Una crescente parte dell’opinione pubblica occidentale si oppone alle accertate azioni criminose di Israele e all’evidente ripresa del militarismo in Europa. Questo sentimento diffuso non si è ancora tradotto in una domanda politica esplicita. Nessun partito o movimento riesce ancora a intercettare il desiderio di pace, giustizia e umanità (in una parola “civiltà) messo a repentaglio da governi lontani, lontanissimi dal popolo.

Al contrario: il regime instauratosi fomenta la macabra violenza latente in una parte del popolo. Nel corso degli ultimi due anni, quasi tutti sono giunti alla conclusione che Israele – qualcuno dice il solo governo, altri tutto lo Stato – si sia trasformato in un agente criminale e destabilizzante per il Medio Oriente e la politica internazionale in generale. E ancor più che abbia creato dei precedenti violando ogni diritto internazionale e i diritti umani fino a essere accusato di genocidio sistematico. Ogni limite di tolleranza è stato superato in modo evidente e indurrà chiunque altro a violare qualsiasi regola.

Le ripetute scusanti concesse allo Stato ebraico – di fatto un’appendice delle oligarchie euroatlantiche – sono ormai un ricordo del passato che nessuno più accetta. Esse sono state sostituite da diversi livelli di critica che varia da una blanda (spesso ipocrita) preoccupazione di circostanza – come quella espressa dalle Comunità israelitiche e dai governi occidentali – al desiderio di vendetta e giustizia sentito profondamente nel resto del mondo. Tra i due estremi si collocano le cittadinanze più civili, comprese quelle europee e americane, che propendono all’una o all’altra parte. I governi e l’opinione pubblica del mondo non occidentale sono in modo quasi unanime schierati contro Israele.

Il mondo è spaccato in due blocchi e una guerra mondiale è un’ipotesi verosimile che le persone di giudizio faranno di tutto per evitare. La guerra è ancora più probabile perché la critica agli atti criminali di Israele e all’escalation militare della NATO non ha nessuna ricaduta politica. La metà dei cittadini occidentali si astiene dal voto poiché non si ritiene in grado di cambiare le cose con l’esercizio di questo diritto un tempo fondamentale nelle democrazie.

Un quarto di secolo di governi di “grandi coalizioni” e di programmi traditi hanno scoraggiato la partecipazione alle elezioni. I partiti tradizionali e ben radicati nel potere (e non più nella società) incoraggiano di fatto l’astensionismo cercando di delegittimare le opposizioni nascenti attraverso campagne mediatiche.

Così finisce che la generale indignazione per la politica di riarmo e il sostegno ad azioni criminali non trovino una voce organizzata alternativa per esprimersi. Qualche manifestazione di piazza non riesce a scalfire la solidità del regime imposto con le “formule Ursula”, le Grosse Koalition” e i “governi tecnici”. I governi di centrodestra (Meloni) e di centrosinistra (Starmer) operano esattamente allo stesso modo. Entrambi prendono ordini da oltre Atlantico. Il regime occidentale, sempre più unitario, agisce al di fuori di ogni controllo popolare.

Quanti voti prenderebbe un partito contro la guerra e critico di Israele oggi? Otterrebbe la maggioranza… Peccato che non ci sia. Appena tenta di formarsi viene immediatamente represso. Almeno finora, perché una rivoluzione e un’eversione è alle porte. Per ora non bussa con forza, ma prima o poi, con la crisi che le guerre porteranno farà sentire la propria voce e si impadronirà della Bastiglia. È quindi venuto il momento di pensare a un nuovo modello di Stato e di convivenza che vada oltre il modello usurato delle democrazia bipolari novecentesche.

Corrado Poli

Corrado Poli

Corrado Poli, docente di geografia politica e urbana, editorialista e saggista

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