In ciò che Riccardo Rossotto ha recentemente scritto su queste pagine a proposito della parola “genocidio” si coglie l’invito ad applicarsi all’interessante esercizio intellettuale che consiste nella ricerca del corretto significato delle parole che si usano.
Sembra indubitabile che esista una specie di “primogenitura” del tentato sterminio del popolo ebraico per definire il significato della parola “genocidio” (e non uso qui Olocausto o Shoah per non aprire un altro terreno di discussione).

Il valore della parola

Ciò che colpisce, nell’attuale temperie geopolitica e sociale è la rapidità con cui si è giunti ad identificare nell’azione del governo israeliano la fattispecie del genocidio, sorvolando sul fatto che della parola esiste la precisa definizione riportata da Riccardo Rossotto: “Intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico o religioso“.
Se si può comprendere che una parola del genere ben si presti ad un utilizzo giornalistico od oratorio, meno si comprende che venga “giocata” a livello dell’azione di entità politiche, istituzioni, governi o stati, perché a questo livello si dovrebbe poter dare per scontata una miglior conoscenza dell’origine, del significato e del contenuto di una parola. Proprio con riguardo alla velocità di diffusione, forse non sarebbe male riflettere sul fatto che ancora si dibatte, a livello politico e giuridico, sulla natura e in particolare sull’intenzionalità che qualifica il genocidio, di un paio di episodi vecchi ormai di quasi o più di un secolo, episodi che sembrano ben mostrare tutte le caratteristiche del genocidio.

Genocidi dimenticati

Del milione e passa di armeni si parla poco, forse per non urtare la sensibilità di Erdoğan o magari anche perché non molti hanno letto (o magari visto in film) La masseria delle allodole e ancor meno saranno quelli che hanno letto I quaranta giorni del Mussa Dagh. E per quanto riguarda l’Holodomor quante coscienze ne sanno tanto (a cominciare dal nome) da sentirsi ferite dai tre milioni (qualcuno dice anche di più) di ucraini che morirono di fame per la carestia provocata dal governo sovietico ? Da decenni e decenni si discute se si sia trattato di due genocidi, pure qualche settimana è stata sufficiente per arrivare ad attribuire questa qualifica all’azione israeliana. In qualche modo collegato a questo contesto potrebbe essere un altro esercizio intellettuale, consistente nel provare a mettere in prospettiva taluni eventi storici, senza per questo voler creare in alcun modo un’improponibile graduatoria.

Vogliamo fare la classifica dei genocidi?

Si tratta in questo caso delle vittime civili che purtroppo in ogni conflitto si trovano ad essere un (orrendo) effetto collaterale di (discutibili quanto si vuole) operazioni militari.
Oggi però nello sgomento e nel clamore di fronte ai 25.000 esseri umani che sono morti a Gaza nell’arco di 100 giorni forse la coscienza sociale prima di parlare di genocidio dovrebbe mettere in prospettiva il fatto che questa cifra è ben inferiore ai 30.000 (e forse molti di più) morti causati in circa 36 ore dai bombardamenti (tradizionali, non entriamo qui nella questione nucleare) effettuati dagli inglesi e dagli americani a Dresda, proprio di questi giorni nel febbraio del 1945. La mia professoressa di tedesco all’Università, che era là in quel periodo, fu portata in giro per la città per constatare gli effetti del bombardamento e negli ultimi anni ’50 mi raccontava di aver visto nelle cantine gente semisepolta dall’asfalto fuso che era colato dalle strade…

Il web mette insieme cose diverse

Si alzò qualche voce che tentò di qualificare come crimine di guerra quest’azione (si cita spesso Dresda, anche se simile o peggiore sorte toccò ad altre città tedesche), ma la reazione britannica fu che l’azione era stata considerata necessaria (eppure mancavano meno di quattro mesi alla fine della guerra). Queste mie considerazioni non vengano prese come un tentativo di minimizzare o di rifuggere dall’orrore di quanto sta succedendo intorno a noi, ma solo come un invito, che rivolgo a me per primo, a non lasciarsi prendere dall’hic et nunc che quotidianamente ci chiude nella rete mediatica che ci avvolge.

Gianguido Castagno

Gianguido Castagno

Formazione umanistica, laurea in economia. Inizio professionale agli albori dell'impiego dell'elaborazione dati nelle metodologie direzionali (con la prima tesi in argomento all'Università di Torino,...

Discussione

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *