Sgombro fin da subito, il campo da dubbi o incertezze. Nonostante la riforma Cartabia abbia già introdotto alcuni importanti elementi della riforma sulla giustizia, credo che questo Referendum, al di là del raggiungimento del quorum (impresa molto ardua in base a recentissimi sondaggi) serva comunque quale stimolo al nostro Parlamento a completare una serie di norme relative ad un miglior funzionamento della giustizia.

Cittadini poco informati

Molti cittadini italiani aventi il diritto di voto, si stanno chiedendo le ragioni di un passaggio referendario che tratta questioni tecniche e procedurali comprensibili ai soli addetti ai lavori. Non discutono tanto la legittimità del ricorso al Referendum, quanto l’opportunità di mettere nelle mani degli elettori le decisioni su argomenti sui quali evidentemente neanche i parlamentari hanno saputo dare risposte adeguate.

Ma proprio qui, a mio avviso, bisogna ricordarci tutti quale sia il razionale posto a fondamento dell’istituto referendario. Una chiamata al voto, in via sussidiaria, dell’elettorato quando il Parlamento si sia dimostrato o latitante o comunque distratto su argomentazioni che invece la maggioranza degli italiani ritiene importanti. Questo ragionamento vale sia per il Referendum abrogativo di una norma, sia per i Referendum costituzionali che, proprio per misurare il consenso, dopo il percorso parlamentare devono essere sottoposti al giudizio popolare.

Parlamento distratto

Detto ciò, dobbiamo tenere presente che la Giustizia, con la G maiuscola, come ci ricorda spesso ormai anche l’Unione Europea, è una delle maggiori criticità del nostro Paese.

La fiducia nella magistratura degli ultimi anni è letteralmente crollata intorno al 30%. Oltre due italiani su tre non credono nella competenza ed indipendenza dei magistrati. Questo è il risultato dell’onda lunga dei vergognosi scandali di Palamara e di altri autorevoli esponenti della magistratura che negli ultimi anni sono stati protagonisti di vicende di cronaca nera piuttosto che di cronaca giudiziaria. Soprattutto il CSM che dovrebbe essere l’organo di garanzia dell’autonomia ed indipendenza dei giudici, come prescrive la Costituzione, è stato subissato di critiche sostanzialmente concentrate sull’interpretazione del suo ruolo lontano dai principi costituzionali voluti dai nostri padri fondatori.

Critiche alla Magistratura

Nessuno vuol mettere in dubbio l’autonomia e l’indipendenza della magistratura.  Uno dei capi saldi di uno stato moderno e democratico basato sulla separazione dei poteri. Molti, però, ritengono che il CSM (e qui c’è una palese critica anche all’operato di Mattarella, Presidente del CSM) abbia svolto un ruolo di eccessiva tutela e protezione in molti casi di magistrati che si erano resi responsabili di gravi errori giudiziari o, peggio, di eccessiva “vicinanza” con la politica.

Negli ultimi mesi con un lavoro paziente, appassionato, equilibrato ma determinato, la ministra Cartabia ha dato segnali importanti di voler riformare il sistema. Con l’appoggio pieno del Presidente Draghi, ha avviato un importante processo di riforma che ha toccato anche alcuni dei punti oggetto dei quesiti referendari.

L’utile e apprezzato tentativo della ministra Cartabia

Ma nel dubbio che finalmente il Parlamento si sia svegliato, grazie però alla pressione derivante dall’appuntamento referendario del prossimo 12 giugno, meglio andare a votare. Anche perché la tensione non diminuisca e si proceda nel percorso avviato. Gli ultimi sondaggi parlano di una affluenza al voto intorno al 30% con quindi l’annullamento dei referendum. Al di là di questo dato, vi spiego le ragioni “a monte” del mio voto favorevole ai vari quesiti.

Basta alla incandidabilità assoluta

Il quesito mira ad abolire la legge Severino del 2012 che prevedeva l’incandidabilità di candidati con processi anche soltanto aperti e non passati in giudicato. Al di là del dato statistico che dimostra che gli elettori sono abbastanza neutri nel dare le proprie preferenze anche a candidati imputati in processi penali pendenti, la norma mi sembra eccessivamente rigorosa e comunque non coerente con il principio della presunzione assoluta di innocenza dell’imputato fino al termine dei tre gradi di giudizio.

Misure cautelari

L’obiettivo del referendum è quello di evitare, salvo casi eccezionali e rigorosamente provati, il carcere preventivo.  Uno strumento che in passato è stato utilizzato in maniera eccessiva con gravi conseguenze per gli imputati.

Separazione dei ruoli

La separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici istruttori è un vecchio tema mai risolto nella nostra politica giudiziaria. Il quesito mira proprio ad eliminare il passaggio di funzioni da giudice istruttore a PM, o viceversa. In tal modo si evitano possibili commistioni tra le due parti che a quel punto alterano il meccanismo del contraddittorio del processo penale. Dando vita così ad un dibattimento di due parti contro una (la difesa). La terzietà del giudice è un valore non negoziabile!

Valutazione del giudice

Il quesito mira a dare sia agli avvocati sia ai professori universitari la possibilità di esprimere una propria valutazione sull’operato dei magistrati, nell’ambito di appositi consessi giudiziari. Un obiettivo da anni invocato soprattutto dagli avvocati per riallineare i diritti e i doveri dei protagonisti del processo civile e penale.

Elezione del CSM

Tema delicatissimo e oggetto dei maggiori scontri politici e dialettici tra la magistratura e gli altri protagonisti dell’azienda giustizia. L’obiettivo è quello di limitare il potere delle correnti che si sono nel tempo consolidate all’interno del CSM. Le correnti dovevano rappresentare un momento virtuoso di confronto tra le varie anime della magistratura, ovviamente in modo trasparente e proattivo. Si sono invece ridotte a diventare dei centri di potere mirati esclusivamente alle nomine dei magistrati nelle varie Corti.

Disciplinare la raccolta delle firme per candidarsi al CSM è appunto l’obiettivo del Referendum. Analizzati i quesiti resta un dato sul quale riflettere. Dopo l’enfasi del periodo della raccolta delle firme a pochi giorni dalla scadenza elettorale, il tema è entrato in un “cono d’ombra” e nessuno sembra più occuparsene. Ci sono evidenti ragioni politiche e partitiche per non concentrarsi più sul tema della riforma della giustizia. Un preoccupante segnale su un possibile “re-inizio” della distrazione del nostro Parlamento su un tema vitale per le sorti della nostra democrazia.

Riccardo Rossotto

Riccardo Rossotto

"Per chi non mi conoscesse, sono un "animale italiano", avvocato, ex giornalista, appassionato di storia e soprattutto curioso del mondo". Riccardo Rossotto è il presidente dell'Editrice L'Incontro srl

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