In questi tempi si parla e si discute molto sul rispetto delle leggi e la disubbidienza civile alle stesse anche a seguito di azioni commesse dal cardinale elemosiniere-elettricista, dai sindaci in rivolta per quanto riguarda la gestione dei migranti, dal sindaco di Riace Mimmo Lucano, che potrebbero configurare gravi violazioni di legge.

Al riguardo è recentemente apparso sulle colonne di Repubblica un articolo a firma del prof. Gustavo Zagrebelsky con il quale l’eminente cattedratico sostiene, in buona sostanza, la possibile virtuosità della disubbidienza civile quando la stessa è tesa alla salvaguardia della vita, della libertà e della dignità delle persone. Su queste colonne sono stati pubblicati due articoli a firma dell’avv. Riccardo Rossotto dai quali, da un lato, emerge un apprezzamento per le tesi sostenute da Zagrebelsky ma, dall’altro, non si nasconde la preoccupazione e l’angoscia che lo sdoganamento della disubbidienza civile possa essere manipolato e strumentalizzato per finalità non certo virtuose quale quelle indicate da Zagrebelsky. In sostanza dice Rossotto, se non si rispettano le leggi corriamo il rischio di andare verso il caos.

Comprendo queste preoccupazioni perché sono anch’io un uomo di Legge e come avvocato, forse per un’inevitabile deformazione professionale, ho un sacro rispetto delle norme con cui ho a che fare ogni giorno che Dio manda in terra.

Però, a ben pensarci, le preoccupazioni di cui sopra forse sono eccessive perché non si può paragonare una disubbidienza civile tesa alla tutela della vita, della libertà e della dignità ad una disubbidienza civile tesa invece a reprimere e limitare detti valori che, se ho ben inteso, è proprio ciò che preoccupa ed angoscia il Collega. Infatti, come esattamente scritto da Zagrebelsky una disubbidienza, come dire virtuosa, trova scudo nella nostra Costituzione, mentre una disubbidienza, come dire non virtuosa, costituirebbe solo e soltanto un reato da punire.

Nell’affrontare questa difficile tematica credo poi che ognuno di noi sia inevitabilmente condizionato dalle proprie radici che sono alla base della propria vita e del proprio sentire.

Al riguardo non posso dimenticare che mio nonno paterno Renato, prefetto ad Aosta con sette figli, uomo di legge integerrimo, è stato messo in pensione anticipatamente per non avere giurato fedeltà al duce (minuscolo) e quindi per avere violato la legge e che tutti i suoi figli, violando anch’essi ripetutamente la legge, hanno partecipato, alcuni con le armi in pugno, ad attività antifasciste. Mio padre Alessandro nel 1944, a vent’anni, ha portato in salvo Svizzera, attraverso il Col Fenetre 51 ebrei che non conosceva ed ai quali non ha chiesto nulla in cambio. Avendo violato la legge è stato arrestato e deportato in Polonia per oltre un anno ed al suo ritorno era così malridotto che suo sorella, aperta la porta, non lo ha riconosciuto.

Anche per queste ragioni personali, che sicuramente hanno inciso nella mia formazione, non posso che condividere quanto scritto dal prof. Zagrebelsky.

Il mio auspicio è che ognuno di noi, qualora si dovesse trovare nella difficile condizione di dovere scegliere se rispettare la legge oppure la vita, la libertà, la dignità del nostro prossimo abbia il coraggio di fare la scelta più difficile.

Scelta molto ardua perché è facile essere coraggiosi in astratto mentre è molto più difficile nella concretezza, quando una scelta può avere gravi conseguenze sulla tua vita, la tua famiglia, il tuo lavoro ed allora è più facile girarsi dall’altra parte e far finta di niente.

Del resto come scrisse Bertold Brecht nell’opera la Vita di Galileo “Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”

Alberto Caveri

 

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