Il 12 marzo 2023 saranno dieci anni dalla scomparsa di una delle donne che svolsero un ruolo di primo piano nella lotta partigiana e poi nell’Assemblea Costituente: Teresa Mattei. Confidiamo che la ricorrenza serva a farla uscire dall’oblio nel quale, come tanti e tante che hanno contribuito a dare a questo paese la Libertà, la Repubblica e la Costituzione, è stata ormai relegata.

Un carattere determinato

Teresa Mattei era nata il 1° febbraio 1921 e già al Liceo Michelangiolo di Firenze si distinse per il carattere determinato in quanto ebbe a contestare le leggi razziali introdotte dal fascismo nel 1938. Espulsa da tutte le scuole del Regno, ottenne comunque come privatista, presso lo stesso Liceo, la maturità classica e poi si iscrisse a Lettere e Filosofia, laureandosi nel 1944 a Firenze. Nel frattempo, insieme al fratello, si avvicinò ai GAP, di ispirazione comunista, e sia lei sia il fratello pagarono duramente questa scelta. Lei venne catturata a Perugia dai tedeschi e seviziata e violentata. Il fratello, catturato a Roma, si suicidò nella prigione di via Tasso, per evitare il prolungarsi delle torture ed il rischio di rivelare i nomi dei compagni.

Eletta nelle liste del PCI, poi venne espulsa

Nel dopoguerra, nel 1946, Mattei è eletta nelle liste del PCI alla Costituente, nel XV collegio, quello di Firenze e Pistoia ed a soli venticinque anni d’età, è la più giovane tra tutti i Costituenti. L’articolo 3 della Costituzione, sul tema fondamentale dell’uguaglianza, porta anche la sua firma. Mattei riesce infatti a far introdurre nell’articolo, al secondo comma, l’espressione “di fatto”. “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini…”. Sul tema della presenza femminile nella vita politica e istituzionale della nuova Repubblica, così si esprime, durante la seduta dell’Assemblea Costituente del 18 marzo 1947: “Se la Repubblica vuole che più agevolmente e prestamente queste donne collaborino alla costituzione di una società nuova e più giusta, è suo compito far sì che tutti gli ostacoli siano rimossi dal loro cammino, e che esse trovino al massimo facilitata ed aperta almeno la via solenne del diritto”.

E’ stata dirigente dell’Unione Donne Italiane

Nel 1947 fonda, insieme alla democristiana Maria Federici, l’Ente per la Tutela morale del Fanciullo. Dirigente nazionale dell’Unione Donne Italiane, fu insieme a Teresa Noce ed a Rita Montagnana l’inventrice dell’uso delle mimose per la festa dell’8 marzo.

Il contrasto con il “Migliore” sui Patti Lateranensi

A dimostrazione di un carattere deciso e affatto prono all’ideologia dominante, si schierò contro la deriva stalinista del P.C.I. di allora, rifiutandosi addirittura di essere nuovamente candidata nelle sue liste e Togliatti personalmente la fece espellere dal Partito. In realtà i primi contrasti con il “Migliore” risalivano ai tempi della discussione nell’Assemblea Costituente sull’art. 7 della nuova Carta Costituzionale, quello che poi avrebbe incluso i Patti Lateranensi tra Stato e Chiesa, firmati da Mussolini nel 1929.
In un’intervista del 2005 la Mattei precisò meglio il suo pensiero. ”Togliatti ci disse che occorreva votare quell’articolo, ma io mi ribellai ricordando che in campagna elettorale avevo promesso il contrario e che per me era inaccettabile inserire nella Costituzione repubblicana un accordo siglato da Benito Mussolini. Il leader comunista mi rispose che lui stesso avrebbe proposto di votare con appello nominale, poiché non si fidava di noi, e che io, in quanto segretaria della presidenza, avrei avuto il compito di chiamare pubblicamente i deputati al voto. Ubbidii, ma mentre svolgevo le mie funzioni piangevo perché sentivo calpestato il principio della rappresentanza”.

Sentiva il peso del macchiavellismo della politica

Alla fine – ricordava Mattei – votarono contro quell’articolo solo il Partito socialista, il Partito d’azione e alcuni vecchi liberali, mentre a tre esponenti comunisti (Concetto Marchesi, Giuseppe Di Vittorio e Teresa Noce) fu permesso di allontanarsi silenziosamente prima della votazione. “In quel momento avvertii tutto il peso del macchiavellismo della politica e comunicai a Togliatti che non avrei più fatto la deputata”. La situazione peggiorò finché nel 1955, prima dei fatti d’Ungheria, essa venne radiata. Nel Pci dell’epoca la formula utilizzata per questo genere di provvedimenti era quella dell’indegnità politica e morale. Mattei a quel punto disse che avrebbe portato Togliatti in tribunale e che avrebbe nominato come avvocato Piero Calamandrei, il suo maestro.

Così “il Pci – raccontava Mattei – fu costretto a fare marcia indietro e a motivare la radiazione con la formula, usata per la prima volta, del dissenso politico”. La Mattei, al contrario di tanti parlamentari che hanno fatto della rappresentanza alla Camera o al Senato una professione, non si preoccupò affatto di ciò e continuò con assiduità il proprio impegno per le donne ed in particolare per i minori, in quanto soggetti che non hanno diritto di parola. I suoi ultimi interventi pubblici sono stati ancora una volta rivolti ai giovani.

La sovranità spiegata agli studenti di Firenze

Agli studenti del suo liceo Michelangiolo di Firenze ricordò che “la sovranità è nelle mani nostre, nelle mani del popolo e paritariamente in quelle di ogni cittadino; con questo la Repubblica ci ha fatto diventare cittadini e non sudditi. Il più grande monumento, il maggiore, il più straordinario che si è costruito in Italia, alla libertà, alla giustizia, alla Resistenza, all’antifascismo, al pacifismo è la nostra Costituzione”. Ed ancora. “Siete la nostra speranza, il nostro futuro. Custodite gelosamente la Costituzione. Abbiamo bisogno di voi in modo incredibile. Cercate di fare voi ciò che non siamo riusciti a fare noi: un’Italia veramente fondata sulla Giustizia e sulla Libertà”.

Alessandro Re

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