E’ passato un secolo dalla scissione nel 1921 del PCI dal PSI.

Due sigle morte: la prima sotto le macerie del muro di Berlino, la seconda spazzata via dalla furia  di Tangentopoli. Oggi non resta che ricordare e secondo i gusti commemorare.

Chi volesse ripercorrere la storia di quella scissione  ha l’imbarazzo della scelta, i libri sono tanti e gli autori sono diversi, il panorama è amplissimo. 

Per parte mia da vecchio comunista e oggi comunista vecchio, vorrei ricordare qualche dettaglio di quel partito che iniziai a conoscere  nella temperie degli scioperi dei braccianti del mio paese e dei comizi di Di Vittorio.

Quel momento storico è tramontato da molto e oggi le nuove generazioni poco o niente sanno di quelle lotte. Ma alle nuove generazioni quel periodo un lascito potrebbe concederlo,  se solo volessero riflettere. 

Lo statement delle Frattocchie, sede della scuola quadri del Pci, era: Conosci (studia ) ciò che vuoi Cambiare.  I partiti strutturati sono scomparsi e con loro le scuole che formavano i dirigenti.

Ci sarà una ragione se oggi da più parti si rimpiange  e si ha nostalgia degli uomini della prima repubblica.

Oggi non si studia c’è internet con i suoi social e le sue applicazioni e vorrei chiedere  a quelli che venti anni fa sostenevano che internet avrebbe allargato i confini della democrazia, se hanno cambiato idea o insistono nel  loro convincimento.

Conosci ciò che vuoi cambiare, non era solo una dichiarazione, era una missione che trovava la sua attuazione nei  dibattiti del sabato e della domenica mattina nelle sezioni del Pci nei paesi, nei villaggi.

Conosci ciò che vuoi cambiare significava che  l’esistente poteva essere cambiato, ma per cambiarlo bisognava sapere, studiare, conoscerlo. Senza voler fare confronti improponibili,  per capire cosa fu quella stagione è sufficiente leggere le biografie di quei dirigenti e confrontare il livello di conoscenza politica e culturale  di quei dirigenti e dei braccianti, operai, contadini che li seguivano, che commentavano nella sezioni i giornali e le dichiarazioni degli avversari,  con la conoscenza e la cultura dei followers degli attuali capi partito-personale. 

Il Pci ha rappresentato quella parte di società che andava sotto il nome di sinistra, definizione di cui oggi ci si vergogna, avendo dichiarato  che sinistra e destra non esistono più. A sinistra si preferisce definirsi democratici, liberal-democratici, europeisti, tutto meno che sinistra. 

Così facendo si è smarrita la presenza dei valori di sinistra tra i lavoratori, nella scuola, nella società.  Ed è per questo che come affermava Luciano Gallino: le classi possidenti hanno vinto la battaglia, forse la guerra, nella ” lotta tra le classi “. 

Dirsi di sinistra di questi tempi è come dichiararsi appartenenti a un club di vecchi nostalgici.  Oggi molti avversari del Pci riconoscono ai dirigenti di quel partito una inclinazione riformista. Riconoscimento tardivo.  È vero, il Pci era riformista per quanto possibile ma non poteva dirlo, affermarlo, a causa di una certa sudditanza e a causa del radicamento  di falsi miti nell’ anima della sua popolazione.

Tutto vero, ma non coinvolgere una parte politica che rappresentava un terzo del Paese nei  processi riformisti dell’epoca, non dipese solo dalla posizione del Pci, L’arrocco della parte avversa fu totale al limite dell’eversione, si tentò  di minare le basi della democrazia, dimenticando che:  la democrazia si fonda idealmente sulla fiducia che gli esseri umani ripongono su altri esseri umani. 

Quella fiducia non c’era allora e non c’è neanche nel quadro desolante di oggi.  Siamo stati costretti a riporre tutte le nostre speranze nella social-democrazia che oggi gioca in difesa sotto l’attacco delle democrature e dei  sovranismi nazionalpopolari e deve fronteggiare forse l’attacco più pericoloso che le viene mosso dal capitale finanziario. 

Non è il caso di tornare a occuparsi delle masse con parole di sinistra senza vergognarsi?

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