto, venne nominato capo di gabinetto Alceste De Ambris, esponente dell’area più rivoluzionaria. 

Iniziava così la “Seconda fase dell’occupazione”, fondata sul sindacalismo rivoluzionario, e sulla Repubblica, ossia la futura “Reggenza del Carnaro”. Nel frattempo, il 15 giugno 1920 Giovanni Giolitti veniva nominato presidente del Consiglio dei Ministri. Pochi mesi dopo, il 12 agosto 1920, D’Annunzio proclamava la Reggenza del Carnaro, ufficializzando la circostanza dal balcone del Palazzo del Governo di Fiume; due settimane dopo, il 27 agosto 1920, la Carta del Carnaro veniva pubblicata, senza il nome dell’autore, col titolo «La reggenza italiana del Carnaro. Disegno di un nuovo ordinamento dello stato libero di Fiume» in una prima tiratura. 

L’8 settembre 1920 Fiume veniva dichiarata Stato indipendente in attesa della annessione con l’Italia e veniva ufficialmente promulgata la Carta del Carnaro, una costituzione scritta da De Ambris, ma profondamente rivista e corretta, sia nello spirito sia nel lessico, da D’Annunzio. 

Proprio De Ambris, in una lettera di accompagnamento della Carta, spiegava quali fossero stati i principi ai quali si era ispirato nella redazione del progetto di costituzione: “Oggi l’invocata annessione di Fiume allo Stato italiano appare impossibile; ed è per questo, unicamente per questo, che riconosciamo la necessità di costituire Fiume in repubblica …”.

Il 12 novembre 1920 veniva formalizzato il Trattato di Rapallo tra Italia, Regno dei Serbi, Croati e Sloveni: Fiume veniva dichiarata “città libera” e il Generale Enrico Caviglia, Comandante Militare della zona, inviava un ultimatum a d’Annunzio, invitandolo a lasciare Fiume.

Ci si avvicinava quindi all’epilogo. 

All’alba della vigilia di Natale l’esercito italiano avanzava, incontrando, sul percorso, cartelli rettangolari con la scritta “Fratelli, se volete evitare la grande sciagura, non oltrepassate questo limite. Se i vostri capi vi accecano, il Dio d’Italia v’illumini”. La città di Fiume era immersa nei festeggiamenti del Natale allorquando iniziarono i primi combattimenti tra esercito e legionari. Veniva dato alle stampe la sera del 24 dicembre il celebre volantino “Agli Italiani”, con veste grafica poco elaborata, primo di una serie di volantini che verranno freneticamente realizzati per sopperire alla sospensione dell’attività dei quotidiani per le festività del Natale e di Santo Stefano.

Nel volantino d’Annunzio per la prima volta utilizza il termine, poi passato alla storia,  di “Natale di Sangue”.

Il pomeriggio del 26 dicembre 1920 la nave Andrea Doria si spingeva ad 800 metri dalla costa fiumana, iniziando il bombardamento della città, con cannoni da 152 mm. Un colpo di cannone colpiva lo studio in cui trovava D’Annunzio, nel Palazzo del Governo, che veniva ferito da una scheggia.  

Fu la fine del sogno fiumano: il 31 dicembre 1920 D’Annunzio firmava l’atto di resa e la costituzione dello “Stato Libero di Fiume” ed il 2 gennaio 1921 pronunciava il famoso discorso al Cimitero di Fiume, in onore dei Legionari Fiumani caduti nei combattimenti.

Il 18 gennaio 1921 D’Annunzio lasciava Fiume per trasferirsi a Venezia e, successivamente, il 1° febbraio 1921 affittava la villa di Cargnacco (contrada di Gardone Riviera), soprannominata la “Colonica” per il suo carattere rustico, successivamente acquistata unitamente al mobilio ivi presente. 

Iniziava, quindi, l’esilio dorato (e vigilato) del Poeta.

Guido Napolitano

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