Il mondo ha perso la bussola. Siamo piombati in una surreale situazione quotidiana di incertezza, scansionata ogni giorno da notizie clamorose che rompono le tradizioni diplomatiche, che introducono modalità di comunicazione aggressive ai limiti della violenza, che sparigliano, in qualche modo, delle regole del gioco della convivenza internazionale, consolidatesi negli ultimi ottant’anni. Stiamo vivendo giorni caratterizzati da speranze di una possibile tregua alternate ad angosce di una continuazione della guerra senza limiti. La propaganda mediatica reciproca, però, ci rende difficile comprendere se quella della pace sia un’ipotesi realistica oppure utopica.

Come possiamo capire o tentare di immaginare il futuro del mondo che ci attende a breve, le nuove geo-mappe, come andranno a finire i due conflitti attualmente in essere? Come possiamo districarci nella complessità che ci circonda senza arrenderci a delle semplificazioni populiste e manipolatorie? Ci ha provato un gruppo di studiosi italiani che si dichiarano indipendenti e che lavorano per capire dove vada il mondo, facendosi aiutare dalle nuove tecnologie, compresa quindi l’Intelligenza Artificiale (AI). Vi racconterò in questo articolo che cosa emerge dalle loro analisi passate al vaglio di questo nuovo e affascinante strumento di supporto, di cui dobbiamo avvalerci ma che, non mi stancherò mai di ripeterlo, non dobbiamo subire bovinamente.

L’AI dovrebbe permetterci di ottenere delle analisi degli scenari internazionali, letti e trascritti cinicamente e scientificamente da chi ha nel suo software milioni di informazioni che possono aiutare lo strumento dell’AI a perfezionare e completare le sue indagini. Negli Stati Uniti ci sono già alcuni think tank che hanno elaborato dei protocolli di utilizzo dell’AI per immaginare gli scenari futuri del nostro pianeta. Soprattutto con riferimento alle relazioni fra gli Stati e alla nuova conformazione delle geo-mappe politiche nel mondo.

Uno di questi centri di ricerca ha elaborato il progetto Nova Pax, con lo scopo di capire quale sarà il modello di convivenza mondiale post “Pax Americana”. Il ragionamento parte dalla constatazione che se l’attuale presidente degli Stati Uniti ha elaborato e continua a bombardarci con lo slogan “Fare l’America di nuovo grande” ciò significa che l’America è diventata più piccola e quindi ha la necessità di trovare degli alleati forti per conservare la propria leadership, seppur in comunione con degli alleati.

Carlo Pelanda ha recentemente pubblicato gli esiti di un lavoro che il suo gruppo di studio ha completato e che si pone come obiettivo di fornirci degli scenari possibili sul futuro a breve-medio termine di questo nostro pianeta. Lo strumento di AI usato dal gruppo di lavoro di Pelanda è stato denominato “Enoch”. Tre le ipotesi che emergono dall’approfondimento: (i) la prima prevede la fine del conflitto sul fronte ucraino; (ii) la seconda, una nuova convergenza dell’Europa con la Russia sotto l’ombrello protettivo degli Stati Uniti; (iii) la terza il reinserimento di Mosca nel G7, in modo tale da favorire un possibile divorzio tra Mosca e Pechino. Abbiamo potuto leggere le conclusioni del report che vi racconto, seppure in sintesi.

Primo scenario: la Russia e l’Ucraina, aldilà delle dichiarazioni mediatiche e della propaganda in corso, non hanno più la forza di proseguire un conflitto per arrivare a un risultato finale di una vittoria totale dell’uno o dell’altro contendente. In astratto, la Russia potrebbe anche raggiungere tale obiettivo, ma in realtà lo sforzo bellico, soprattutto del presidio della zona occupata, sarebbe talmente costoso da incidere in maniera devastante sulle finanze ormai già risicate del Cremlino.

L’Ucraina, da parte sua, nonostante l’abile mossa dell’invasione del Kursk russo che ha distratto l’opinione pubblica mondiale e stupito i russi, ha evitato di dare troppo eco mediatico  al disastro militare che sta succedendo nel Donbass. L’Ucraina non ha più le risorse, né economiche né umane, né le alleanze internazionali certe, per poter proseguire positivamente la guerra. Ha già ottenuto un risultato strabiliante nel resistere all’invasione nella prima fase del conflitto e di distruggere poi il potenziale navale russo nel Mar Nero. Più di così però sarebbe folle immaginarlo. Su queste premesse una tregua, gestita da un abile mediatore di business come Donald Trump, sarebbe di reciproca utilità e quindi viene considerata di “probabilità elevata” dall’AI di “Enoch” come d’altronde ci stanno in fondo dimostrando gli eventi delle ultime ore.

In tal caso Putin potrebbe dichiarare al proprio popolo di aver vinto “l’operazione speciale” avendo riconquistato i territori abitati dai russi; ma, nello stesso tempo, anche l’Ucraina potrebbe celebrare la sua capacità di aver resistito contro l’invasione di una nazione più grande e meglio armata. È interessante notare come il gruppo di lavoro di Pelanda abbia scartato la soluzione lessicale denominata “pace giusta”, sostenendo che è una definizione velleitaria e priva di contenuto realistico.

Quello che bisogna cercare di raggiungere è invece una “pace duratura” che rappresenta un criterio di valutazione dell’implementazione di una tregua, più concreto e possibile. Una “pace duratura” permetterebbe all’Ucraina di programmare, tra l’altro, con serietà, un piano di ricostruzione attirando capitali stranieri che, invece, nel caso di una “pace fragile” non si assumerebbero il rischio dell’investimento. Sarà importante un accordo tra Kyiv e l’Unione Europea per una concreta garanzia di tipo nucleare che protegga l’Ucraina in caso di nuovi inadempimenti della Russia al diritto internazionale.

Secondo scenario: proprio sul tema della tutela prospettica dell’integrità della nazione Ucraina, si gioca questa seconda area di riflessione degli studiosi. Soltanto gli Stati Uniti o la Nato potrebbero dare a Kyiv la garanzia militare di stampo nucleare. Qualsiasi soluzione intermedia o subordinata – tipo l’ombrello nucleare garantito soltanto da Francia e Gran Bretagna – non sarebbe credibile e comunque lascerebbe aperti profili di alto rischio di conflitto tra le parti, senza contare l’impossibilità della ripresa di scambi economici e commerciali, vitali per tutte le nazioni coinvolte nel conflitto. Secondo il gruppo di lavoro che ha utilizzato “Enoch”, le probabilità di tale scenario sono al momento molto basse, ma potrebbero rialzarsi nel breve-medio periodo.

Terzo scenario: l’obiettivo di Trump è quello di cercare di recidere al più presto il cordone ombelicale che si è consolidato tra Mosca e Pechino. La Cina sarà il grande avversario strategico e prospettico degli Stati Uniti e sarebbe meglio, per Washington, se non potesse contare su un alleato come la Russia. Sarebbe dunque opportuno avviare un negoziato per riportare Mosca nel G7 (Mosca fu sospesa dal G8 nel 2014 e se ne andò nel 2017) con la contestuale cancellazione delle sanzioni economiche esistenti.

Secondo una metodologia denominata dagli esperti “funzionalista” (graduale e progressiva intesa basata su una comune volontà di addivenire ad una convergenza equilibrata) si immagina una nuova alleanza tra America, Europa e Russia con la presenza anche del Giappone. La vera sfida di questa ipotesi di scenario consiste nel come reagirà Pechino di fronte al tentativo occidentale di “sottrargli” l’alleato russo. Storicamente le élite militari e civili russe hanno sempre sofferto e mal digerito i rapporti con la Cina, spesso contraccambiati dai mandarini di Pechino.

Bisognerà dunque investire in questa reciproca diffidenza per riassorbire, certo sempre con Putin al vertice (secondo i risultati dell’AI è impossibile a breve prevedere una sostituzione non violenta del presidente russo), una Russia nell’ambito della governance occidentale.

Questa tendenza, non ancora prevalente, non viene considerata né piccola, né marginale: c’è la fondata speranza che possa aumentare nel tempo, avendo la pazienza però di una gradualità non certo gradita da una propaganda mediatica come quella a cui ci ha abituato il nuovo presidente degli Stati Uniti. Riuscirà a prevalere questa pazienza su quella che è ormai una russofobia dilagante in tutto il mondo occidentale? Neanche l’AI di cui si sono serviti i nostri esperti ha sciolto questo interrogativo. L’ipotesi è oggettivamente complessa ma non appare agli studiosi né irrealistica né soprattutto inutile.

Un’ultima annotazione va precisata. Avevamo parlato dell’opportunità di posizionamento strategico della nostra “povera Italia” in questo sistema di nuove geo-mappe mondiali. Infatti, la nostra Primo Ministro Giorgia Meloni, potendo contare sulla duplice lealtà nei confronti sia degli Stati Uniti sia dell’Unione Europea (un equilibrio che sarà sempre più faticoso da mantenere, a mio parere) potrebbe svolgere un ruolo molto importante di mediazione costruttiva con la conseguenza immediata di riportare l’Italia sui tavoli che contano con una posizione di interlocuzione negoziale non banale verso i colossi.

Quella che vi abbiamo riportato è ovviamente una realtà che come dicevamo è in continuo divenire, con sorprendenti evoluzioni soltanto qualche giorno prima impreviste o mai previste. L’importante è stare dunque informati, assumere il massimo delle informazioni possibili dalle più svariate fonti, soprattutto di segno opposto, giudicare, poi, con la propria testa. Questo è l’unico vero farmaco contro il rischio di essere manipolati da una propaganda di una parte o dell’altra.

Riccardo Rossotto

Riccardo Rossotto

"Per chi non mi conoscesse, sono un "animale italiano", avvocato, ex giornalista, appassionato di storia e soprattutto curioso del mondo". Riccardo Rossotto è il presidente dell'Editrice L'Incontro srl

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