Nel preoccupante rischio di conformismo che sta attanagliando una parte degli italiani e anche una fetta dei media tradizionali, qualcosa si sta muovendo… Dopo esserci ripetuti fin quasi alla nausea che non ci dovevano essere dubbi su chi fosse l’invasore e chi la vittima di una manifesta violazione del diritto internazionale, nell’ultimo mese, ci sono stati i primi segnali, soprattutto in Italia, di un certo malessere.

Eppure qualcosa si muove

Dagli iniziali sussurri, l’indirizzo di pensiero “diverso“ è diventato un grido. Mal digerito ma non trascurabile. In estrema sintesi due questioni sono state poste sul tavolo del dibattito politico nazionale. Non ci sono dubbi e non ci devono essere dubbi su chi sia il carnefice e chi la vittima tra Putin e Zelensky. Ma, detto ciò, questa guerra, che comporterà tragedie diffuse non solo umane e militari ma anche economiche e sociali “come“ e “quando “finirà?
E ancora. I paesi che hanno dichiarato la loro solidarietà all’Ucraina, in primis gli USA, la Gran Bretagna e l’Ue hanno davvero posizioni analoghe rispetto agli sviluppi del conflitto. Ai suoi esiti, agli interessi economici in gioco, alle ripercussioni che ci potrebbero essere nel loro futuro a causa di questa guerra?

Gli Stati Uniti, lontani fisicamente e autonomi dal punto di vista energetico, hanno la stessa posizione e strategia rispetto a quei paesi europei, in primis l’Italia e la Germania che non sono autonomi dal punto di vista degli approvvigionamenti dell’energia nei rapporti con la Russia? E se la posizione tra gli alleati occidentali fosse, invece, diversificata (L’America molto più rigida nel pretendere un “fine guerra“ soltanto a certe rigorose condizioni, gli europei più flessibili sul “come“ farla finire) sarebbe un bene che l’Italia sì appiattisse sulle scelte americane “dure e pure“ anche perché basate sulla sostanziale assenza di conseguenze economiche negative?

Una svolta dopo il viaggio di Draghi a Washington

Chi ha provato, anche senza l’alterigia, l’antipatia e le modalità espressive inaccettabili del professor Orsini, ma semplicemente con la lucidità e determinazione di cercare di dipanare la complessità del conflitto in atto nell’ottica di trovare una soluzione pacifica che ponesse fine al massacro di popoli innocenti, è stato subito, troppo spesso e troppo semplicemente, additato come un “neo Putiniano”. Da zittire immediatamente. Come fosse un pacifista da strapazzo che contaminava la necessaria compattezza del fronte occidentale a favore di Kiev.

Tutto ciò accadeva fino al viaggio di Mario Draghi a Washington, la scorsa settimana.
Alla Casa Bianca il nostro Presidente del Consiglio ha detto con chiarezza a Biden una sacrosanta verità non più dilazionabile. L’alleanza anti Mosca durerà se e in quanto si inizi sul serio a “obbligare“ i contendenti a trovare una soluzione negoziale alla guerra. Soluzione che parta da una tregua d’armi per arrivare poi ad una vera e propria pace.

In Occidente Italiani e Tedeschi più a rischio di altri Paesi

In alcuni paesi europei – ha evidenziato il nostro premier – sta montando un pensiero che tende a dimostrare come a pagare il dazio di questa tragedia, oltre naturalmente agli ucraini, siano soprattutto gli italiani e, a ruota, i tedeschi. Quindi, ha sussurrato Draghi, basta con la tecnica di “mostrare i muscoli“. Basta darsi del macellaio. Iniziamo a tessere una complessa e articolata tela per arrivare ad un tavolo che dall’immediato “cessate il fuoco“ possa dare vita ad una trattativa che ponga fine al conflitto entro breve termine.

La crisi degli approvvigionamenti di grano ha accelerato questo processo. I porti chiusi e i raccolti mancati e che mancheranno di grano, stanno per scatenare una crisi alimentare in molti paesi africani, ma non solo. Una crisi dai contorni e dalla gestione ad altissimo rischio di coesione sociale. Bisogna riaprire i porti sul Mar Nero ed evitare di buttare al macero migliaia di tonnellate di grano già immagazzinate nei silos ma impedite ad ogni tipo di trasporto.

L’efficacia della mediazione italiana

Ecco, allora, partire la proposta di mediazione italiana, apprezzata dall’Onu e da Kiev. I capi di Stato maggiore, americano e russo, sono tornati a parlarsi dopo un lungo e inquietante silenzio. L’ambasciatore americano a Mosca ha confermato che il microfono con il Cremlino si è riaperto e che, pur nella oggettiva difficoltà della situazione, qualcosa si sta muovendo…
Ecco che si trova l’accordo per la tregua all’acciaieria Azovstal con la resa, apparentemente concordata, delle truppe ucraine, preceduta dall’esodo dei dei civili e dei feriti.

Insomma, dopo il “braccio di ferro“ mediatico e grazie alla spinta di qualche alleato occidentale più visionario degli altri, anche gli americani stanno capendo che l’irrigidirsi sulla difesa dello slogan “o la Russia rientra nei suoi confini o la pace è impossibile!“ costituisca una posizione irritante, inutile, pericolosa. E soprattutto potenzialmente devastante per la tenuta della compattezza del fronte degli alleati occidentali.

New York Times filo Putin…?

In questo contesto in continua evoluzione, il New York Times ha pubblicato il reportage dal titolo: “La guerra si complica e l’America non è pronta a risolvere questa complessità!“con la firma inedita dell’Editorial Board. Un articolo che affronta lucidamente il tema è che apre la discussione sul come si possa arrivare al più presto ad una tregua dei cannoni, dimostrando cosa voglia dire, sul serio, rappresentare una stampa libera ed indipendente.
Il NewYork Times critica infatti certe uscite e certe idee strategiche del Presidente degli Stati Uniti, proponendo alternative e opzioni diverse per arrivare alla pace. Difficile affibiare proprio al New York Times l’appellativo di filo putiniano!

E’ necessario un tavolo di trattative

Forse, e questa è la speranza nuova, siamo di fronte ad una possibile svolta. Washington dovrebbe costringere Zelensky, proprio ed anche nel suo interesse, ad accettare l’idea di un compromesso sia sulla Crimea sia sulle due repubbliche autodichiaratesi indipendenti del Donbass. Siano dei referendum, realizzati sotto il controllo internazionale, a dirci se la maggioranza di quelle popolazioni preferisce diventare russa o rimanere con l’Ucraina.
Si vada fin ad un tavolo di trattative con i caschi blu dell’ONU  schierati sul campo a garantire la tregua darmi finché non sia partorita un’opzione di accordo accettabile per i due contendenti. Sarebbe una grande opportunità per le Nazioni Unite di cercare di ridarsi un’immagine e un ruolo internazionale dopo gli ultimi mesi di una vergognosa latitanza!.

Un accordo che per essere condiviso non dovrà umiliare Putin e nemmeno ferire il giusto e riconsolidato orgoglio identitario degli ucraini. Una sfida complessa ma possibile e comunque da tentare fin da subito.

Riccardo Rossotto

Riccardo Rossotto

"Per chi non mi conoscesse, sono un "animale italiano", avvocato, ex giornalista, appassionato di storia e soprattutto curioso del mondo". Riccardo Rossotto è il presidente dell'Editrice L'Incontro srl

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